Cari amici,
questo intervento ha un interesse strettamente locale ma forse illuminante il modo di concepire il bene comune della nostra classe politica locale.
Ultimamente ad Airola si fa un grandissimo discutere delle prospettive occupazionali del cd "Contratto d'area", cioè di quello strumento di programmazione negoziata che ha permesso in pochi anni la creazione ad Airola, attraverso un finanziamento statale di circa 300 miliardi di lire, di un vero e proprio polo tessile con quasi 600 occupati.
E' di questi giorni la notizia che I due rappresentanti dell'Udeur hanno chiesto un consiglio comunale straordinario per discutere pubblicamente della questione. Per inciso, come prevede lo statuto comunale, serviranno però altri due consiglieri per convocarlo. Quindi sotto a chi tocca! Purchè tuttavia la discussione sia pacata, non polemica e costruttiva.
Non c'è dubbio, aldilà delle speculazioni udierrine, che le cose non stiano messe tanto bene.
Secondo le voci-non-ufficiali più insistenti, sembrerebbe che in particolare la Tessival sud stia ricorrendo alla CIG (Cassa Integrazione Guadagni) e preveda di diminuire, stante la carenza di commesse, la produzione di circa un 1/3.
D'altra parte che le prospettive di mercato del polo tessile di Airola non siano ottimali e che ci sia concreta possibilità di diminuzione dei livelli occupazionali, lo dimostrano due elementi:
questo intervento ha un interesse strettamente locale ma forse illuminante il modo di concepire il bene comune della nostra classe politica locale.
Ultimamente ad Airola si fa un grandissimo discutere delle prospettive occupazionali del cd "Contratto d'area", cioè di quello strumento di programmazione negoziata che ha permesso in pochi anni la creazione ad Airola, attraverso un finanziamento statale di circa 300 miliardi di lire, di un vero e proprio polo tessile con quasi 600 occupati.
E' di questi giorni la notizia che I due rappresentanti dell'Udeur hanno chiesto un consiglio comunale straordinario per discutere pubblicamente della questione. Per inciso, come prevede lo statuto comunale, serviranno però altri due consiglieri per convocarlo. Quindi sotto a chi tocca! Purchè tuttavia la discussione sia pacata, non polemica e costruttiva.
Non c'è dubbio, aldilà delle speculazioni udierrine, che le cose non stiano messe tanto bene.
Secondo le voci-non-ufficiali più insistenti, sembrerebbe che in particolare la Tessival sud stia ricorrendo alla CIG (Cassa Integrazione Guadagni) e preveda di diminuire, stante la carenza di commesse, la produzione di circa un 1/3.
D'altra parte che le prospettive di mercato del polo tessile di Airola non siano ottimali e che ci sia concreta possibilità di diminuzione dei livelli occupazionali, lo dimostrano due elementi:
1)negli ultimi 4/5 anni le esportazioni del tessile italiano hanno avuto un progressivo decremento causato anche dall'agguerrita concorrenza cinese (solo dal 2001 al 2005 il decremento sarebbe all'incirca del 5% annuo...I dati li trovate sul sito http://www.smi-ati.it/index.php?idpag=67&modpag=1&modelarea=1&yesmenu=0&explomenu=67&des=Il%20settore, dellaFederazione Italiana Imprese Tessili e Moda);
2) con decreto del ministero delle attività produttive n°215 del 14 aprile 2006 (epoca della smobilitazione del governo Berlusconi) si è previsto che, per le aree di crisi (Airola è tra queste), anche il solo raggiungimento del 50% del livello occupazionale preventivato (alla Tessival erano previsti 400 operai) basterebbe ad evitare la revoca anche solo parziale dei contributi concessi;
Tale ultimo elemento, su cui ora cercherò di puntare l'attenzione, tradotto potrebbe voler dire che forse nel prossimo futuro, se non già oggi, la Tessival, se le cose dovessero andare proprio male a causa della riduzione di commesse, potrebbe portare I livelli occupazionali dagli attuali circa 280 operai, anche a 200 operai senza dover restituire nulla allo Stato. Questo fino al dicembre 2008!. Dopo, in caso di peggioramento della situazione di mercato, potrebbe addirittura chiudere lo stabilimento, e non dover restituire nulla.
