lunedì 19 gennaio 2009

La laicità dei cattolici e l'ex assesore di Napoli

Cari amici,
segnalo questi interessanti articoli apparsi su Repubblica- Napoli in questi giorni sull'impegno sociale della Chiesa napoletana...

Mio commento:
nella Chiesa il protagonismo dei Pastori può effettivamente mettere in ombra il laicato impegnato, specie per quel che riguarda il sociale. Tuttavia per la costruzione del Regno "l'immagine mediatica" mi pare ininfluente. Il Regno passa attraverso i cuori e le coscienze, attraverso un passa-parola di cuore in cuore. Quindi questo "protagonismo dei pastori" non toglie nulla all'impegno di noi laici chiamati in forza del nostro battesimo all'edificazione del Regno, anzi, come giustamente osserva Ciambriello, non può che essere di stimolo ad un impegno più profondo.
Detto questo, tuttavia deve anche sottolinearsi che la Chiesa, fatta di laici e pastori, ha il dovere di sostenere i propri figli che si impegnano disinteressatamente nel sociale e nella politica.
Ciò non significa collateralismo ovvero intrusione: è solo un elementare principio di solidarietà con chi sceglie di impegnarsi in un campo d'azione che chiama ogni giorno ad un surplus di coerenza con il vangelo dovuto al rilievo pubblico della propria attività.
Qui mi abbandono ad un ricordo personale.
Alcuni anni fa, se non erro nel 2002, mi trovai ad un convegno a Cosenza dei giovani di Azione Cattolica. C'erano alcune testimonianze tra le quali mi colpì molto quella di Mario Di Costanzo, ex presidente dell'AC napoletana, politico che non conoscevo e che da poco aveva abbandonato la carica di assessore al Patrimonio del comune di Napoli.
Nella sua relazione di allora si sentiva una forte amarezza per il fatto di essere stato lasciato solo "24 ore" dopo il suo ingresso in politica, quasi come un appestato.
I fatti e i riferimenti personali non li conoscevo, come ancora oggi non li so, tuttavia oggi posso ben capire la situazione personale di questo "ex"- politico. Sotto vi riporto un articolo del corsera in cui Di Costanzo mette sotto accusa quel "sistema Romeo" che fu causa della sua mancata riconferma come assessore al patrimonio nella prima giunta Iervolino e contro il quale si batte a viso aperto, spiegandone le ragioni.
Per inciso l'ex assessore al patrimonio scoprì proprio ciò che è il malcostume degli appalti pubblici...i prezzi esorbitanti fuori dal mercato che vengono praticati!
Questo è il vero scandalo del cd. sistema Romeo... altro che la lecita attività di lobbing che non assume alcun rilievo penalmente rilevante!!!!
Di allora non conosco i fatti e riferimenti personali...però di oggi so che, non ostante il coraggio politico e la coeranza cristiana di questo laico cattolico impegnato, attestazioni pubbliche di stima dal "suo" mondo per quello che allora fece, Mario Di Costanzo, ancora non ne ha avute.
E questo, aldilà di tutto, non se lo merita proprio!!!!!

