lunedì 15 dicembre 2008

Auguri natalizi mons. De Rosa

Cari amici,

pubblico qui, per chi non avesse potuto leggere il giornale di domenica, il testo degli auguri natalizi che il nostro vescovo Michele De Rosa ha fatto.

Il messaggio è interessante perchè va sinceramente e semplicemente al cuore dei problemi senza peli sulla lingua.
Oggi ci vuole proprio questo!

Una presa di posizione forte e coraggiosa, anche perchè il natale abbia un significato vero!





Carissimi,

ci avviciniamo al Santo Natale; un Natale, a quel che si dice e si sente, povero di soldi diversamente da quello che avveniva in passato, ammesso che ciò sia vero.

Ritengo che i soldi ci siano per tutti oggi, in Italia, per vivere una vita dignitosa e non dispendiosa. Purtroppo oggi in Italia uno lavora, uno produce e quattro mangiano sul suo lavoro.

Il fatto è che un fiume di denaro viene convogliato verso alcuni settori privilegiati della nostra società, che si possono permettere di andare a New York a fare shopping, alle Maldive, alle Seicelle e in Thailandia dove tra l’altro esiste un fiorente turismo sessuale. Il che vuol dire che soldi e sesso sfrenato per alcuni vanno naturalmente insieme.

All’apice della piramide dei nostri privilegiati troviamo notoriamente i parlamentari.

L’anno scorso davanti alla rabbia montante di vaste zone dell’opinione pubblica per i costi del Parlamento ( e del Quirinale), si è fatto finta di tagliare spese inutili, ma in quest’anno il costo del tempio della nostra politica non è diminuito ma è addirittura aumentato.

Perché, mi chiedo, i nostri parlamentari possono sommare integralmente i vari emolumenti che arrivano da fiumi diversi mentre tutti sanno, alcuni per esperienza diretta, che la seconda pensione, anche se la prima è irrisoria, viene decurtata di un terzo?E poi leggevo qualche giorno fa che con il terremoto delle ultime elezioni deputati e senatori non eletti, anziani che hanno passato la vita tra il Parlamento nazionale e il Parlamento europeo ( e mi riferisco soprattutto ai parlamentari comunisti che hanno sempre, a loro dire, lottato e pagato per difendere i lavoratori e i poveri, di fatto arricchendosi per poter essere ammessi nei salotti buoni della capitale che a me risultano politicamente destrorsi e per potersi anche comprare le giacche di cashmere alla faccia dei metalmeccanici con i loro ottocento euro al mese e una famiglia da mantenere ) hanno ricevuto per superare le ansie di una vita nuova trecento o quattrocento milioni di euro. Non credo che non abbiano messo da parte in tutto questo tempo le spese per l’ultimo viaggio! Anche perché i privilegi previsti per le pensioni dei parlamentari sono noti a tutti.

Non parliamo delle regioni. In questa settimana sul “Corriere del Mezzogiorno” (martedì, 9 dicembre 2008, pp. 1 e 6) l’on. Sandra Lonardo sottolineava come l’assessore regionale al bilancio percepisca lo stesso compenso dei consiglieri regionali, maggiorati di molteplici benefit e a fine mandato riceverà un super vitalizio. Un assessore che tra l’altro gestisce 18,5 miliardi di euro. Il dott. Mariano D’Antonio a sua volta, a stretto giro di posta, prova con cifre da capogiro e percentuali, che “i costi del Consiglio Regionale della Campania sono elevati a confronto con quelli sostenuti da altri consigli regionali (Corriere del Mezzogiorno, Cara Lonardo questi conti facciamoli pure, mercoledì 10 dicembre, pp. 1-10).

Non sono accuse di un vescovo che vuole fare il Savonarola di turno, ma del Presidente del Consiglio Regionale della Campania nei riguardi di un assessore della propria regione e dell’assessore al bilancio nei riguardi del proprio Consiglio Regionale.

E le province che ci stanno a fare se le nostre strade sembrano sempre delle gruviere? ((cf Il Sannio Quotidiano, martedi 9 dicembre 2008, p.11: Frasso-Solopaca: Buche, dossi e…monnezza). L’on. Berlusconi, durante la campagna elettorale, disse – l’ho visto con i miei occhi in televisione, l’ho sentito con le mie orecchie; era lui, ve lo posso assicurare, non un sosia - che avrebbe eliminato le inutili, a suo dire, province. Non se ne parla più!

In questi ultimi tempi c’è stato un lifting superficiale per le Comunità montane. Non ho mai capito quale ruolo indispensabile hanno! Leggo frequentemente che esse sono spesso in crisi, come le USL degli anni settanta, e ballerine in nome di una visibilità che alcuni partiti credono di non avere. Visibilità, per capirci, significa qualche assessorato in più.

E per ultimo – dulcis in fundo – non vorrei dimenticare i nostri comuni che spesso, non sempre per colpa loro, non hanno occhi per piangere, e devono ridurre la spesa sociale, e poi stanziano decine di migliaia di euro per feste, festicciole e, di recente, notti bianche, spendendo, vorrei dire sperperando, decine di migliaia di euro inserendosi nella buona tradizione romana- panem et circenses - e più di recente in quella napoletana: festa, farina e forca. E tutto va bene !

Non parliamo della magistratura. Non vi sembra che i magistrati siano dei privilegiati, come e spesso più dei politici?

Non vorrei dimenticare il sindacato. Quando insegnavo nelle scuole statali spesso le cattedre più prestigiose in città erano occupate da neo-laureati perché i titolari erano assenti per distacco o mandato sindacale. Alla fine del mandato c’era sempre un posticino di sottogoverno mentre la carriera scolastica scorreva regolarmente in termini economici alla barba di chi ogni giorno andava a scuola, spesso in sedi disagiate. Evidentemente ciò avveniva ed avviene in modo esponenziale nelle fabbriche e in tutti i campi di lavoro sindacalizzati.

E che dire del calcio. Non è possibile che i vari Mourinho, i Capello, i Totti guadagnino in un anno ciò che un mortale fantozzi non vedrà mai in tutta la sua vita. L’imposizione fiscale deve essere progressiva e chi più guadagna deve contribuire maggiormente alle spese sociali della propria comunità. Altrimenti sono soldi che gridano vendetta al cospetto di Dio.

Carissimi, non è qualunquismo il mio, non intendo fare di tutta l’erba un fascio. So che vi sono tante persone che guadagnano e vivono onestamente ma sta sotto i nostri occhi anche la realtà di chi si arricchisce perché privilegiato, perché ha avuto la possibilità di inserirsi in certi circuiti dove si lavora poco e ci si arricchisce sproporzionatamente. Dobbiamo guardare in faccia alla realtà se vogliamo - e noi cristiani lo dobbiamo fare incominciando dal vescovo, dai sacerdoti e dai fedeli laici che costituiscono la Chiesa - seguire il messaggio di amore del Signore. Solo così si può operare quella conversione dei nostri cuori a cui ci esorta questo periodo di preparazione al Santo Natale .

Gesù è nato tra i poveri e la sua è stata l’esistenza di un povero.

Celebrare perciò il Natale di un povero con spese insulse, per “cose” inutili e a volte dannose, per vacanze che non ristorano, con sprechi di alimenti mentre milioni di uomini muoiono di fame solo perché nati in un parallelo diverso dal nostro e stritolati da ingranaggi industriali e commerciali imposti loro da chi può trarne profitto, è blasfemo.

La nascita di Gesù può essere ricordata con gioia solo da chi sa compiere scelte di solidarietà con i più poveri spogliandosi dei propri beni.

Solo in questo modo Gesù viene celebrato come Salvatore, come Colui che guida gli uomini a nuove forme di convivenza umana, di libertà dall’oppressione, di pace nella giustizia.

