sabato 30 agosto 2014

NO, non chiamatemi renziano

Fine estate, si trova un po di tempo per riflettere in libertà, lontano dalle tensioni e stimolati dal confronto con qualche amico del circolo. Oggi affrontiamo l’argomento: RENZISMO. Ne parlavo l’altro giorno con un’amica renziana doc della primissima ora. Poi il discorso è tornato a galla più volte in diverso confronti che non mancano ad un segretario di circolo democratico. Beh …mi sono detto:” adesso ne scrivo un poco, così mi chiarisco le idee”. Sapete… scrivere serve anche a questo. A volte è l’esigenza di chiarezza interiore che ti spinge a farlo, non certo la voglia di mostrare l’esattezza di un pensiero. In fondo siamo tutti così vulnerabili, imperfetti e perfettibili! Un carissimo amico mi dice spesso: “diego io e te ce facimm’ i probblemi e l’ati fann’ i fatti….nun song comme a me e te c’o facimm pe passione!”.
Ogni volta che me lo dice – spero che mi legga adesso- io penso al caro don Franco che mi ha insegnato ai ritiri di Ac una cosa semplice: “E’ l’opera compiuta che mostra la qualità di chi la compie!”. Un consiglio spirituale ma anche “politico”, nel senso più alto del temine. Comunque bando alla digressione “interiore” che sarà sicuramente tediosa per i più, ma non per il mio amico! E’ poi è servita a me per chiarire le ragioni personali che stimolano una riflessione che potrebbe sembrare fuori sacco, con il bailamme politico locale di questi giorni. Allora…. Spero con la mente ed il cuore che Renzi ci tiri fuori dalle secche della palude. Lo appoggio, anche se resto convinto che sia stato un errore gravissimo andare al governo con la stessa coalizione, cambiando solo il pilota della nave. In fondo è il mio/il nostro segretario ed è sempre meglio del deserto creato dalla destra e dal movimentismo grillino. In effetti non mi convince del tutto l’apparato ideologico del renzismo per due ragioni che investono il “chi” ed il “come” del cambiamento per me necessario.
IL CHI.
Da sindaco, Renzi propone il partito dei sindaci, fatto da amministratori. Questa generazione di amministratori è però cresciuta in un contesto decisionista, allevata in un contesto legislativo anni 90 (legge elettorale, Tu enti Locali…ricordate?!), che privilegia il carisma del leader, il controllo burocratico e non la capacità espressiva delle comunità come soggetto decisionale. E’ una classe dirigente adeguata ai nuovi tempi che stiamo vivendo?
IL COME.
Renzi da un lato si propone chiaramente come artefice e demiurgo del cambiamento. Del resto tutte le sue battaglie sono giuste e condivisibili (no ai burocrati, svecchiamo i sindacati, no ai poteri forti). Dall’altro esita a gestire il territorio lasciandolo spesse volte  in mano a ras e potentati locali, come ad esempio in Campania dove l’alternativa del cambiamento è l’investitura dall’alto (da Roma) oppure lo scontro tra correnti e vecchi/nuovi/aspiranti ras. Pare quasi convinto che il cambiamento coli dall’alto per caduta e non proceda dal basso per convinzione. E’ la strada giusta?
LA LEZIONE
A me pare invece che la lezione di questi vent’anni in cui l’Italia è diventata il “cantiere delle riforme”, dei testi unici, dei regolamenti attuativi eccetera eccetera sia questa: non basta prendere una decisione se questa poi non viene attuata. Occorre rimuovere le cause di questa mancata attuazione delle decisioni che, a mio avviso, stanno tutte nella poca partecipazione ai momenti decisionali e nella fatto che decisioni anche strategiche vengono legate al carisma di leader che inevitabilmente passeranno la mano. In effetti se le decisioni non sono frutto di una convinzione collettiva e diffusa, difficilmente troveranno attuazione. Tutto qui! Ci vogliono strade nuove che privilegino una visione più comunitaria e meno decisionista e richiedono una classe dirigente che nasca dal basso con coerenza, credibilità, coraggio e competenza….ed un poco di umiltà. Senza padrini.
Ci vuole una ri-generazione politica.
No, resto un democratico, anzi “sono partito democratico e non torno indietro” (vi ricorda qualcosa?!)….ma non chiamatemi renziano.