La chiesa di napoli impegno e involuzione

Negli ultimi mesi sono evidenti una serie di iniziative della Chiesa di Napoli che esprimono una strategia non contingente, con un' impronta data dal cardinale Sepe, uomo colto, esperto organizzatore e comunicatore. Apprezzando le buone intenzioni, l' approccio pragmatico e costruttivo, l' utile miscela delle sollecitazioni culturali con la testimonianza diretta, credo che queste iniziative siano anche il segnale dell' impoverimento di una cultura dei servizi sociali pubblici che, appena pochi anni fa, era obiettivamente più avanzata, anche a Napoli. Certo i mezzi di informazione presentano le cose con una parziale distorsione, personalizzano anche più di quanto i singoli intendono fare, semplificano iniziative che hanno risvolti diversi, ma credo che complessivamente emerge una presenza di protagonisti della Chiesa di Napoli (in primis il cardinale e alcune personalità più esposte) che ripropongono una visione caritatevole assistenziale.
T ale visione, pur dando un indubbio contributo per tante persone fragili, di fatto mette in ombra la preoccupante evidenza che siamo in una città ove i più deboli senza diritti sono maltrattati e sono gravi le responsabilità sociali dei ceti dirigenti. Entro un quadro che, in prevalenza, presenta situazioni di modesto tirare a campare, con molte chiese semivuote, luoghi di pratiche sacramentali rispettabili quanto ruotinarie, animate da catechesi svuotate dai rilevanti insegnamenti conciliari, la Chiesa di Napoli è ravvivata anche da decine di parrocchie che, soprattutto nelle periferie e in poche chiese del centro, sono attori di speranza, con testimonianze vive di ricerca, condivisione con i più deboli. La parrocchia della Resurrezione, la Rettoria di Santa Maria della Speranza o i Guanelliani a Scampia, le parrocchie dell' Immacolata a San Giovanni, di San Francesco e Santa Chiara al lotto zero di Ponticelli, di Maria Santissima delle Grazie al Purgatorio ad Arpino sono solo una parte dei venti avamposti più avanzati della Chiesa cattolica locale. Il cardinale però si è mosso in prima persona e, prendendo atto dei vuoti delle politiche locali, ha espresso un nuovo protagonismo, molto centrato sulla sua immagine, raccogliendo fondi, realizzando iniziative con un nuovo istituto per madri e bambini in difficoltà, animando le mense per i poveri, proponendo la costituzione di gruppi di volontari per l' assistenza ai migranti. Credo nella pluralità, ribadisco un sincero apprezzamento per questi impegni senza tuttavia celare due preoccupazioni: a) riemerge una antica concezione assistenzialistica in cui la Chiesa più che essere stimolo innovatore, testimone che grida con la pratica della carità l' inammissibilità del mancato rispetto dei diritti dei più emarginati, chiamando le istituzioni alle loro responsabilità, si propone soggetto gestore di servizi anche con qualche ingenua semplificazione; b) manca uno sforzo idoneo per lo svolgimento di una funzione che a mio avviso dovrebbe essere prioritaria nella pastorale in città: rinnovare le liturgie della Parola, smuovere dalle radici le coscienze dei tanti cristiani praticanti che non sembrano affatto scossi dal trattamento subito dai rom, dagli immigrati, dai precari, essendo invece riproduttori di pratiche individualistiche, opportunistiche se non illecite. Certo viviamo una fase storica difficile; alcune proposte che negli anni passati hanno fertilizzato molti ambienti, oggi non trovano più seguito, molti sono disincantati, radicalmente secolarizzati e sembrano poche le persone capaci di scuotere le coscienze. La sensazione è che, a parte poche isole più vivaci, ci si dibatte fra la stanca riproduzione di pratiche devozionali, intimiste, obiettivamente funzionali alla riproduzione dell' esistente e iniziative caritatevoli superate, ben pubblicizzate, che rischiano di riproporre una cultura e un approccio integrista per il trattamento delle problematiche sociali di Napoli. - GIOVANNI LAINO