Buon Natale.

Il vostro vescovo Michele

domenica 14 dicembre 2008

AFRICA MISSION: cena di beneficenza

Cari amici,
vi segnalo l'annuale iniziativa che Africa Mission- sede di Bucciano promuove per la raccolta di fondi in favore delle attività svolte in terra africana (specialmnente costruzione di pozzi).
Questa è la mail inviatami da Peppe: se siete interessati a partecipare alla cena di beneficenza potete anche contattarmi attraverso questo blog ovvero il mio indirizzo e-mail: diego@ardiruggiero.it



Lunedì cinque gennaio 2009 cena di beneficenza al ristorante LA VIGNA di Bonea (Bn) via Vignale.
E' un'occasione per donarci un po del nostro stare insieme e soprattutto per raccogliere fondi per l'acqua in Karamoja.
Il costo del biglietto è di € 30,00.
Una quota va per la cena e l'altra per i pozzi.
Alla cena saranno presenti i responsabili nazionali e nostri confratelli nell'associazione delle sedi di Pesaro, Venezia e Treviso.
I biglietti sono disponibili contattando via mail sia me (peppe ciamobriello) che clemente e don antonio parrillo.

lunedì 1 dicembre 2008

AFRICA MISSION: un'idea per il natale

Vi segnalo questa iniziativa proposta dal mio carissimo amico Peppe, da poco tornato da un viaggio di 20 giorni in Africa (Uganda- Karamoja).
Peppe da anni è impegnato in Africa Mission, movimento ecclesiale voluto da don Vittorione, per portare un po di sollievo ai nostri fratelli che sono in Africa. Per farlo però c'è bisogno di aiuto anche economico.
In vista del Natale Peppe ci propone questa iniziativa.

Carissimo,

Sono stato a Piacenza per la elezione dei nuovi organi dirigenti
dell'associazione Africa Mission e garzie a Dio tuto è andato per il meglio.
Volevo chiederti di girare la notizia che in Karamoja tutto diventa più
complicato per le eccezionali condizioni atmosferiche negative e che quindi di
stima che nei prossimi gennaio e febbraio 2009 ci darà una grande carestia.
Noi ci stiamo attrezzando per organizzare gia dal 7 e 8 p.v dei mercatini di
artiginato ugandese da fare nelle varie comunità. Potrebbe essere un modo nuovo
di comunicare la gioia del Natale a quanti non sentono più la gratuità del dono
di questo Dio che si fà uomo per noi.
Nei giorni che ti ho detto abbiamo chiesto al Sindaco di S.Agata di goti di
autorizzarci a stare sotto i portici di S.agata per vendere artigianato
ugandese .
Potrebbe essere una buona idea da portare anche in qualche altra
parrocchia.
Abbracci
peppe

mercoledì 26 novembre 2008

La vittoria di Obama: tra svolte espocali e interessi di bottega.

LO SPUNTO:
In questo periodo sono successe due grossi avvenimenti: la grande crisi finanziaria e la svolta politica statunitense.
Dire che le due cose siano legate è evidente; d'altra parte Obama ha vinto anche perchè ha saputo spiegare bene le origini "politiche" di questa crisi.
Forse però la vera questione è un'altra ed ha radici molto più profonde, per così dire "culturali" in senso lato.
Sono ormai passati 20 anni dalla caduta del muro di Berlino.
Chi non ricorda il senso di liberazione e di speranza che animò quegli anni?
Tuttavia resta ancora nella mente la lettura che di quegli avvenimenti si è fatta nella prima metà degli anni novanta.
L'ANALISI:
Una poderosa macchina "culturale" si mosse allora per creare una opinione pubblica diffusa ovvero per dar voce a correnti fino ad allora oggettivamente minoritarie in ambito culturale.
Negli anni immediatamente successivi al 1989 alcuni lavori di studiosi segnarono fortemente la lettura degli avvenimenti appena vissuti.
Li cito.

Francis Fukuyama pubblicò il famoso libro "La fine della storia e l'ultimo uomo": tesi principale del libro era che la storia avesse un fine unidirezionale e che la caduta del muro confermasse tale fine rivolto essenzialmente a conformare il mondo ai principi della democrazia liberale; corollario non indifferente era anche, non si sa perchè, l'esaltazione del libero mercato in materia economica.

Parimenti nello stesso periodo un altro studioso, Eric Hobsbawm, pubblicava "Il secolo breve", che, aldilà di tante giuste analisi, servì a tanti per giustificare la svolta "epocale" segnata dalla caduta del muro.

Infine Samuel Huntington pubblicava "Lo scontro di civiltà" la cui tesi principale è che i nuovi conflitti saranno dovuti a scontri culturali (es. islam-cristianesimo), spostando l'accento sul senso di insicurezza degli occidentali e chiamandoli ad una sorta di ritorno forte all'identità segnata, ancora una volta non si sa perchè, dai principi del liberalismo politico ed economico.

Tale opera di costruzione di una opinione pubblica diffusa si accompagnò con la totale reiezione delle posizioni differenti sul piano politico-economico, genericamente qualificate come socialdemocratiche (=inconcludente!) ovvero comuniste (=totalitario!) o assistenzialiste.

A questo si aggiunga la generale retorica della vittoria dell'"impero del bene" raeganiano contro quello del male (retorica cara all'ultimo Bush) e la sopravvalutazione eccessiva dell'apporto del papa polacco per la caduta del comunismo nell'est europeo.
Per inciso e per chiarire, visto che ho toccato un argomento molto caro a noi cattolici: nessuno può disconoscere l'influenza di Giovanni Paolo II sulle vicende polacche, tuttavia oggettivamente si deve ammettere che tale influenza fu indiretta e sostanzialmente irrilevante sul resto degli altri paesi dell'est europeo. Tanto è vero che nel corso degli anni successivi non abbiamo potuto osservare il dispiegarsi di questa presunta diretta influenza, neanche nei rapporti con la chiesa ortodossa.

In sostanza la lettura che prevalse di quegli avvenimenti fu fortemnente unilaterale, priva di reale senso critico in quanto si faceva coincidere la caduta del muro con la vittoria di un sistema politico-economico: quello occidentale nella declinazione anglosassone e specificamente statunitense.
Si arrivò così a creare l'opinione diffusa che la svolta epocale vissuta da poco fosse dovuta alla implicita "superiorità" dei valori delle moderne liberaldemocrazie, superiorità testimoniata anche con apporti etici vibranti (Papa, Raegan): in sostanza l'occidente avrebbe vinto perchè portatore di valori superiori ed universali frutto dell'elaborazione totalizzante fattane dal sistema politico-economico occidentale.
Naturalmente non è stato così, perchè i valori universali sono frutto dell'elaborazione di tutte le culture. ( i saggi di Amartya Sen ci fanno luce su questo).
Inoltre oggi possiamo ben affermare che il comunismo è caduto perchè era un sistema che non poteva reggersi andando contro l'uomo, contro la persona e la sua libertà:il comunismo totalitario non è esploso, è semplicemente (e naturalmente) imploso.
Pare proprio che la maggior causa efficiente di questo grande rivolgimento storico, anche se non unica, è stato lo stile di vita occidentale: ad ovest si stava semplicemente meglio che ad est.
Tutti gli eventi successivi all'89 caratterizzati dalla "corsa all'occidentalizzazione e ad un benessere economico fine a se stesso" (la russia degli oligarchi, putin, la locomotiva cinese, ecc...) stanno a dimostrare ancora oggi questa lettura degli avvenimenti degli ultimi 20 anni.