Un meccanismo che ritengo anche abbastanza congruo, se non giusto, nel caso della Tessival, un'impresa che compete sul mercato internazionale.
Per inciso Tessival già oggi potrebbe licenziare ma evidentemente non lo fa, perchè cerca di salvaguardare gli attuali livelli occupazionali avendo interesse a continuare l'attività senza tirare a campare.
Mi piacerebbe aprire una breve digressione, mettendo in luce le novità normative intervenute che risultano molto illuminanti.
La legge 662/96 (prima finanziaria del governo Prodi) istituiva come strumento di incentivo alle imprese il cd "contratto d'area". Successivamente veniva emanato il decreto del ministero dell'economia n°320 del 2000 (governo Amato) che regolamentava la "Disciplina per l'erogazione delle agevolazioni relative ai contratti d'area e ai patti territoriali".
La revoca del finanziamento era prevista all'art. 12 comma 3 lettera g) del DM 320/00 nel caso in cui:
g) qualora entro l'esercizio successivo a quello di entrata a regime dell'iniziativa agevolata e, comunque, non oltre ventiquattro mesi dopo l'entrata in funzione della stessa, si registri uno scostamento dell'obiettivo occupazionale; la revoca è totale se lo scostamento è superiore al 30% dell'obiettivo indicato e superiore al 20% della media dei livelli occupazionali fatti registrare dalle iniziative previste nel contratto d'area o nel patto territoriale; la revoca è parziale ed è effettuata nella misura del 10% se lo scostamento è compreso tra il 10 e il 20% rispetto all'obiettivo indicato e nella misura del 20% se lo scostamento è compreso tra il 20 e il 30%.
Mi piacerebbe aprire una breve digressione, mettendo in luce le novità normative intervenute che risultano molto illuminanti.
La legge 662/96 (prima finanziaria del governo Prodi) istituiva come strumento di incentivo alle imprese il cd "contratto d'area". Successivamente veniva emanato il decreto del ministero dell'economia n°320 del 2000 (governo Amato) che regolamentava la "Disciplina per l'erogazione delle agevolazioni relative ai contratti d'area e ai patti territoriali".
La revoca del finanziamento era prevista all'art. 12 comma 3 lettera g) del DM 320/00 nel caso in cui:
g) qualora entro l'esercizio successivo a quello di entrata a regime dell'iniziativa agevolata e, comunque, non oltre ventiquattro mesi dopo l'entrata in funzione della stessa, si registri uno scostamento dell'obiettivo occupazionale; la revoca è totale se lo scostamento è superiore al 30% dell'obiettivo indicato e superiore al 20% della media dei livelli occupazionali fatti registrare dalle iniziative previste nel contratto d'area o nel patto territoriale; la revoca è parziale ed è effettuata nella misura del 10% se lo scostamento è compreso tra il 10 e il 20% rispetto all'obiettivo indicato e nella misura del 20% se lo scostamento è compreso tra il 20 e il 30%.
Una disciplina molto rigida che, successivamente, con il decreto n° 215/06 del ministero delle attività produttive (governo Berlusconi) veniva sostituita con la seguente:
g) qualora nell'esercizio a regime, ovvero nell'esercizio successivo alla data di entrata a regime, si registri uno scostamento dell'obiettivo occupazionale superiore agli 80 punti percentuali in diminuzione. Per scostamenti compresi fra gli 80 e I 30 punti percentuali si applica una percentuale di revoca parziale pari alla differenza tra lo scostamento stesso e il limite di 30 punti percentuali. Non si provvede a revoca per scostamenti contenuti nel limite di 30 punti percentuali in diminuzione. Qualora sia intervenuta una riduzione dell'investimento ammesso a consuntivo rispetto a quello ammesso in via provvisoria, sempre che l'investimento realizzato risulti organico e funzionale, si procedera' ad un adeguamento dell'obiettivo occupazionale proporzionale alla diminuzione registrata. Per gli interventi in aree per le quali sia stato riconosciuto lo stato di crisi, le percentuali di cui ai periodi precedenti sono elevate rispettivamente a 100 e 50
g) qualora nell'esercizio a regime, ovvero nell'esercizio successivo alla data di entrata a regime, si registri uno scostamento dell'obiettivo occupazionale superiore agli 80 punti percentuali in diminuzione. Per scostamenti compresi fra gli 80 e I 30 punti percentuali si applica una percentuale di revoca parziale pari alla differenza tra lo scostamento stesso e il limite di 30 punti percentuali. Non si provvede a revoca per scostamenti contenuti nel limite di 30 punti percentuali in diminuzione. Qualora sia intervenuta una riduzione dell'investimento ammesso a consuntivo rispetto a quello ammesso in via provvisoria, sempre che l'investimento realizzato risulti organico e funzionale, si procedera' ad un adeguamento dell'obiettivo occupazionale proporzionale alla diminuzione registrata. Per gli interventi in aree per le quali sia stato riconosciuto lo stato di crisi, le percentuali di cui ai periodi precedenti sono elevate rispettivamente a 100 e 50
La suddetta modifica operata al decreto 320/00 dal decreto 215/06 ha poi ricevuto dei chiarimenti con la circolare n° 8133 del 4/08/2006 del ministero delle attività produttive ( la trovate qui http://www.minindustria.it/pdf_upload/documenti/phpUNcfuP.pdf).