Le vie dei cattolici e dei laici 10.16
Repubblica — 18 gennaio 2009

Prendo spunto dal recente articolo di Giovanni Laino, pubblicato su questa pagine. Da cattolico, ma anche da sostenitore della necessaria separazione tra fede personale e etica pubblica, vorrei formulare un' osservazione semplice ma essenziale. La parola se non è accompagnata dall' azione di per sé non vale nulla. Ecco perché sarebbe impensabile che la Chiesa possa smuovere le coscienze se in prima persona non pratica precetti e comportamenti che chiede agli uomini di seguire. E, naturalmente, la solidarietà si esercita nell' offrire servizi e interventi a chi ne ha bisogno. Certo l' assistenza, il welfare, dovrebbe essere un compito innanzitutto delle istituzioni, ma di fronte ad evidenti bisogni e ad altrettanta evidente incapacità a dare ad essi risposta, è inevitabile che la Chiesa si proponga in prima persona di intervenire. La chiesa non è solo carità e con la sua presenza nei territori, come antenna sociale, vede i nuovi bisogni e svolge azione di denuncia. Ma non è solo un vuoto quello che si copre. è anche il modo migliore per trovare, nella pratica quotidiana, in quella cosa bellissima che è l' impegno sociale, un punto di incontro tra laici e cattolici. Vorrei che ci fossero più incontri ed iniziative di ricerca sul modo di vivere da cristiani nel mondo e nelle chiese. Nella nostra regione ci sono esperienze sociali ed ecclesiali ispirate dal Vangelo e dai valori democratici, mai abituate alla povertà, alle diseguaglianze e alle ingiustizie. Vivo la passione per la Chiesa e la preoccupazione per un clima nel quale è debole la ricerca del dialogo e spesso confuso o trascurato il ruolo e la specificità dei laici. Certo, come anche altri hanno osservato, in questo clima di sfiducia generale, la figura del cardinale Sepe si impone all' attenzione dell' opinione pubblica e posso immaginare che per chi è laico ciò sia una difficoltà. I laici sono meno visibili che in passato, non tanto perché schiacciati dal protagonismo del nostro Pastore, ma perché ripiegati nel loro privato. Molti hanno saltato lo steccato dei partiti, senza trovare alternative, e si sentono liberi da vincoli di identità e di appartenenza. Ma penso il dinamismo della Chiesa e del cardinale Sepe non sia la causa dell' immobilismo della società civile napoletana, ma, che anzi, il loro esempio possa essere solo uno stimolo. Laino citava diverse parrocchie e comunità ecclesiali che sono segno di coraggio e di risveglio. Quotidianamente tocco con mano molte realtà evolute, silenziose che operano nelle nostre periferie a sostegno dei deboli. La parola non basta, ci vogliono azioni. Occorre costruire spazi per un laboratorio avanzato di laicità dove siano di casa singole azioni, opzioni di coscienza, nuova grammatica ed etica della convivenza. Bisogna guardare più a fondo nel tessuto sociale dove non mancano figure sacerdotali e laicali, più o meno note, impegnate nelle varie forme dell' operosità sociale e cattolici senza distintivi nelle professioni, nella politica e nelle istituzioni. E ci vuole qualcosa che unifichi e dia coesione (o anima) a queste testimonianze. Per chi crede questa è la democrazia dei cristiani. Noi fedeli dobbiamo quotidianamente partire dall' etica del nostro ruolo. Non vorrei, parafrasando il titolo di un bellissimo libro dello storico Fulvio De Giorgi, che il nostro laicato sia il brutto anatroccolo con diverse piaghe: carenza di un' adeguata spiritualità, della libertà di parola nelle comunità ecclesiali, della dignità fraterna. Alla fine anche da noi, pur attraverso tante difficoltà, il laicato cattolico potrà diventare davvero un cigno bellissimo, non per vanità o visibilità ma perché strumento vivo di una Chiesa "sorella e serva" di tutti gli uomini. - SAMUELE CIAMBRIELLO

