lunedì 25 agosto 2008

Padre Rungi e le suore

Cari amici,

è notizia di queste ore che Padre Antonio Rungi, un mio "compaesano", ha lanciato un concorso di bellezza per suore. Lo scandalo e le critiche sono state tantissime, anche perchè l'iniziativa di padre Rungi è stata rilanciata dai media nazionali.

Oggi il suo sito era oscurato, ed ecco svelato il mistero: questa è l'intervista che ha dato a Petrus, quotidiano on-line. L'iniziativa di padre Antonio era chiaramente provocatoria...ma è servita?

Comunque gli attacchi e le offese a questo santo sacerdote che fa e si prodiga tanto per gli altri risultano del tutto gratuiti. Forse il suo sasso nello stagno poteva essere "fuori luogo" ed inopportuno ma il suo diritto di parlare e lanciare idee deve restare fuori discussione. Mi dispiace che sia stato costretto ad oscurare il suo blog da cui lanciava ogni tanto messaggi ed iniziative.

D'altra parte è verissimo che la vocazione alla vita religiosa per le donne è oggi trascurata e, a volte, attaccata. Un'amica suora di clausura mi disse di essere stata costretta a chiudere il sito del proprio monastero a causa di continui attacchi di haker che si divertivvano a denudare le immagini del sito.

Eppure i monasteri e le case religiose, con la loro vita di preghiera e apostolato, restano il sostegno invisibile su cui regge tanta parte della nostra Chiesa!

L'iniziativa di padre Rungi a questo punto più che destare scandalo dovrebbe destare ammirazione per l'intento vero: quello di accendere i riflettori su una realtà che spesso, noi tutti, possiamo trascurare.

alla prossima



“Un concorso di bellezza per Suore? Sì, ma di bellezza interiore”. La verità di Padre Antonio Rungi, il promotore di ‘Sister Italia’. Che rivela: “Sono stato frainteso e minacciato di morte”

di Gianluca Barile

CITTA’ DEL VATICANO - Insultato e minacciato di morte al telefono da anonimi interlocutori, ma la sua 'provocazione', assicura il teologo morale Padre Antonio Rungi (nella foto), il Passionista di Mondragone, in provincia di Caserta, che ha promosso un concorso in Internet per Suore, voleva solo far conoscere meglio chi ha deciso di trascorrere la propria vita in Monastero e richiamare l’attenzione sulla carenza di vocazioni tra le ragazze italiane, sempre meno portate ad indossare l’abito religioso. Il sacerdote racconta la sua verità in esclusiva a ‘Petrus’.

Padre Antonio, ‘Sister Italia’ (questo il nome della kermesse) ha sollevato un polverone prima ancora di iniziare…

“E’ vero, ma la mia iniziativa è stata fraintesa e trattata dai mass-media, in particolare da quelli laici, con malafede e con un malizioso difetto di comunicazione”.

Cosa intende dire?

“Semplice: non ho mai pensato o detto di voler organizzare un concorso di bellezza per Suore”.

Eppure sembrava così…

“Beh, si sa che l’apparenza inganna, soprattutto se è frutto di una volontaria manipolazione”.

Ma allora ci spieghi la Sua versione dei fatti…

“La verità è la seguente: intendo promuovere un concorso riservato solo ed esclusivamente alle Suore italiane, ma per mettere in risalto la loro bellezza interiore”.

Padre, starà mica ‘ritrattando’?

“Niente affatto. L’idea è stata sempre quella di realizzare un blog in cui pubblicare le foto delle Suore partecipanti al concorso, le loro storie personali, la descrizione di come vivono la loro missione, le immagini delle strutture religiose in cui operano. In base a questi elementi, i lettori avrebbero potuto votare la Suora spiritualmente più bella”.

Dunque, nessuna passerella?

“Ma, dico io, scherziamo? Solo a uno sprovveduto sarebbe potuta venire in mente una cosa del genere, e io tutto sono tranne che uno sprovveduto. Anche se, devo ammetterlo, non avrei trovato nulla di male se al mio concorso avesse partecipato anche quella bella e giovane Suora: la bellezza è un dono di Dio”.

Beh, certo è che alla notizia di un concorso di bellezza per Suore, il mondo cattolico si è ribellato immediatamente. Siti Internet, blog, portali di informazione, Tv, radio, carta stampata: c’è stata una sommossa popolare contro il Suo progetto…

“Beh, se lo vuole sapere, c’è stato anche qualche risultato positivo…”.