Tuttavia dopo l'89 dalle premesse errate menzionate (ha vinto l'occidente perchè portatore di valori superiori ed universali) si facevano discendere, e non si sa ancora perchè visto che il pluralismo delle visioni economiche continua a caratterizzare "le culture" (al plurale) occidentali, anche alcune conseguenze sul piano economico: il libero mercato è un bene assoluto per la crescita (anche su questa equazione "benessere=crescita della produzione=aumento consumi" ci sarebbe da discutere), le liberalizzazioni (rectius: cedere ricchi monopoli ai privati!) sono la panacea dei mali; lo Stato fa sempre male quando interviene in economia.
Sono solo alcuni assiomi di una visione economica liberista totalizzante che per anni non ha ammesso repliche, anche a sinistra.
Tutta una cultura si mise in moto: lo abbiamo visto con i nobel per l'economia; lo abbiamo visto con gli accordi Maastricht del 1992 improntati ad una ideologia mercatista, liberista e tecnocratica. Per anni in Italia lo stato ad esempio non è potuto intervenire nelle aree più svantaggiate a causa dei limiti del Trattato.
La politica della Fed per anni ha appoggiato la creazioni di strumenti finanziari astrusi. Bush ha completamente eliminato i controlli sulle grandi banche. La caduta del muro è stata utilizzata come "clava culturale2"per smantellare ogni visione di politica ed economia avversaria.
RISULTATO:
In questi anni i ricchi sono sempre diventati più ricchi sulle spalle dei poveri. L'economia si è retta sulla voglia di tutti di raggiungere il massimo, creando debito.
Mi chiedo se questa sia superiorità morale occidentale o semplice stupidità collettiva.
TORNIAMO ALL'INIZIO:
Ma ora è il tempo di ritornare all'inizio: la vittoria di Obama.
Come leggerla nell'ambito di una crisi finanziaria che trova radici anche "resa culturale ad un liberalismo-economico-senza-alternative" maturata negli ultimi anni?
In questo caso gli entusiasmi sono facili, tuttavia occorre fare i conti con la realtà.
Di Obama e del suo programma si sa poco. L'immagine di nuovo trasmessa e l'inconsistenza degli avversari hanno creato un vero e proprio mito.
Tre però sono gli elementi della vittoria di Obama che occorrerebbe sottolineare per riportarci alla realtà:

1) Obama deve la sua vittoria anche all'appoggio delle lobby che in questi anni hanno prosperato grazie alla visione economico politica che abbiamo analizzata. Mi/vi chiedo perchè lo appoggiano?
2) Obama si sta circondando di un entourage proveniente dalla vecchia amministrazione Clinton, quelli che nulla facero per contrastare la visione analizzata. Ci sarà un perchè?
3) Obama propaganda una visione etica "liberal", da noi sposata dai radicali. Siamo proprio di quell'idea?


Concludo questo ragionamento con un dubbio: forse qualche interesse delle solite botteghe in questa "svolta politica" continua a starci.
Per questo aspetterei prima di dirmi "obamiano".

sabato 15 novembre 2008

Caso Englaro: un commento competente e motivato

Vi segnalo il commento più sensato eragionevole che ho letto sulla sentenza Englaro.
E' apparso su Avvenire di ieri.
Un comento tecnico, sensato, competente e motivato.
Io mi ci riconosco in tutto e per tutto...
Non si taccia di arroganza i giudici delle sezioni unite (ripeto: giudici-persone diversi da quelli che nel 2007 hanno emesso la contestatissima sentenza oggetto di un "pazzo" conflitto di attribuzioni davanti alla Corte Costituzionale), bensì si scende nel particolare e si dicono le cose come stanno con competenza.
Questo è lo stile dei cattolici nel pubblico dibattito che a me piace.



ETICA E GIUSTIZIA
«L’errore dei giudici? È stato all’inizio»

Il giurista Iadecola: sbagliata la sentenza dell’ottobre 2007 Incerti stato della donna e ricostruzione della volontà


DA MILANO ENRICO NEGROTTI
« U
na interpretazione che non convince perché è perico­losa: è in gioco il bene vita». Gianfranco Iadecola, avvocato e già ma­gistrato presso la Procura generale delle Corte di Cassazione, non si riferisce alla decisione – resa nota ieri – di respingere il ricorso della Procura generale di Mila­no, ma alla sentenza del­l’ottobre 2007 della Su­prema Corte che indicò alla Corte di Appello di Milano la strada per am­mettere l’interruzione del sostegno vitale a Eluana Englaro. «E il decreto ri­costruì la volontà passa­ta della donna in modo debole. Si tratta di una supplenza giudiziaria a una carenza legislativa: basta pensare che tutti i disegni di legge sul testa­mento biologico in di­scussione al Parlamento richiedono un atto scrit­to e aggiornato».
La Cassazione ha respin­to l’ultimo ricorso. Ora il decreto della Corte d’Ap­pello non ha più ostaco­li: era un esito inevitabi­le?

È stata accolta la tesi del procuratore generale che ha ritenuto che il ricorso fosse inammissibile perché non rappre­sentava un interesse di tipo generale. Ma la questione più importante non riguar­da gli aspetti procedurali di quest’ultimo atto, quanto la sentenza della Cassazio­ne dell’ottobre 2007, che introduce un testamento biologico senza che vi siano le norme. Infatti se anche la Cassazione avesse accolto il ricorso, la questione sa­rebbe tornata in Corte d’Appello di Mi­lano per accertare l’irreversibilità dello
stato vegetativo di Eluana.
Era uno dei due criteri stabiliti dalla Cas-

sazione. Perché non può bastare?

Quando il diritto entra in terreni che e­sulano dalle sue competenze, per esem­pio con valutazioni di ordine scientifico, deve essere assolutamente certo che le posizioni assunte siano ampiamente se non unanimemente condivise. Nel caso dell’irreversibilità dello stato vegetativo mi pare che la scienza non abbia dato ancora un parere definitivo. Così come non è unanime la quali­ficazione di atto medico all’alimentazione artifi­ciale. Ma il procedimen­to riguarda un atto defi­nitivo, che presuppor­rebbe una certezza as­soluta. In questo modo invece si pongono le re­gole
sulla sabbia.
E la ricostruzione della volontà della donna è stata adeguata?

Questo è un altro dei punti deboli. Innanzi tutto il fatto che la Cas­sazione (nell’ottobre 2007) abbia stabilito un’uguaglianza tra la vo­lontà passata e quella presente. Servirebbe in­vece una garanzia della persistenza di questa vo­lontà: io non posso sa­pere che cosa Eluana di­rebbe oggi. Non si può affidare al giudice una decisione che riguarda la morte di una persona sulla base di te­stimonianze che possono essere fallaci. Ricordo che tutti i disegni di legge sul te­stamento biologico in discussione non si affidano a una ricostruzione di volontà tramite testimonianze, ma ad atti preci­si del paziente e con termini di durata di
queste dichiarazioni.
Invece si è fatto puntato su una sorta di mancato consenso informato a un trat­tamento. Il medico non deve rispettarlo?

Anche su questo c’è da discutere. Si sta­bilisce burocraticamente che il medico debba considerare vincolante una vo­lontà «espressa» in passato. Ma un pun­to importante nel dibattito in Parlamen­to sulle volontà anticipate è che il medi­co non può essere automaticamente ob­bligato a esaudirle: deve avere la possi­bilità di vagliare i trattamenti in scienza e coscienza.

Lei fa riferimento ai disegni di legge sul testamento biologico, che però non so­no ancora approvati. Si può dire che la Cassazione ha fatto la legge?

In senso stretto no. Ha applicato norme costituzionali e convenzioni internazio­nali a questo caso, con soluzioni che si possono censurare ma che rappresenta­no un fenomeno di supplenza giudizia­ria che si verifica quando ci sono vuoti della politica. La questione di fondo è che nel raffronto tra diritto costituzionale al­la libertà e all’autodeterminazione, fino al rifiuto delle cure, e il principio dell’in­disponibilità della vita, anch’esso pre­sente in Costituzione, la Cassazione ha vi­sto prevalere il primo. In accordo a una tendenza all’individualismo e al soddi­sfacimento della volontà personale che è presente nella nostra società.