CASO NAPOLI

Il grande accusatore di Romeo:
silurato dalla giunta Iervolino

Mario Di Costanzo, l'ex assessore al Patrimonio: denunciai i lavori inesistenti

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
NAPOLI — «Nel giugno 1999 andai dal sindaco.
Antò, gli dissi, guarda che questo Romeo è un problema serio. La mia carriera politica finì in quel momento». Mario Di Costanzo era l'uomo sbagliato. Fu indicato come «tecnico» dal Partito popolare. Divenne assessore con delega al Patrimonio nella seconda giunta comunale di Antonio Bassolino, incarico operativo dal novembre 1997. Lo conoscevano in pochi. Un oggetto misterioso, identificato come una persona mite, impegnata nel sociale, non particolarmente determinata. Errore. Il funzionario di banca che nei momenti liberi faceva il presidente diocesano dell'Azione cattolica napoletana si dimostrò subito meno flessibile di una lastra di acciaio temprato. Cominciò a studiare ogni delibera, vecchia e nuova. «Rimasi colpito da quella, siglata pochi mesi prima del mio arrivo, che assegnava a Romeo la gestione del nostro patrimonio immobiliare». In 5 anni di consiglio comunale, era l'unico atto siglato praticamente all'unanimità, 59 su 60. Il giapponese nella giungla era tale Rosario Concordia, di An. Di Costanzo comincia a guardare da vicino. E vede cose curiose. «Romeo usava i vigili, pagati da noi, per fare il censimento dei vani che era uno dei compiti a lui affidati». Ordina che ogni fattura emessa dalla Romeo passi obbligatoriamente dalla sua scrivania. Ne rispedisce al mittente parecchie, come la richiesta di rimborsi per la manutenzione di 21 videoterminali, installati due anni prima e mai entrati in funzione. Contesta un conto da 40 milioni di vecchie lire giustificato alla voce «fotocopie». Cerca di bloccare l'impianto di 462 caldaie nelle case popolari dei quartieri di Piscinola e Pianura, 15,5 milioni per ogni intervento, di fronte ad un prezzo di mercato che si aggira sui 3-4 milioni. Non ci riesce. L'azienda va avanti a sventrare muri, come se nulla fosse. L'assessore si accorge che almeno 80 dei 400 interventi eseguiti dalla Romeo nell'ultimo anno presentano difformità tra quanto dichiarato dall'azienda e quel che risulta ai tecnici del Comune. La differenza è di 260 milioni di lire. «Qualcosa non andava. Un ex assessore molto noto mi chiama per chiedermi il numero di telefono di "Alfredo". C'era un rapporto sbagliato tra l'amministrazione della cosa pubblica e la società affidataria».

Di Costanzo va in Procura e denuncia. Ci tornerà spesso. «Era tutto scritto, documentato. In questi anni, chi doveva intervenire non lo ha fatto. Ha lasciato che la metastasi progredisse indisturbata». I giornali cominciano a definirlo come il «nemico» di Romeo. Il telefono suona sempre di meno. «Un giorno invece mi chiama lui. Cominciamo a discutere. Un uomo molto determinato, ma posseduto da un delirio di onnipotenza. Mi accusa di essere troppo rigido. Gli rispondo che specialmente in una città come Napoli se un amministratore deflette di un millimetro è perduto». Ognuno per la sua strada. Di Costanzo convince Bassolino a rivedere il contratto con l' immobiliarista, chiedendo il ribasso del 35 per cento sulla manutenzione. «Romeo subappaltava i lavori ad altre ditte, che praticavano nei suoi confronti tale ribasso. Perché il Comune doveva pagare più del dovuto a causa dell' esclusiva che gli aveva garantito?». Si finisce in tribunale. Dopo un primo round favorevole al soggetto privato, nel 2001 la giunta Iervolino alza bandiera bianca e non fa appello, anche se la cifra che avrebbe potuto «risparmiare» sui contratti di Romeo si aggirava sui 60 miliardi. «Decisione incomprensibile, motivata con il fatto che Romeo avrebbe così rinunciato a chiedere i danni. Ma quali danni?». Quell' anno, ultimo del suo mandato, comincia il fuoco amico. Con la campagna elettorale alle porte, Di Costanzo viene accusato di «far perdere voti» alla coalizione. Si era messo in testa di liberare le case occupate dagli abusivi, faccenda che toccava da vicino Romeo, che secondo l' assessore non applicava la legge regionale sulle morosità. Il suo ultimo atto è l' introduzione di un regolamento che fissa criteri oggettivi di necessità per la cronologia negli interventi di manutenzione degli immobili. Quasi una sfida. Persa, ovviamente. «Non fui confermato. Questioni di equilibri politici, fu la spiegazione ufficiale. La vera ragione era il mio rapporto conflittuale con un imprenditore che riscuoteva molte simpatie in Comune. Avvisai il sindaco Iervolino: attenzione a Romeo. In molti mi hanno chiamato per dirmi che avevo ragione. Adesso. A buoi ampiamente scappati dalla stalla. Troppo comodo». Marco Imarisio il personaggio chiave Imarisio Marco