Prego, dica pure…

“La mia provocazione - perché che il concorso per Suore riguardi la bellezza interiore o esteriore non importa, la mia iniziativa è indubbiamente provocatoria - è servita a far accendere la luce dei riflettori sulla carenza sempre più cronica di Suore italiane”.

Perché si riferisce solo alle Suore italiane?

“Perché i nostri Monasteri sono ormai invasi da anni da Suore straniere che vengono in Italia solo per fuggire dalla fame che attanaglia i loro Paesi d’origine. Proviamo a fare un giro nei Monasteri: le poche Suore italiane rimaste superano abbondantemente i 60 anni, e la Chiesa fa poco per spingere le nostre ragazze ad abbracciare la vita religiosa. Me lo hanno fatto notare delle carissime Suore con cui ho organizzato la recita del Rosario in spiaggia sul litorale domiziano”.

Padre Rungi, La Sua è un’accusa gravissima.

“Ho solo detto come stanno le cose. In Italia la Chiesa fa poco o nulla per valorizzare il ruolo e l’immagine delle Suore, cosicché le poche rimaste difficilmente hanno una vita sociale - si pensi che molte di loro muoiono di tumore all’utero perché credono ancora che sia peccato andare dal ginecologo - e le giovani laiche non vengono messe adeguatamente a conoscenza della bellezza della vita monacale. Aggiungo una cosa: le Suore si sentono escluse dal mondo e vogliono iniziare ad utilizzare un linguaggio nuovo, compreso quello di Internet. Me lo hanno assicurato tante di loro”.

Scusi, ma ammesso e non concesso che le cose stiano effettivamente così, crede davvero che possa bastare un concorso in Rete per risolvere la questione?

“Beh, almeno io c’ho provato, ho lanciato il sassolino nello stagno, ma subito tutti a darmi addosso e a fare il processo alle intenzioni senza neanche vedere cosa volessi concretamente realizzare. Tutto ciò è assurdo! Mi hanno fatto passare per uno che non rispetta le Suore, proprio io che le ammiro a tal punto da volerne divulgare la bellezza spirituale! I miei detrattori pensino a denunciaro lo scempio dei film pornografici con le attrici vestire da Suore prima di aprire bocca su di me!”.

Tra una critica e l’altra, Le è giunto per caso anche qualche ‘richiamo’ da parte del Suo Vescovo o del Superiore Generale dei Passionisti?

“No, anche perché non ci sono gli estremi per alcun ammonimento: intanto la mia è solo un’idea - un’idea, lo ribadisco, che riguarda la promozione della bellezza interiore delle Suore - e poi non ho fatto nulla di male”.

Intanto il Suo blog è sparito da Internet…

“Sì, non è più on-line, l’ho tolto io, sto avendo troppi problemi e non è la visibilità ciò che voglio”.

Non c’è che dire, i problemi non Le stanno mancando…

“E’ vero, ma grazie a Dio non sono uno che si demoralizza. Anzi, mi ritengo tenace e combattivo”.

Tenace e combattivo sino a che punto?

“Se i miei superiori non avranno nulla da obiettare, il concorso si farà malgrado le polemiche, gli attacchi personali e le minacce”.

Minacce? A cosa si riferisce?

“Da quando si è saputo del mio concorso, ho ricevuto numerose offese e minacce di morte al telefono. Ma vado avanti per la mia strada, non mi faccio intimorire: a Mondragone si combatte quotidianamente con la triste realtà della camorra, figurarsi se mi faccio intimorire da qualche anonimo molestatore”.

Qual è stata l’offesa che l’ha ferità di più?

“Una persona del nord mi ha scritto una e-mail in cui sosteneva che solo un prete del sud come me avrebbe potuto partorire una simile idea. Questo mi ha ferito davvero tanto. Noi del Meridione siamo gente operosa”.

Cosa, invece, l’ha delusa maggiormente?