«Tutti i disegni di legge sul testamento biologico chiedono regole più stringenti e lasciano il medico libero di dissentire»

giovedì 13 novembre 2008

Caso Englaro: tra ingerenza e opportunità

Vi segnalo questa interessante intervista di Dino Martinaro a Livio Pepino, consigliere di Cassazione, apparsa sul Corsera di oggi. Vi si parla dei recenti pronunciamenti prima della camera di consiglio della Cassazione sul caso Englaro.

Pepino sembra fare una valutazione di "opportunità" di queste dichiarazioni prima della camera di consiglio in cui i giudici decideranno sul caso, protestando che comunque la Chiesa ha già ampiamente espresso la propria opinione in merito. La sua critica tuttavia viene risolta dal corsera scorrettamente nel sottotitolo in un'accusa di ingerenza della Chiesa.

A me tuttavia non mi pare che possa parlarsi di "ingerenza". D'altra parte la Chiesa è libera di esprimere sempre e comunque il proprio pensiero. Tuttavia sulla valutazione di opportunità di simili dichiarazioni concordo.

Esiste un limite quando si parla alle coscienze (si dice che la Chiesa illumina le coscienze): quello di lasciare alla coscienza (nel nostro caso quella dei giudici) , con pazienza e con fiducia, la calma il tempo per decidere.

Per il resto penso che il caso della povera Eluana sia stato troppo strumentalizzato da tutti.

Ci vorrebbbe un po più di pudore da parte di tutti: quel pudore che per Mounier era segno di attenzione al mistero che ci circonda.





Livio Pepino «Serve più prudenza»

«Chiesa, ingerenza prima del verdetto»

Appello e Cassazione: «Non è opportuno l’appello ai giudici fatto da chi ha il potere di incidere sulla decisione»

ROMA — Il consigliere di Cassazione Livio Pepino, oggi «togato» di Magistratura democratica al Csm, dice che ogni autorità politica e morale ha il diritto dovere di esprimere le sue idee sui temi della bioetica. Tuttavia, aggiunge, «quello della Chiesa sul caso Englaro mi sembra un intervento a piedi giunti perché coincide con l’apertura della Camera di consiglio...».

Consigliere, è vera la contemporaneità. Eppure il cardinale Javier Lozano Barragan ha rettificato dicendo di aver «ribadito la dottrina della Chiesa senza citare la Cassazione ».
«Chi ha poteri istituzionali o è un’autorità morale farebbe bene ad usare maggiore prudenza ».

Oltretevere si è parlato di «assassinio» in caso di sospensione di cibo ed acqua a Eluana Englaro.
«Chi ha una autorità politica, spirituale o culturale dovrebbe usare molta più prudenza di quanto non sia richiesto al cittadino che partecipa al dibattito pubblico».

C’è chi sostiene che alla Chiesa, in quanto autorità spirituale, dovrebbero essere applicate categorie diverse rispetto alla politica.
«In uno Stato laico nessuno contesta alla Chiesa il diritto dovere di esercitare il proprio magistero. Il problema c’è quando le autorità dello Stato, secondo i principi sanciti dalla Costituzione, sono in procinto si assumere una decisione. Beh...un intervento a piedi giunti di questo tipo non è semplicemente un esercizio del magistero, è una interferenza per ottenere una decisione piuttosto che un’altra. E questo sembra francamente non accettabile ».

«Avvenire», organo della Conferenza episcopale italiana, titolava: «Avremmo la prima condanna a morte repubblicana? »
«Non è opportuno l’appello ai giudici fatto da chi ha un’autorità, e quindi un potere di incidere sulla decisione».

Esiste, comunque, un dibattito pubblico....
«Va benissimo che la Chiesa esprima le sue idee su un tema delicato come la bioetica. Il problema è l’appello ai giudici perché seguano regole diverse da quelle previste dalla Costituzione e dalla legge. Questa cosa non è accettabile in uno Stato laico».

Se al posto del cardinale ci fosse stato un politico, ci sarebbero state più reazioni?
«Credo di sì. Però mi sorprende lo stesso questo generale silenzio. Eppure non mancano alla Chiesa occasioni per mostrare le sue idee: i giudici chiamati a decidere hanno sentito in questi mesi anche la voce della Chiesa su questi temi».

E ora che c’è la Camera di consiglio aperta?
«Ci sia un doveroso rispetto della laicità dello Stato».

Dino Martirano
13 novembre 2008

domenica 19 ottobre 2008

Run for Water, run for life: II° edizione


Cari amici,
vi segnalo questa iniziativa di Africa Mission.


Dal 23 al 26 ottobre inviando un sms al


48583

potrete inviare 1 euro per la costruzione di pozzi nella Karamoja in Uganda.

1 EURO? E' il costo di un caffè ma può aiutare e far felici in tanti.

Io lo manderò.

Sotto trovate il video pubblicitario.

Linkate questo post e fatelo girare ai vostri amici.

E' una buona causa.



martedì 14 ottobre 2008

Testamento biologico: i termini della questione

Cari amici,
A questo link trovate un interessante articolo sul testamento biologico segnalatomi.
E' di Ignazio Marino, senatore del PD:
Sotto invece ne trovate un altro, molto interessante, di Michele Aramini apparso su Avvenire.
Sono due articoli molto inetessanti perchè pongono in maniera chiara i termini del dibattito intorno alle Dichiarazioni Anticipate di Trattamento.
Infine vi offro la sintesi del Comitato Nazionale di Bioetica sullo stato vegetativo persistente:
nonchè quella sulle Dichiarazioni Anticipate di Trattamento:
Logicamente come si sa il lavoro del comitato di bioetica è una mediazione e vi accorgerete che non sempre l'accordo si raggiunge.
Su questo vi consiglio di leggere un interessante libro di Giovanni Fornero (Bioetica Laica e bioetica cattolica)
Vi potrà servire a farvi una chiara idea sui termini del dibattito in corso. A me è servito.
ciao

IL DIBATTITO SU IDRATAZIONE E ALIMENTAZIONE ARTIFICIALE
Nutrire i pazienti un dovere che non si sospende