Scusate la digressione tecnica ma è molto utile, specie se letta alla luce del fatto che il decreto del governo Berlusconi veniva approvato il 27 aprile 2006, cioè un mese prima delle elezioni comunali di Airola.
Di tale modifica legislativa nessuno degli attuali amministratori ha fatto cenno in campagna elettorale, nè tanto meno fino ad oggi. Un silenzio assordante e perdurante che lascia perplessi.
Non discuto il merito del decreto 215/06 che è certamente giusto (non si può pretendere da grandi e medie imprese che si confrontano sul mercato internazionale, a volte anche con una concorrenza agguerrita come quella cinese, la preservazione ad libitum dei livelli occupazionali!...un range di scostamento dall'optimum deve essere previsto!), mi chiedo quale fosse l'esorbitante dazio da pagare ad certa dose di chiarezza sulla vicenda.
Ancora oggi si sbandierano ulteriori risorse finanziarie regionali e qualcuno (questi sono i rumors!) ancora promette "posti di lavoro nella fabbrica". Il fatto è che già il 2 marzo 2006 (ultimo monitoraggio occupazionale che trovate qui http://www.comune.airola.bn.it/comune/Altrehomepage.asp?vIDSottoSettore=15&vNameAsp=DettaglioAvviso.asp&IdSettore=6&IdAvviso=412) la Tessival sud aveva occupato 285 operai (70% dei livelli occupazionali preventivati). In tale data la Tessival sud avrebbe dovuto assumere entro il 01.02.07 (data di entrata a regime degli impianti) almeno altri 115 operai per raggiungere I livelli preventivati di 400 operai (ce lo dice il responsabile unico del contratto d'area... almeno così scriveva ancora il 12.01.07, ben dopo l'emanazione del DM 215/06).
Stante la crisi del settore tessile, tuttavia l'assunzione entro il 01.02.2007 di ulteriori unità lavorative si sarebbe tradotta però nel tracollo dell'impresa e nel fallimento del contratto d'area. Nelle more, alla luce dell'intervenuto decreto del 27 aprile 2006, la Tessival non risulta più tenuta ad assumere I restanti 115 operai (in questo la notizia data dal responsabile unico risulta inesetta!) e anzi, se lo richiederanno le esigenze di mercato, potrà tranquillamente diminuire I livelli occupazionali anche fino a 200 unità, riportandoli in seguito, se le esigenze di mercato e le commesse lo richiedessero, a livelli più alti.
Alla luce di questa situazione c'è poco da credere alle sirene che saranno prossimamente spiegate in vista delle elezioni provinciali 2008!
Sono gli scotti e le esigenze di un modello di sviluppo radicato in anni ed anni di prassi amministrativa!
Una impresa privata come Tessival, pur destinataria di aiuti di Stato, deve confrontarsi con il mercato e non è tenuta a garantire il cd "posto fisso" indefinitivamente e solo perchè ha ricevuto aiuti pubblici. Qui paghiamo lo scotto fortissimo della mancanza di cultura d'impresa tra I nostri politici locali, tutti ottimi e stimati professionisti ma poco avvezzi a far conto con le esigenze dei mercati. Era loro compito far capire a tutti la logica dell'attività d'impresa.