“A parte la strumentalizzazione della mia iniziativa-provocazione e la sua distorsione a fini mediatici, la mancata solidarietà da parte dei confratelli sacerdoti”.

giovedì 21 agosto 2008

Famiglia Cristiana c/governo

Cari amici,
alcuni giorni fa il direttiore del "Giornale", Mario Giordano, invocava l'esorcista per Famiglia Cristina rea di aver riportato il giudizio di una rivista francese sul possibile ritorno del fascismo in Italia.
Per la verità la rivista dei paolini sta ricevendo bordate ed accuse un po da tutti, non ultimo mons. Maggiolini il quale chiedeva di non distribuirla nelle parrocchie.
Oggi il famoso articolo della discordia è finalmente apparso, insieme ad una replica di Fc sulle polemiche degli ultimi giorni.
Ve li offro, insieme ad una mia riflessione.
Da tempo Fc va conducendo una battaglia nel merito dell'azione del governo Berlusconi: una critica sempre sufficientemente fondata e motivata, mai mossa da livore o pregiudizi. Capita però che il dibattito sul merito venga aggirato sollevando polemiche strumentali ed accuse ingiustificate di catto-comunismo o cripto-comunismo.
In questa polemica si è inserito il portavoce del vaticano partorendo una ovvietà: "Fc non è la voce della santa sede e della cei e si assume le responsabilità di ciò che scrive".
Era opportuno esprimersi e inserirsi in una polemica scatenata ad arte dalla maggioranza governativa? Che motivo c'era?
Il contesto dell'articolo di Fc è chiaro.
Il giornale è stato accusato strumentalmente di essere "comunista" e ha risposto per le rime. Lo ha fatto perchè ha una storia di anti-comunismo da difendere.
La cilegina sulla torta è la risibile dichiarazione di quell'anziano vescovo che commentava "uno dei casi di confusione provocato da organi di stampa che si dichiarano cattolici, ma intendono essere autonomi, in modo quasi assoluto". (la trovate più sotto)
Questa si che è una invasione di campo a gamba tesa e piedi uniti...
L'anziano vescovo specifica che "l’obbedienza ai Pastori stabiliti da Cristo, i quali guidano la Chiesa, non concerne soltanto dogmi e grandi principi morali: si estende anche alla zona delle indicazione prudenziali di direttive pratiche sulla presenza e l’attività dei cattolici nella società". Forse che vi sia stata qualche unitaria e prudenziale indicazione dei pastori sulla presenza e l'attività dei cattolici nella società, relativamente al governo Berlusconi? Forse che la Chiesa si sia in maniera unitaria espressa a favore dell'impronte digitale sui rom? in cosa Fc se ne sarebbe discostata?
Per questo continuo a non vedere l'utilità ecclesiale di simili dichiarazioni.

QUANDO I POLITICI FANNO DICHIARAZIONI SUPERFICIALI E IRRESPONSABILI

DRIBBLARE SUI FATTI
VIZIETTO DEGLI ONOREVOLI


A un politico di una certa età, che ha attraversato tutto l'arco costituzionale, dovrebbe essere chiaro da che parte siamo stati e stiamo. Eppure, anziché entrare nel merito dei problemi da noi sollevati, si continua con la facile accusa di cattocomunismo.

Una volta eravamo conosciuti come un giornale di gente coraggiosa, "inviati" che andavano nell’Est europeo, sfidando polizie occhiutissime, a cercare le testimonianze del lungo martirio dei cristiani sotto il comunismo. Uno di noi andò nel luogo natale del cardinale Mindszenty, allora esule volontario nell’ambasciata americana di Budapest, per raccontare la sua vita. Un altro si conquistò la fiducia del cardinale Wyszynski e per primo rivelò e documentò la nascente, eroica resistenza dei cattolici polacchi.

Andavamo in Urss a cercare contatti con il dissenso religioso, portando aiuto in denaro a famiglie perseguitate a causa della fede, in buste chiuse da nascondere agli occhi della polizia. Quando vent’anni fa uscì il libro di uno di noi sul Millennio dell’evangelizzazione della Rus’ di Kiev e sulla tragedia delle Chiese cristiane da Lenin fino ad Andropov, si ebbe l’elogio scritto di Giovanni Paolo II. Non siamo mai cambiati nel modo di affrontare le realtà del mondo con spirito di cristiani. Eppure, di tanto in tanto arrivano lettere: siete cattocomunisti. Perché? Perché critichiamo l’attuale Governo, come abbiamo fatto con tutti i Governi, anche democristiani, quando ci sembrava giusto e cristiano farlo.