MICHELE ARAMINI

N
el dibattito svoltosi qualche anno fa in seno al Comitato nazionale di bioetica, in vista del documento sulle dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat), siregistrato un accordo sulla quasi totalitdelle questioni trattate, con una importante eccezione che ha visto un dissidio insanabile tra due schieramenti. Si tratta della possibilitdi ammettere anche direttive sulla sospensione di trattamenti di sostegno vitale, quali l’alimentazione e l’idratazione artificiale.­ il punto che viene richiamato anche nel dibattito di questi giorni attorno al caso di Eluana Englaro, attraverso varie dichiarazioni apparse sulla stampa. La questione risulta particolarmente delicata perchha conseguenze immediate in tema di eutanasia. La possibilitdi stilare direttive anticipate relative alla sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione artificiale (Aia) finisce infatti con l’introdurre l’eutanasia all’interno delle direttive stesse. In sostanza, avremmo una 'piccola eutanasia' fatta entrare come un cavallo di Troia all’interno di una legge sulle direttive anticipate. La questione sull’opportunitdi continuare l’alimentazione e l’idratazione artificialeimportante per tutti, ma ha un rilievo fondamentale per le persone entrate in quello che si chiama­stato vegetativo. Questi pazienti possono vivere nella loro condizione per molti anni, e la nutrizione artificiale pupreservarli a lungo. Molti si chiedono seil trattamento non risulti eccessivamente gravoso. La risposta che ci danno i medici­che i pazienti in stato vegetativo, proprio a causa del loro stato, non possono percepire la nutrizione artificiale come insostenibile.
Qualcuno potrebbe giudicare la loro stessa vita 'gravosa', ma in questo caso veniamo a trovarci su un piano diverso: non abbiamo pia che fare con direttive anticipate ma con l’eutanasia vera e propria.­quindi importante non confondere la gravositdella condizione esistenziale con la presunta gravositdell’alimentazione e dell’idratazione.
Come regola generale, l’idratazione e l’alimentazione non vanno sospese anzitutto perchnon richiedono l’impiego di sofisticati sistemi tecnologici e, dunque, non costituiscono mezzi straordinari. In secondo luogo il nutrire non costituisce un trattamento medico ma un normale intervento infermieristico, equivalente a girare regolarmente un paziente o a praticargli frizioni con l’alcool. Inoltre il suo valore simbolico­ di gran lunga superiore a quello di altri trattamenti infermieristici.
Perciil nutrire si differenzia dal curare. Va tenuto conto che i pazienti in stato vegetativo a cui – secondo alcuni – potrebbero essere sospesi i trattamenti di sostegno vitale non sono morenti. Queste indicazioni sono state ribadite autorevolmente dalla Congregazione per la dottrina della fede nella risposta del 1agosto 2007 a due quesiti posti dai vescovi statunitensi. Come afferma la Congregazione,la somministrazione di cibo e acqua, anche per vie artificialiin linea di principio un mezzo ordinario e proporzionato di conservazione della vitaed­obbligatoria, nella misura in cui e fino a quando dimostra di raggiungere la sua finalitpropria, che consiste nel procurare l’idratazione e il nutrimento del paziente. In quel breve ma importante documento si ribadisce dunque come sia illecita la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione sia ai malati comuni sia ai soggetti in stato vegetativo. Un giudizio che non puessere eluso, e che trova riscontro nella realtclinica dei pazienti.

PD, dopo le prime primarie: struzzi o gabbiani?

Un anno fa si svolgevano le primarie del PD: il partito per "chi avrà vent'anni nel 2010" (Fassino all'ultimo congresso Ds).
Erano parole forti, vibranti, che spingevano a volare alto. Dopo un anno il grande volo delle aquile si è trasformato nel volo basso dello struzzo, dritto verso la buca per nascondersi e non vedere.
Mi tornano in mente le parole di quel dirigente sannita del PD che, trasfigurando la realtà, cantava il peana al nascente partito sannita forte a livello provinciale.
Fino a quando durerà tutto questo? Che partito è quello in cui i dibattiti di idee sono sempre rimandati a domani, a quando ci sarà tempo. Nella mia città i dibattiti non ci sono,non sono previsti, non ce ne saranno mai. Di tesseramento non se ne parla proprio.
Ormai il mio PD (quello che sognavo un anno fae che mi ostino a sognare) sembra la brutta copia dell'inesistente e vacuo PDL: ma almeno loro hanno Berlusconi che vince e convince!
Il mio PD non ha avuto il coraggio nemmeno di appoggiare la giusta battaglia dell'UDC per le preferenze!
Dopo un anno è l'ora dei bilanci impietosi. Il partito non si è strutturato, il tesseremento è una invisibile chimera, il rinnovamento della classe dirigente un auspicio vuoto.
Il partito non esiste, esiste invece una nomenklatura di partito che difende le proprie posizioni aspettando "a fine da nuttata".
Questo segretario rimane purtroppo ostaggio del vizio d'origine della sua "discesa in campo": cercare a tutti i costi i consensi dei maggiorenti e della nomenklatura di partito; cercare un ecumenismo inutile e dannoso, nutrito da un decisionismo sterile e calcolato.
D'altra parte lui, vecchio politico, poteva utilizzare solo vecchi metodi. Il ritiro della candidatura di Bersani, chiesto ed ottenuto da Veltroni, fu l'infanticidio del PD.
Veltroni non potrà mai liberarsi da questa strutturale incapacità di creare idee e prospettive reali. Per giunta dopo la debacle elettorale, mai potrà aspirare ad allargare le alleanze, specie a sinistra.
Non ha raggiunto una sintesi culturale e politica con l'area culturale cattolica. Ha alimentato una visione correntizia del partito scagliandosi contro Red e facendo crescere PeR e Quarta Fase. Non riesce a pronunciare parole che non sappiano di vuota retorica. Quelle sue tirate sui valori condivisi? Aria fritta!
Ha spacciato la sua personale corsa al potere per una svolta. Invece di andarci lui in Africa, ci ha mandato Prodi.
Veltroni, come segretario, è un vero disastro. Chi ricorda i suoi trascorsi diessini? La sua segreteria fu l'era del "partito leggero" e durò due anni, concludendosi con una scialuppa di salvataggio lanciata prima delle elezioni 2001 (il comune di Roma). L'unico commento possibile? Un capitano non abbandona la nave che affonda.
Il cerchio infine si chiude se si pensa all'ultimo degli argomenti usati per difendere una leaderschip decotta: non c'è nessun altro!
Ma è proprio vero? Non c'è proprio nessun altro che possa guidare il partito? Comincio a pensare, con Asor Rosa, che la vera nascita del PD ci sarà quando alle europee 2009 si attesterà sul 25% dei voti. Quello sarà l'atto fondativo del PD! Quello sarà il momento che farà alzare la testa ai nostri struzzi o a qualche quarantenne di belle speranze. Speriamo bene!
O si cambia o si muore!...e morendo si sgretolera tra le nostre mani una grande idea: quella di costruire un'area riformista di centrosinistra in cui i valori del cattolicesimo democratico possano convivere con quelli del riformismo socialista. Le grandi praterie disegnate da Vassallo e Scoppola al convegno di Orvieto 2006 sono ancora inesplorate per questo PD.
Qui non si tratta di salvaguardare equilibri politici di potere ma di fare una politica che sappia parlare alla gente con un metodo dialogico, senza cedimenti,.
Che credibilità ha il segretario quando declassa il dialogo a mero strumento di immagine e lotta politica? Ieri Berlusconi era uno statista, oggi....Putin.
Qui si tratta di fare una politica non pregiudizialmente antireligiosa, attenta al bene della persona umana, laica, matura, dialogica. Una politica che abbia il coraggio di dire che l'embrione umano non può essere oggetto di sperimentazione, che non sempre il paziente può avere l'ultima parola in tema di trattamenti sanitari, che l'immigrato va accolto sempre, che il mercato non è in grado di autoregolamentarsi da solo, che in questi anni ci hanno riempito la testa di panzane raccontandoci i fasti del secolo americano, che l'euro ha portato inflazione e che sono cresciuti gli stipendi dei manager e non quelli dei più poveri, che oggi occorre difendere i redditi e non le banche e gli affaristi di CAI.
Cosa abbiamo da dire sulla finanza che si auto-alimentava con una insostenibile economia del debito? Dove siamo stati in questi anni? Ora che ci penso però qualcuna di queste cose il segretario le ha dette. Allora qual è il problema?! Veltroni non è credibile, perchè pensa ai giornali, alle carte patinate e ai sondaggi. Dove passa lui tutto diventa notizia, immagine e pornografia dei sentimenti. Parafrasando il celebre spot, dove c'è Veltroni c'è casa!
Nel vuoto ddeale lasciato dal Veltroni pure Tremonti diventa uno statista ed una grande pensatore.
Oggi ci vorrebbe un colpo d'ala, come quello del gabbiano Jonathan, ma gli struzzi non sanno volare.
Si facciano avanti i gabbiani!

domenica 5 ottobre 2008

Testamento biologico: una interessante discussione su avvenire

Cari,


vi segnalo questa interessante discussione snodatasi tra il Foglio, mons. Betori e Avvenire.
Si tratta di una vicenda che prende le mosse dalle dichiarazioni di Betori nell'ultima sua conferena stampa da segretario della Cei quando ha affermato che "per quanto riguarda la fine della propria vita, alla volontà del malato va prestata attenzione, ma “la decisione non deve spettare alla persona”.