Sarebbe bastato un po più di coraggio alla nostra classe dirigente e forse non si sarebbero create INUTILI aspettative e avremmo costruito un modello di sviluppo economico locale più sostenibile.
Sarebbe bastato un po più di lungimiranza nella presente e nelle passate amministrazioni locali e forse oggi ad Airola avremmo un modello di sviluppo più radicato. C'è da guardare con vivissima preoccupazione un tessuto economico in cui la presenza negli anni di grosse realtà industriali (Alfacavi prima, Tessival e Benfil oggi che non hanno eguali nel circondario) non ha prodotto lo sviluppo di un vero spirito di impresa, di un vero indotto manifatturiero, di una cultura del fare.
Ci si accontenta dell'incremento dell'attivita alberghiera e di ristorazione (oggi c'è, domani no) e dell'incremento degli affitti e dei mutui per la casa (oggi li possiamo pagare, domani no). Forse campicchia qualche cooperativa di facchinaggio o pulizie ma poi niente più...
Siamo una realtà oggi incapace di auto-germinare iniziative imprenditoriali e innovazione.
D'altra parte se la priorità dell'attuale compagine amministrativa è "attrarre nuove imprese e consolidare le esistenti" (pag. 7 programma uniti per airola), risulta difficile immaginare uno sviluppo in cui la priorità sia invece far nascere imprese del territorio.
Oggi Airola risulta una realtà s-radicata dalle proprie tradizioni prevalentemente agricole. Vorrebbe essere realtà industriale, ma non vi riesce perchè incapace di adeguarsi ad un vero cambio di mentalità (dalla cultura del posto fisso a quella dell''impresa e del rischio). Potrebbe essere realta "agricola" valorizzando I prodotti tipici, ma non può perchè oggi non ne ha più (ve la ricordate la sagra della cipolla?). Vorrebbe avere una vocazione turistica ma non ha strutture e piani urbanistici adeguati.
Oggi Airola è figlia di nessuno, senza vocazione.
O meglio, una vocazione ce l'ha perchè abbiamo voluto dargliela noi(quella industriale), ma Airola ancora non l'ha fatta propria.
Il contratto d'area è stato un toccasana per Airola ma non può oggi costituire la priorità nella programmazione dello sviluppo economico cittadino, nei limiti si intende di ciò che può fare un'amministrazione comunale.
Oggi, ai fini di uno sviluppo economico radicato-sostenibile della nostra realtà locale, la priorità dovrebbe/potrebbe essere quella di creare una cultura di recupero di quelle che sono le tradizioni locali, senza grossi proclami e promesse di fantomatici posti di lavoro.
Lo si potrebbe fare attraverso il recupero dello storico patrimonio edilizio (il recupero della chiesa del Carmine ne è un ottimo esempio, ma il complesso Addolorata-Castello-Monteoliveto aspetta), il recupero del centro storico (non basta il piano colore....è impellente la creazione di isole pedonali e parcheggi che sicuramente ci sarà, spero, dopo l'apertura della fonfovalle), la rivalutazione delle tradizioni locali (il sostegno a "Borgo Antico" non basta, bisogna puntare anche e soprattutto sulla pro-loco).
Ma aldilà di queste proposte concrete ciò che veramente serve ad Airola, secondo me, è un cambio di mentalità culturale, e solo la Politica può imprimerlo con un atteggiamento costruttivo e dialogico la cui responsabilità ricade primariamente sull'attuale amministrazione.
Ciò che crea uno sviluppo economico radicato-sostenibile non è il riuscire ad attrarre NUOVI investimenti esterni (le famose filiere!), ma investire sul territorio e su quello che c'è. E' un lavoro lungo e forse poco gratificante nell'immediato, ma l'unico in grado di garantire un futuro possibile ad Airola.
Per questo oggi non servono I silenzi perduranti e assordanti sul contratto d'area, serve invece chiarezza e trasparenza amministrativa, nonchè un netto cambio delle priorità dell'agire amministrativo tendente al recupero culturale del patrimonio di Airola.
Questa dovrebbe essere la vera priorità e questo mi sento di rimproverare oggi all'attuale amministrazione della mia Città (la chiamo Città con orgoglio per la sua storia e con amore per esserne figlio!).