Adesso la sciocca e inutile trovata di rilevare le impronte digitali ai bambini rom, aggiungendo violenza alla loro esistenza già piena di violenze anche da parte dei genitori, ha fatto scattare l’ira incontenibile di un politico, l’on. Giovanardi (dc, poi udc, ora Forza Italia e sottosegretario). Parlando di Famiglia Cristiana con un quotidiano "in rete", egli ha detto queste incredibili parole: «La maggior parte dei suoi articoli sono faziosi, usano un linguaggio degno dei centri sociali, come il Manifesto e Liberazione. Contesto il diritto di quel settimanale a essere venduto in chiesa e nelle parrocchie. Non rappresenta la vera dottrina della Chiesa e i cattolici se ne sono accorti. Insomma, si è convertito in un organo cattocomunista».

No, onorevole. Non siamo cattocomunisti. Tantomeno "criptocomunisti", come dichiarato dal loquacissimo Gasparri e da altri politici (Rotondi, Bertolini, Quagliariello), senza argomenti. Abbiamo definito "indecente" la proposta del ministro Maroni sui bambini rom, perché da un lato basta censirli, aiutarli a integrarsi con la società civile in cui vivono marginalizzati, ma dall’altro bisogna evitargli la vergogna di vedersi marcati per tutta la vita come membri di un gruppo etnico considerato in potenza tutto esposto alla criminalità.

Se ne sono accorti in tutta Europa, dove resta vivo l’orrore della discriminazione sociale delle minoranze: quella foto del bimbo ebreo nel ghetto di Varsavia con le mani alzate davanti alle Ss è venuta alla memoria come un simbolo. Per questo il Parlamento di Strasburgo e il Consiglio europeo hanno protestato. Esprit ha scritto: «Gli italiani sono incredibilmente duri contro i romeni e gli zingari». Sarà "incredibile", ma è vero. Speriamo che non si riveli mai vero il suo sospetto, che stia rinascendo da noi, sotto altre forme, il fascismo. Esprit non è cattocomunista.

Secondo Giovanardi non rappresentiamo la "vera dottrina della Chiesa". Nessuna autorità religiosa ci ha rimproverato nulla del genere. E lui non ha nessun titolo per giudicarci dal punto di vista teologico-dottrinale. Siamo stati, siamo e saremo sempre in prima linea su tutti i temi eticamente "irrinunciabili": divorzio, aborto, procreazione assistita, eutanasia, "dico", diritti della famiglia; abbiamo condannato l’inserimento dei radicali nelle liste del Pd. E ora basta.

Beppe Del Colle

LA LIBERTÀ DI STAMPA E LA GIUSTA PRECISAZIONE DI PADRE LOMBARDI

AUTONOMIA DI GIUDIZIO
MA SEMPRE FEDELI ALLA CHIESA


Il giornale cattolico, o cristiano, non è in senso stretto un giornale politico: non è a servizio di alcun partito, né si confonde con una precisa forza politica. Il giornale cattolico è palestra di opinioni, come tutti gli altri giornali, con riferimento alla luce ideale in cui si muove. Nessun argomento dev’essere tabù. Le opinioni possono essere dibattute, confrontate, chiarite, disapprovate, ma sempre in termini di rispetto. Tutti devono poter intervenire, tutti devono esporsi sul giornale. La politica del coprirsi e del coprire non serve a nulla

Mercoledì della scorsa settimana i quotidiani riportano un giudizio favorevole del settimanale statunitense Newsweek sui primi cento giorni del Governo Berlusconi, definiti nel titolo "un miracolo". Il giorno dopo i quotidiani anticipano un altro giudizio di un foglio straniero, il francese Esprit, che sta per uscire, sintetizzato, in un editoriale di Famiglia Cristiana (quello che appare in questo numero a pagina 23), in cui quel Governo è invece criticato.

Normale avvicendamento di opinioni politiche, espresse su riviste autorevoli? La logica vorrebbe che così fosse, ma il giudizio di Esprit è riportato da un settimanale cattolico, il più diffuso in Italia. Dunque, scandalo generale, titoli di fuoco, insulti dalla maggioranza: cattocomunisti, criptocomunisti, manganellatori fascisti. Interviene la Sala stampa vaticana, per bocca del direttore padre Lombardi, il quale precisa: «Famiglia Cristiana è una testata importante della realtà cattolica, ma non ha titolo per esprimere la linea né della Santa Sede né della Cei. Le sue posizioni sono responsabilità esclusiva della direzione».