La de Monticelli abiura ogni contatto e collaborazione con questa chiesa e basa il suo ragionamento ed il suo "addio" sul primato della coscienza individuale, mons. Betori risponde precisando il senso delle proprie parole. Come controcanto "esperto" si aggiunge infine oggi l'articolo di un'altra filosofa, Paola Ricci Sidoni la quale cerca di minimizzare, lasciando trasparire l'idea che la reazione della de Monticelli sia sproporzionata.

MIO COMMENTO: Penso che Betori agli occhi di persone "esperte" abbia fatto effettivamente una gaffe affermando in un contesto pubblico che "la decisione non deve spettare alla persona". Effettivamente nell'ambito della filosofia morale l'affermazione è errata. Tuttavia Betori ha la scusante di non essersi trovato ad un convegno dotto di filosofi. L'inesattezza della sua affermazione, ciò non di meno, è avvalorata dal fatto che ha sentito la necessità di precisare cosa c'era dietro le sue parole.
D'altra parte la reazione della de Monticelli è sproporzionata e forse indice di un malessere già maturato, mentre la lettera della collega mi pare guidata da mera finalità apologetica e di difesa d'ufficio.
Francamente a me tutta questa polemica interessa per un diverso profilo.
Infatti mi pare proprio il frutto di un clima creato negli ultimi anni intorno ai temi della cd bio-politica (orrendo neologismo!): un clima nel quale il valore primo della tutela della vita, a volte le stesse parole del magistero, vengono piegati, plagiati e strumentalizzati in battaglie di principio che, mentre vorrebbero difendere la vita, in ultima analisi finiscono per snaturarsi e far perdere ai protagonisti il senso della misura e delle proporzioni, presupposto di ogni dialogo che voglia essere fruttuoso.
Diceva un famoso filosofo che "la causa della verità non si distingue dalla causa dell'errore se non per lo spessore di un capello" (Mounier): è questa consapevolezza che dovrebbe guidare scelte e atteggiamenti anche del pubblico dibattito. Invece spesso su questi temi si scivola nella "inutile apologetica" (c'è naturalemente anche quella utile!) di chi estremizza i ragionamenti altrui. Capita ai discosrsi del papa sulla contraccezione ed il matrimonio; capita alle dichiarazioni della Bindi sui Dico.
Ecco, ci vorrebbe misura e senso delle proporzioni, per un dibattito serio su questi temi!




Abiura di una cristiana laica

“Questo è un addio. E’ un addio a qualunque collaborazione che abbia una diretta o indiretta relazione alla Chiesa italiana. Monsignor Betori nega la coscienza e la libertà ultima di essere una persona. Si rende conto?”

di Roberta de Monticelli *

Questo è un addio. A molti cari amici - in quanto cattolici. Non in quanto amici, e del resto sarebbe un fatto privato. E’ un addio a qualunque collaborazione che abbia una diretta o indiretta relazione alla chiesa cattolica italiana, un addio anche accorato a tutti i religiosi cui debbo gratitudine profonda per avermi fatto conoscere uno dei fondamenti della vita spirituale, e la bellezza. La bellezza delle loro anime e quella dei loro monasteri - la più bella, la più ricca, e oggi, purtroppo, la più deserta eredità del cattolicesimo italiano. O diciamo meglio del nostro cristianesimo.

L’eredità di Benedetto, di Pier Damiani, di Francesco, dei sette nobili padri cortesi che fondarono la comunità dei Servi di Maria, di tanti altri uomini e donne che furono “contenti nei pensier contemplativi”. E anche l’eredità di mistici di altre lingue e radici, l’eredità, tanto preziosa ai filosofi, di una Edith Stein, carmelitana che si scalzò sulle tracce della grande Teresa d’Avila.

Questo addio interessa a ben poche persone, e come tale non meriterebbe di esser detto in pubblico. Ma se oggi scrivo queste parole non è certo perché io creda che il gesto o la sua autrice abbiano la minima importanza reale o morale: bensì per un senso del dovere ormai doloroso e bruciante. Basta.

La dichiarazione, riportata oggi su “Repubblica”, di Mons. Betori, segretario uscente della Cei, e “con il pieno consenso del presidente Bagnasco”, secondo la quale, per quanto riguarda la fine della propria vita, alla volontà del malato va prestata attenzione, ma “la decisione non deve spettare alla persona”, è davvero di quelle che non possono più essere né ignorate né, purtroppo, intese diversamente da quello che nella loro cruda chiarezza dicono.

E allora ecco: questa dichiarazione è la più tremenda, la più diabolica negazione di esistenza della possibilità stessa di ogni morale: la coscienza, e la sua libertà. La sua libertà: di credere e di non credere (e che valore mai potrebbe avere una fede se uno non fosse libero di accoglierla o no?), di dare la propria vita, o non darla, di accettare lo strazio, l’umiliazione del non esser più che cosa in mano altrui, o di volerne essere risparmiato. Sì, anche di affermare con fierezza la propria dignità, anche per quando non si potrà più farlo. E’ la possibilità di questa scelta che carica di valore la scelta contraria, quella dell’umiltà e dell’abbandono in altre mani.

Ma siamo più chiari: quella che Betori nega è la libertà ultima di essere una persona, perché una persona, sant’Agostino ci insegna, è responsabile ultima della propria morte, come lo è della propria vita. Fallibile, e moralmente fallibile, è certo ogni uomo. Ma vogliamo negare che, anche con questo rischio, ultimo giudice in materia di coscienza morale sia la coscienza morale stessa?

Attenzione: non stiamo parlando di diritto, stiamo parlando di morale. Il diritto infatti è fatto non per sostituirsi alla coscienza morale della persona, ma per permettergli di esercitarla nei limiti in cui questo esercizio non è lesivo di altri. Su questo si basano ad esempio i principi costituzionali che garantiscono la libertà religiosa, politica, di opinione e di espressione.

Oppure ci sono questioni morali che non sono “di competenza” della coscienza di ciascuna persona? Quale autorità ultima è dunque “più ultima” di quella della coscienza? Quella dei medici? Quella di mons. Betori? Quella del papa?

E su cosa si fonda ogni autorità, se non sulla sua coscienza? Possiamo forse tornare indietro rispetto alla nostra maggiore età morale, cioè al principio che non riconosce a nessuna istituzione come tale un’autorità morale sopra la propria coscienza e i propri più vagliati sentimenti?

C’è ancora qualcuno che ancora pretenda sia degna del nome di morale una scelta fondata sull’autorità e non nell’intimità della propria coscienza? “Non siamo per il principio di autodeterminazione”, dichiara mons. Betori, e lo dichiara a nome della chiesa italiana. Ma si rende conto, Monsignore, di quello che dice? Amici, ve ne rendete conto? E’ possibile essere complici di questo nichilismo? Questa complicità sarebbe ormai - lo dico con dolore - infamia.

di Roberta de Monticelli

* IL FOGLIO, 02.10.2008

RISPETTOSA OBIEZIONE ALLA PROFESSORESSA DE MONTICELLI

Chiedo anch’io la libertà di coscienza. Altra cosa dall’auto-determinazione

di GIUSEPPE BETORI (Avvenire, 03.10.2008)

Sul ’Foglio’ di ieri, Roberta de Monticelli prende spunto da alcune mie dichiarazioni, nel contesto di una conferenza stampa, per dare il suo « addio » « a molti cari amici - in quanto cattolici » , « un addio a qualunque collaborazione che abbia una diretta o indiretta relazione alla chiesa cattolica » .