MARIO DI COSTANZO: «A IERVOLINO DISSI: ATTENTA A ROMEO»

Scritto da Fabrizio Geremicca da il Corriere del Mezzogiorno, 09-12-2008 08:33


«A Rosa Russo Iervolino lo dissi in tempi non sospetti: attenzione a Romeo. Era il 2001 e lei stava per iniziare la campagna elettorale che l'avrebbe poi condotta a diventare sindaco di Napoli. Leggo le vicende di queste settimane e davvero non mi stupisco».
Mario Di Costanzo, che è stato assessore con delega al Patrimonio nella seconda giunta comunale di Antonio Bassolino, ripercorre - naturalmente dal suo punto di vista - la storia dei rapporti tra l'amministrazione di palazzo San Giacomo e l'uomo che ne cura da oltre 10 anni la gestione del patrimonio immobiliare. Una vicenda, sostiene, nella quale il filo rosso è rappresentato da una delega in bianco che sarebbe stata affidata dalla Iervolino e dalla sua squadra all'imprenditore che controlla oltre 20.000 stabili di proprietà del Comune.
«Sono arrivato a palazzo San Giacomo — ricostruisce Di Costanzo — a novembre 1997. Con atto approvato a febbraio o marzo di quell'anno, non ricordo precisamente, il consiglio comunale all'unanimità (particolare curioso) aveva approvato il bando di gara che sarebbe stato poi vinto da Romeo, relativamente alla gestione del patrimonio immobiliare. Quando io sono diventato assessore, dunque, la gara era già in corso. Si è conclusa a novembre 1998 con l'aggiudicazione a Romeo. A dicembre di quell'anno è stato firmato il contratto tra palazzo San Giacomo e l'immobiliarista».
Reca in calce, per la parte pubblica, la firma di Antonio Ruggiero, il dirigente del settore servizi e contratti che giusto un anno fa è finito nel mirino della Procura di Napoli, nell'ambito di una inchiesta su presunti condizionamenti delle gare di appalto, condotta dal pubblico ministero Giancarlo Novelli. Ruggiero è stato rinviato a giudizio. Prossima udienza il 22 dicembre.
«A giugno 1999 — prosegue la ricostruzione dell'ex assessore Di Costanzo — chiesi un incontro a Bassolino, il sindaco. Gli dissi che avevamo un problema serio con la manutenzione effettuata da Romeo. Gli raccontai che la gente protestava perché pioveva nelle case. Sottolineai le mie perplessità in merito a vari aspetti. Per esempio: fatture emesse da Romeo per la manutenzione di 21 videoterminali installati negli uffici comunali, ma in realtà mai entrati in funzione. Ancora: 40 milioni di lire per rimborsi di fotocopie di planimetrie che personalmente ritenevo non fossero stati adeguatamente documentati. Nel complesso una gestione che non mi convinceva affatto».
A ottobre 1999 Bassolino istituì una commissione per la rivisitazione del contratto con l'immobiliarista. Emerse allora la proposta di chiedere a Romeo il ribasso del 35% sulla manutenzione. «C'era un motivo — riferisce Di Costanzo — Romeo stesso affidava in subappalto la manutenzione a ditte che praticavano appunto un ribasso del 35%». Ma Romeo si oppose.
La prima giunta Iervolino, nel 2001, ereditò quel contenzioso in sede civile. Nel 2003 in primo grado il soggetto privato si aggiudicò la partita. «A questo punto — dice l'ex assessore della giunta Bassolino — si verificò un fatto che tuttora reputo inconcepibile. L'amministrazione rinunciò a ricorrere in appello, di fatto alzò bandiera bianca. Più o meno, il sindaco disse: noi rinunciamo a proseguire in sede legale e Romeo rinuncia a chiedere i danni. Ma quali danni? Nel solo 2000, il Comune girò circa 30 miliardi di vecchie lire a Romeo, per la manutenzione. L'imprenditore subappaltò a ditte che praticavano ribassi del 35%. L'unico vero danno era quello che avevano patito le casse comunali».