"Sconfessione", addirittura "scomunica", commenta qualcuno. Beh, no. Pura e semplice verità. Famiglia Cristiana non solo non ha mai preteso di "esprimere la linea" politica della Santa Sede e della Cei, che hanno entrambe i loro giornali, ma ha sempre cercato di conformarsi al detto "in certis oboedientia, in dubiis libertas", confermato dal Vaticano II: totale, appassionata fedeltà alla dottrina della Chiesa, libertà di giudizio sulle vicende politiche e sociali fin dove non toccano i principi e i valori "irrinunciabili" che discendono dal Vangelo. Bastino due esempi tra tanti: i progetti avanzati dal Governo di Romano Prodi circa la legittimazione delle coppie di fatto e la proposta dell’attuale ministro Maroni di rilevare le impronte digitali ai bambini rom (da cui è nato il giudizio di Esprit in una complessa analisi dello stato della democrazia non soltanto in Italia, ma in tutta l’Europa). In entrambi i casi abbiamo ritenuto di non poter tacere la nostra opposizione e accettare l’invito a restare "super partes", che di tanto in tanto ci viene rivolto anche da un certo numero di nostri lettori. Nel giornalismo, "super partes" è poco più di un modo di dire, applicabile molto raramente, se non ci si vuole rassegnare al silenzio. A meno che, cent’anni dopo, non si voglia ripristinare per i cattolici il "non expedit". La democrazia è esattamente il contrario: esprimere in piena libertà i propri giudizi critici, in base a principi e valori – nel nostro caso quelli cristiani – condivisi da molti cittadini.

La stampa cattolica ha in più qualcosa che la differenzia da quasi tutto il resto dei media: non ha alle spalle nessun conflitto di interesse, pubblico o privato, non ha legami, né economici né politici, con nessun gruppo egemonico nella società civile. È più vicina ai poveri che ai ricchi. I settimanali diocesani sono delle Curie, Famiglia Cristiana e le riviste missionarie, e altre, sono edite in genere da Congregazioni religiose. A tutti è riconosciuta l’autonomia di giudizio, e la responsabilità su ciò che pubblicano appartiene alle rispettive direzioni.

Adesso che i cattolici, politicamente divisi, contano sempre meno a destra e a sinistra, è una linea non facile da mantenere. Ha scritto Franco Garelli su La Stampa: «In un tempo di grandi silenzi e allineamenti c’è una forza in queste prese di posizione da non sottovalutare, che ha i suoi costi sociali ma che è foriera di una presenza sociale più partecipe e riflessiva». Ben detto.

FAMIGLIA Cristiana, il settimanale dei Paolini, in questo periodo ha parlato di pericolo del reinsorgere di qualche forma di fascismo in Italia e si è espressa in chiari giudizi politici. L’Osservatore Romano ha precisato che quanto scritto da Famiglia Cristiana non manifesta la linea della Santa Sede. Qualche osservazione:

1)Con queste prese di posizione il problema del rapporto tra settimanale dei Paolini e la Santa Sede non rimane più entro gli ambiti della politica: diventa un problema ecclesiale. Don Antonio Sciortino, direttore del settimanale dei Paolini, afferma che Famiglia Cristiana «si muove in perfetta sintonia con il magistero della Chiesa e con la sua dottrina sociale». Padre Federico Lombardi assicura che Famiglia Cristiana «non ha titolo per esprimere la linea della Santa Sede e della Cei».

2)E’ questo, uno dei casi di confusione provocato da organi di stampa che si dichiarano cattolici, ma intendono essere autonomi, quasi in modo assoluto. L’obbedienza ai Pastori stabiliti da Cristo, i quali guidano la Chiesa, non concerne soltanto dogmi e grandi principi morali: si estende anche alla zona delle indicazione prudenziali di direttive pratiche sulla presenza e l’attività dei cattolici nella società.

3)Sarebbe stato meglio se i vescovi, a tempo opportuno, si fossero fatti sentire, non costringendo il Vaticano a queste polemiche.