Trovarmi coinvolto in una così seria decisione mi turba, ma vorrei ricordare che quella parola, « addio » , percepita di primo acchito sinistra, contiene in sé una radice promettente. E’ la preposizione ’ ad’ che spinge verso altro, in ogni caso fuori dal soggetto.

E in effetti visto che l’argomento del contendere è la ’ fine della vita’, tutto cambia a seconda se la vita è destinata oppure senza scopo. In altre parole se la vita si spiega da sé o sottostà come tutta la realtà a quel principio per cui nessuno trova in se stesso la spiegazione del proprio essere. Se si tiene conto di questo, forse si riesce a capire cosa nasconda la parola ’autodeterminazione’, che vorrebbe fare a meno di questa evidenza.

E se la signora de Monticelli avesse colto tale passaggio, avrebbe certo compreso che dietro le mie parole «non spetta alla persona decidere» si cela non la negazione della coscienza, ma semmai dell’autosufficienza. Per questo, proprio appellandomi alla coscienza, che l’illustre interlocutrice difende con tanta passione, non posso non prendere le distanze dalla posizione che mi costruisce addosso e che mi viene attribuita senza fondamento.

Sono infatti sinceramente amareggiato che la mia dichiarazione sia stata letta come « la più diabolica negazione di esistenza della possibilità stessa di ogni morale » . Insomma, sarei io - e la Chiesa con me - ad autorizzare il male, negando la possibilità di fare il bene, e farei tutto questo perché non sono per « il principio di autodeterminazione » . Qui si sta costruendo un grande malinteso, legato a cosa significhi in questo contesto il « principio di autodeterminazione » : non si può confondere la libertà di coscienza con la possibilità di fare quello che ci pare. Anche se ragionassi in termini puramente laici, non potrei giustificare un assassinio dicendo che l’ho fatto per rivendicare la mia libertà di coscienza. La legge che punisce l’omicidio non elimina la libertà di coscienza: anzi la piena libertà dell’assassino è il primo presupposto della condanna.

Non possiamo confondere, insomma, la libertà della nostra coscienza con la legittimità delle nostre azioni. Il « principio di autodeterminazione » non è mai stato un caposaldo della dottrina della Chiesa: quando S. Agostino scrive « ama e fa’ ciò che vuoi » , indica che le nostre azioni sono buone solo quando si ispirano a Dio, che è Amore. La coscienza è la sede della nostra scelta, è il luogo dove decidiamo, ma non è il criterio della scelta. Il criterio non ce lo diamo da soli: ce lo dona Dio, che è Amore, ed è percepibile ad ogni indagine razionale come il fondamento della nostra stessa identità o natura. Allo stesso modo, la vita non ce la diamo da soli, ma ci viene donata. Difendere questo dono è difendere il bene: difendere la vita significa difendere la possibilità della coscienza, non negarla. Se non sono vivo, certo non posso scegliere. È proprio questa precedenza della vita rispetto ad ogni scelta, questo dono che mi viene fatto, che mi orienta nel valutare le opzioni di fronte a me. Del resto, anche la mia coscienza non me la sono data: genitori, insegnanti, amici mi hanno insegnato a parlare e a pensare.

Questo tipo di considerazioni porta San Tommaso a insistere tanto sulla prudenza come regola per l’azione: se non si può scegliere in astratto, ma solo a partire dalle concrete situazioni della vita personale, non si può essere buoni in astratto, come vorrebbe l’astratto « principio di autodeterminazione » .

Bisogna cercare di essere « il più buoni possibile » nelle circostanze date: per questo la Chiesa si è decisa per una legge sul ’ fine vita’. Un realismo, il suo, che è da sempre il criterio ispiratore della riflessione cattolica, nello sforzo di rendere possibile una scelta buona nella vita di tutti i giorni.

La vita che viviamo è frutto di relazioni che la generano, sia nel momento del concepimento, sia durante tutto il suo corso. Queste relazioni non terminano con la sofferenza: il dolore non colpisce solo chi soffre - a volte in condizioni estreme - ma anche chi attorno è testimone di tale sofferenza. Tale comune sentire umano - direi questo consentire - sta da sempre a cuore alla Chiesa: davvero non vale niente? E questa passione per l’uomo sarebbe davvero « nichilismo » come conclude l’articolo su Il Foglio? O forse nichilismo è credere che non ci sia nulla oltre l’individuo e la disperata coscienza della sua solitudine?

Spero che Roberta de Monticelli - e quanti sono interessati a un dialogo sulla bellezza, la libertà, la vita - non rinunci alla possibilità di un incontro con chi segue Gesù, che è venuto non « per condannare il mondo, ma per salvare il mondo » (Gv 12,47). Per questo mi auguro che il suo sia solo un ’arrivederci’

LETTERA ALL’AMICA E COLLEGA ROBERTA DE MONTICELLI
In nome di quel Dio che ci abita la persona non­legge a se stessa
PAOLA RICCI SINDONI
Nei giorni scorsi, la filosofa Roberta De Monticelli ha fortemente polemizzato con la posizione espressa dal segretario generale della Cei, Giuseppe Betori, in merito all’auspicata legge sulla­fine vita, al punto da ­dire addio a qualunque collaborazione che abbia relazione alla Chiesa cattolica. Una prima risposta di monsignor Betori � gi� stata ospitata su queste colonne.
C ara Roberta, prima di dire addio a quanti come me condividono il tuo lavoro, la filosofia, e la tua amicizia, pur appartenendo, come me, alla Chiesa cattolica, permettimi di esprimere qualche pensiero sotto forma di lettera – un genere che a te, come a me, piace molto – in risposta al tuo duro, sofferto quanto ingeneroso attacco ad alcuni rappresentanti della gerarchia ecclesiastica. Non­tanto per difenderli, quanto per dirti che come credente di questa istituzione religiosa che amo e in cui in profonditmi riconosco, non posso che condividere con te il valore supremo della coscienza, che­il nucleo pisegreto, e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio la cui voce risuona nell’intimitpropria, come recita il punto 1776 del Catechismo della Chiesa cattolica (che qui recupera le intuizioni luminose di Agostino, un pensatore che tu conosci bene). Edith Stein, altra filosofa che tutte e due abbiamo studiato e che tu citi nel tuo articolo,­andata pia fondo, affermando che Dio stesso si ferma alla soglia della coscienza e dimora in essa solo se lo si fa entrare. Quando lo si fa entrare, per, non si puignorarne la presenza, cosicchlo spazio della coscienza credente sa di doversi misurare con questo Ospite, con cui non negozia certo il bene della propria libert, ma la orienta, accrescendola nella consapevolezza di essere donata a se stessa.
Anche per una cattolica credente la coscienza, che tu con tanta passione difendi,­ quell’intimitinviolabile, oltre che luogo delle scelte personali, della libertpraticata, ma questo perch­lo spazio condiviso con l’Altro e con gli altri, non certo il punto in cui individualisticamente muoversi dentro il mondo, secondo un ordine morale autogestito, che il diritto, come tu dici, ha il compito di delimitare e di proteggere. E la Chiesa?
Perchti ostini a vederla come un esclusivo appannaggio di un gruppo di gretti illiberali, pronti a dominare l’opinione pubblica con le loro infamanti (la parola­tua) condanne? La Chiesa non­dei preti – abbandona, per favore, questo anticlericalismo stantio –; anch’io sono Chiesa, come lo sono i tanti credenti che non hanno dismesso la loro capacitdi pensare dentro questa istituzione ricca di tante e diverse anime, unite pernella convinzione che questa Chiesa ha un solo Capo, che continua ad accompagnare il suo cammino storico. I prelati che tu citi nell’articolo non possono che fare quello che fanno: custodire il patrimonio spirituale e morale della tradizione ecclesiale, in cui la fedelte l’amore alla Chiesa si traducono anche in orientamenti pastorali, in indicazioni etiche sui difficili nodi morali che in questo momento attraversano il nostro Paese.
Detto questo, ascoltami Roberta, come io ho ascoltato te. Le drammatiche questioni legate alla fine della vita non possono trovarci su fronti opposti, segnati da chiusure irriducibili (non accetto il tuo 'addio'…): citare alcune dichiarazioni apparse sulla stampa secondo cui­la decisione non deve spettare alla persona, cui segue, secondo te, il misconoscimento del principio di autodeterminazione significa che, secondo l’orientamento della Chiesa – sia che parli Betori o un altro credente – la persona non­legge a se stessa. La persona cio, non­ libera di disporre di se degli altri, ma­libera di prendersi cura di se degli altri, in nome di quel Dio che abita dentro la coscienza, cosche essa non­lo spazio autoreferenziale, ma il luogo di mantenimento del bene che ogni vita custodisce.
Non mi pare, cara Roberta, che questo sia nichilismo… Affido questi pensieri al tuo cuore attento, certa di ritrovarti ancora.