L'ex assessore di Bassolino ha poi assistito da spettatore, nel 2005, al rinnovo del contratto a Romeo, relativamente alla gestione delle case del comune di Napoli. «Certo, era previsto già nel 1998 che l'amministrazione avesse facoltà di attribuire all'immobiliarista per altri sette anni l'incarico. Reputo però che sia stato molto grave, nel 2005, che il consiglio comunale non abbia puntato i piedi e non abbia preteso che, prima di confermare Romeo, si sviluppasse un dibattito sui risultati conseguiti, sugli obiettivi da raggiungere e sui problemi emersi nella gestione del patrimonio immobiliare comunale. Dalla minoranza di centro destra, che io ricordi, all'epoca non si levò una sola voce non dico contro la proroga a Romeo, ma almeno a favore di un confronto sull'opportunità della stessa. Eppure era un atto di grande importanza gestionale, economica e politica quello che fu ratificato in giunta nel 2005».
La delibera, proposta all'epoca dall'assessore Fernando Balzamo e approvata all'unanimità dalla squadra della Iervolino, infatti, stabiliva che l'immobiliarista avrebbe percepito oltre 7 milioni di euro all'anno, tra il 2005 e il 2012 . Sul Global service, la gara di affidamento della manutenzione stradale su cui - secondo indiscrezioni peraltro ancora non confermate da provvedimenti concreti - indaga la Procura di Napoli, l'ex assessore di Bassolino è lapidario: «Una invenzione di Romeo, che la applica in tutta Italia. Io la tradurrei così: Facciamo tutto noi affinché tu, amministrazione pubblica, non capisca nulla ».Di Costanzo va in Procura e denuncia. Ci tornerà spesso. «Era tutto scritto, documentato. In questi anni, chi doveva intervenire non lo ha fatto. Ha lasciato che la metastasi progredisse indisturbata ». I giornali cominciano a definirlo come il «nemico» di Romeo. Il telefono suona sempre di meno. «Un giorno invece mi chiama lui. Cominciamo a discutere. Un uomo molto determinato, ma posseduto da un delirio di onnipotenza. Mi accusa di essere troppo rigido. Gli rispondo che specialmente in una città come Napoli se un amministratore deflette di un millimetro è perduto». Ognuno per la sua strada. Di Costanzo convince Bassolino a rivedere il contratto con l'immobiliarista, chiedendo il ribasso del 35 per cento sulla manutenzione. «Romeo subappaltava i lavori ad altre ditte, che praticavano nei suoi confronti tale ribasso. Perché il Comune doveva pagare più del dovuto a causa dell'esclusiva che gli aveva garantito?». Si finisce in tribunale. Dopo un primo round favorevole al soggetto privato, nel 2001 la giunta Iervolino alza bandiera bianca e non fa appello, anche se la cifra che avrebbe potuto «risparmiare» sui contratti di Romeo si aggirava sui 60 miliardi. «Decisione incomprensibile, motivata con il fatto che Romeo avrebbe così rinunciato a chiedere i danni. Ma quali danni?». Quell'anno, ultimo del suo mandato, comincia il fuoco amico. Con la campagna elettorale alle porte, Di Costanzo viene accusato di «far perdere voti» alla coalizione. Si era messo in testa di liberare le case occupate dagli abusivi, faccenda che toccava da vicino Romeo, che secondo l'assessore non applicava la legge regionale sulle morosità. Il suo ultimo atto è l'introduzione di un regolamento che fissa criteri oggettivi di necessità per la cronologia negli interventi di manutenzione degli immobili. Quasi una sfida. Persa, ovviamente. «Non fui confermato. Questioni di equilibri po-litici, fu la spiegazione ufficiale. La vera ragione era il mio rapporto conflittuale con un imprenditore che riscuoteva molte simpatie in Comune. Avvisai il sindaco Iervolino: attenzione a Romeo. In molti mi hanno chiamato per dirmi che avevo ragione. Adesso. A buoi ampiamente scappati dalla stalla. Troppo comodo».

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