4)Bisognerà vedere se sia opportuno mettere in fondo alla Chiesa delle parrocchie copie di Famiglia Cristiana da vendere, insieme all’Osservatore Romano, che pure non sembra estraneo al cattolicesimo. Non si divide così la Chiesa?

di Alessandro Maggiolini


domenica 3 agosto 2008

don Tonino Bello...e Martni:

Cari amici,

ieri sono tornato dalle mie vacanze salentine (Santa Maria di Leuca...un posto molto bello!).
Durante queste vacanze ho avuto modo di recarmi ad Alessano in visita alla tomba di don Tonino Bello.
Non conoscevo molto bene la figura di questo santo vescovo, ma ascoltando in macchina la sua ultima omelia (quella del giovedi santo 1993 pronunciata qualche giorno prima di morire stroncato da un male incurabile) mi colpirono moltissimo queste parole: "Oggi, come non mai, si sta prendendo coscienza dell'origine e del destino unico dell'umanità.....Vedrete come, fra poco, la fioritura della primavera spirituale inonderà il mondo, perché andiamo verso momenti splendidi della storia. Non andiamo verso la catastrofe. Ricordatevelo!".
Da allora ogni tanto quelle parole immediate e semplici (stavo per dire profetiche....ma non mi sento in grado di esprimere un simile giudizio) mi tornavano in mente di continuo, accompagnando la mia vacanza.
Parole semplici e chiare che parlano di speranza...proprio oggi nella cd "epoca delle passioni tristi".
Oggi leggo questo bell'articolo di Martini pubblicato da Avvenire che pare, nella sua semplice complessità (scusate l'ossimoro ma il card. Martini ha il dono di rendere semplici le cose difficili), esplicitare quella intuizione di don Tonino.
Mi sembra proprio un felice accostamento di parole per continuare la riflessione che mi piace, a questo punto, condividere con voi. Buona lettura

Quale cristianesimo nel mondo postmoderno

Da "Avvenire" di domenica 27 luglio 2008. Testo originale in "America" di maggio del 2008, ricavato da una conferenza del 3 maggio 2007 al XIVL capitolo generale dell'Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane di Roma

di Carlo Maria Martini


Che cosa posso dire sulla realtà della Chiesa cattolica oggi? Mi lascio ispirare dalle parole di un grande pensatore ed uomo di scienza russo, Pavel Florenskij, morto nel 1937 da martire per la sua fede cristiana: «Solo con l'esperienza immediata è possibile percepire e valutare la ricchezza della Chiesa». Per percepire e valutare le ricchezze della Chiesa bisogna attraversare l'esperienza della fede.

Sarebbe facile redigere una raccolta di lamentele piena di cose che non vanno molto bene nella nostra Chiesa, ma questo significherebbe adottare una visione superficiale e deprimente, e non guardare con gli occhi della fede, che sono gli occhi dell'amore. Naturalmente non dobbiamo chiudere gli occhi sui problemi, dobbiamo tuttavia cercare anzitutto di comprendere il quadro generale nel quale essi si situano.


UN PERIODO STRAORDINARIO NELLA STORIA DELLA CHIESA


Se dunque considero la situazione presente della Chiesa con gli occhi della fede, io vedo soprattutto due cose.

Primo, non vi è mai stato nella storia della Chiesa un periodo così felice come il nostro. La nostra Chiesa conosce la sua più grande diffusione geografica e culturale e si trova sostanzialmente unita nella fede, con l'eccezione dei tradizionalisti di Lefebvre.

Secondo, nella storia della teologia non vi è mai stato un periodo più ricco di quest'ultimo.

Persino nel IV secolo, il periodo dei grandi Padri della Cappadocia della Chiesa orientale e dei grandi Padri della Chiesa occidentale, come San Girolamo, Sant'Ambrogio e Sant'Agostino, non vi era un'altrettanto grande fioritura teologica.

È sufficiente ricordare i nomi di Henri de Lubac e Jean Daniélou, di Yves Congar, Hugo e Karl Rahner, di Hans Urs von Balthasar e del suo maestro Erich Przywara, di Oscar Cullmann, Martin Dibelius, Rudolf Bultmann, Karl Barth e dei grandi teologi americani come Reinhold Niebuhr - per non parlare dei teologi della liberazione (qualunque sia il giudizio che possiamo dare di loro, ora che ad essi viene prestata una nuova attenzione dalla Congregazione della Dottrina della fede) e molti altri ancora viventi. Ricordiamo anche i grandi teologi della Chiesa orientale dei quali conosciamo così poco, come Pavel Florenskij e Sergei Bulgakov.

Le opinioni su questi teologi possono essere molto diverse e variegate, ma essi certamente rappresentano un incredibile gruppo, come non è mai esistito nella Chiesa nei tempi passati.