lunedì 29 settembre 2008

Casa di Rut: contro il disegno Carfagna

Cari amici

vi segnalo questa "giusta battaglia" contro uno dei tanti (non tutti però! :-) progetti di legge sbagliati di questo governo: quello sulla prostituzione.

A questo link:

http://www.lucciole.org/images/stories/documentoprostituzionetratta.pdf

trovate anche il documento “Prostituzione e Tratta, Diritti e cittadinanza - Le proposte di chi opera sul campo”

scritto da alcune asssociazioni tra cui la Caritas italiana.

Comunità Rut

Spazio di accoglienza

per una cultura di giustizia e di pace

Caro Sig. Ministro (Alfano - Minostro della Giustizia),

sono una religiosa che, insieme a tante altre consorelle di altre Congregazioni, sparse in tutta Italia, vive il proprio mandato e la propria scelta di missione a fianco di giovani migranti, spesso incinte o con figli piccoli e a volte minorenni, vittime dell’infame traffico di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale.

Insieme ad altre 4 consorelle, ho lasciato la ‘ricca’ terra vicentina, e da circa 13 anni sono in missione a Caserta, territorio allo sfascio e sempre più in ginocchio per il suo grave degrado ambientale, sociale e culturale. Territorio, quello casertano, dove sempre più ne viene oscurato il volto umano.

E’ amaro constatare che questo oscurantismo è stato ed è favorito dalla presenza di politici e amministratori inadeguati e poco sapienti. Persone alle quali poco interessa la ricerca del bene comune e della propria gente. Ma oserei dire che tale oscurantismo è stato e viene volutamente perseguito. In questo territorio si ha l’impressione, o meglio la certezza, che il degrado, i gravi disagi sociali, le continue emergenze rendano bene, molto bene economicamente a coloro che sanno e possono spartirsi la ‘torta’, mentre i tanti mali che affliggono questa terra e i veri disagiati rimangono senza concrete risposte e senza un reale beneficio.

Tutto questo è davvero grave e inaccettabile!

In questo difficile e soffocante contesto territoriale anche la piaga dello sfruttamento sessuale, perpetrata a danno di tante giovani donne migranti, è assai evidente raggiungendo, a volte, punte di estrema ed efferata violenza nei confronti delle stesse donne, le vere vittime. Mi riferisco a quelle costrette con violenza fisica e psicologica a prostituirsi e non a quelle che sono nella condizione di scegliere di esercitare tale lavoro, se così possiamo dire, e verso le quali non c’è da parte mia e nostra nessun giudizio di condanna ma solo rispetto e amore.

In questi 13 anni di appassionato servizio quasi 300 donne, grazie al nostro centro Casa Rut, hanno trovato una possibilità di liberazione e di nuova speranza. E questo è stato possibile per l’efficacia dello strumento dell’ex art. 18 del Testo Unico e grazie alla significativa collaborazione, costruita negli anni, con la Questura e la Prefettura di Caserta, la Procura di S. Maria Capua Vetere e il Tribunale per i Minorenni di Napoli in sinergia con altre istituzioni e realtà presenti sul territorio, anche regionale e nazionale e non da ultimo con il costante sostegno della Chiesa casertana, nella persona del vescovo Mons. Raffaele Nogaro.

Sig. Ministro, penso possa comprendere cosa significhi per noi donne e religiose lottare, soffrire, credere e sperare per loro e con loro, ‘donne altre’, perché, come dice l’evangelista Giovanni: “Tutti abbiano vita e questa in abbondanza(Gv 10,10). E’ la forza del Vangelo che ci spinge, è la forza della vita che ci anima a donare vita.

Penso possa immaginare cosa significhi vedere il sorriso affacciarsi timido e poi sicuro sul volto sfregiato di tante giovani donne, nostre sorelle, che hanno avuto l’unica sfortuna di nascere in una terra ricca ma ‘inospitale’, resa tale dalla depravazione che continuamente i paesi più ricchi e ‘colti’ continuano a perpetrare nei loro confronti (l’Africa in particolare). Una terra ‘inospitale’ che le ha obbligate ad intraprendere il viaggio della speranza diventato poi, anche sulle nostre terre, un viaggio verso l’inferno.

Credo, sig. Ministro, che la donna costretta a vendere il proprio corpo e che continua a subire violenze, sia da parte degli sfruttatori che da parte di una innumerevole schiera di uomini italiani, i quali faticano a ritrovare una loro identità maschile liberata da manie di onnipotenza e di potere, è una vittima e pertanto va aiutata e tutelata nei suoi diritti e non condannata.

Il Dio della vita, ‘pur senza fare preferenza di persone’, nel Suo rivelarsi è sempre stato inequivocabilmente dalla parte delle vittime e dei poveri, di tutte quelle persone senza diritti e che non contano. Sono certa che anche oggi il Dio della vita, il Dio di Gesù Cristo, è a fianco di queste giovani donne migranti costrette a vendere il proprio corpo sulle nostre strade e si aspetta da noi, istituzioni civili ed ecclesiali e singoli cittadini, scelte coerenti e non ipocrite, a favore della difesa dei più deboli e della vita.

Pertanto alla luce di quanto sopra esposto, come responsabile del centro Casa Rut, aderisco a quanto espresso nel comunicato del coordinamento delle associazioni nel quale viene manifestata “seria preoccupazione” e “fermo dissenso” al disegno di legge sulle “Misure contro la prostituzione” da Lei stessa presentato insieme ai Ministri Maroni e Alfano. Sottoscriviamo inoltre il documento “Prostituzione e Tratta, Diritti e cittadinanza - Le proposte di chi opera sul campo” inviato al Governo dallo stesso coordinamento delle associazioni e sottoscritto anche da enti e organizzazioni del servizio pubblico e del privato sociale.

Credendo di farLe cosa gradita allego il libro- testimonianza “Non più schiave- Casa Rut il coraggio di una comunità” scaturito da questi lunghi anni di impegno e che ha cercato di dare voce al grido di dignità di tante giovani donne, vittime di questa infame schiavitù.

Nella fiducia che questo nostro contributo, scaturito da anni di appassionato servizio in questo campo, possa trovare in Lei positivo riscontro, porgo, anche a nome delle mie consorelle, delle numerose giovani insieme ai tanti bambini che attualmente abitano Casa Rut e del folto gruppo di volontari che ci coaudiano, un cordiale saluto.

Caserta, 14 settembre 2008 La responsabile

Sr. Rita Giaretta