Tutto ciò è avvenuto in un mondo carico di problemi e di sfide, come la ingiusta distribuzione delle ricchezze e delle risorse, la povertà e la fame, i problemi della violenza diffusa e del mantenimento della pace. È poi particolarmente vivo il problema della difficoltà di comprendere con chiarezza i limiti della legge civile in rapporto alla legge morale. Questi sono problemi molto reali, soprattutto in alcuni Paesi, e sono spesso oggetto di differenti letture che generano una dialettica anche molto accesa.

A volte sembra possibile immaginare che non tutti stiamo vivendo nello stesso periodo storico. Alcuni è come se stessero ancora vivendo nel tempo del Concilio di Trento, altri in quello del Concilio Vaticano Primo. Alcuni hanno bene assimilato il Concilio Vaticano Secondo, altri molto meno; altri ancora sono decisamente proiettati nel terzo millennio. Non siamo tutti veri contemporanei, e questo ha sempre rappresentato un grande fardello per la Chiesa e richiede moltissima pazienza e discernimento.

Ma preferisco accantonare almeno per il momento questo genere di problemi e considerare piuttosto la nostra situazione pedagogica e culturale con le conseguenti questioni collegate all'educazione e all'insegnamento.


UNA MENTALITÀ POSTMODERNA


Per cercare un dialogo proficuo tra la gente di questo mondo ed il Vangelo e per rinnovare la nostra pedagogia alla luce dell'esempio di Gesù, è importante osservare attentamente il cosiddetto mondo postmoderno, che costituisce il contesto di fondo di molti di questi problemi e ne condiziona le soluzioni.

Una mentalità postmoderna potrebbe essere definita in termini di opposizioni: un'atmosfera e un movimento di pensiero che si oppone al mondo così come lo abbiamo finora conosciuto. È una mentalità che si distacca spontaneamente dalla metafisica, dall'aristotelismo, dalla tradizione agostiniana e da Roma, considerata come la sede della Chiesa, e da molte altre cose.

Il pensare postmoderno è lontano dal precedente mondo cristiano platonico in cui erano dati per scontati la supremazia della verità e dei valori sui sentimenti, dell'intelligenza sulla volontà, dello spirito sulla carne, dell'unità sul pluralismo, dell'ascetismo sulla vitalità, dell'eternità sulla temporalità. Nel nostro mondo di oggi vi è infatti una istintiva preferenza per i sentimenti sulla volontà, per le impressioni sull'intelligenza, per una logica arbitraria e la ricerca del piacere su una moralità ascetica e coercitiva. Questo è un mondo in cui sono prioritari la sensibilità, l'emozione e l'attimo presente. L'esistenza umana diventa quindi un luogo in cui vi è libertà senza freni, in cui una persona esercita, o crede di poter esercitare, il suo personale arbitrio e la propria creatività.

Questo tempo è anche di reazione contro una mentalità eccessivamente razionale. La letteratura, l'arte, la musica e le nuove scienze umane (in particolare la psicoanalisi) rivelano come molte persone non credono più di vivere in un mondo guidato da leggi razionali, dove la civiltà occidentale è un modello da imitare nel mondo. Viene invece accettato che tutte le civiltà siano uguali, mentre prima si insisteva sulla cosiddetta tradizione classica. Oggi un po' tutto viene posto sullo stesso piano, perché non esistono più criteri con cui verificare che cosa sia una civiltà vera e autentica.

Vi è opposizione alla razionalità vista anche come fonte di violenza perché le persone ritengono che la razionalità può essere imposta in quanto vera.
Si preferisce ogni forma di dialogo e di scambio per il desiderio di essere sempre aperti agli altri e a ciò che è diverso, si è dubbiosi anche verso se stessi e non ci si fida di chi vuole affermare la propria identità con la forza. Questo è il motivo per cui il cristianesimo non viene accolto facilmente quando si presenta come la 'vera' religione. Ricordo un giovane che recentemente mi diceva: «Soprattutto, non mi dica che il cristianesimo è verità. Questo mi dà fastidio, mi blocca. È diverso che dire che il cristianesimo è bello...». La bellezza è preferibile alla verità.

In questo clima, la tecnologia non è più considerata uno strumento al servizio dell'umanità, ma un ambiente in cui si danno le nuove regole per interpretare il mondo: non esiste più l'essenza delle cose, ma solo l'utilizzo di esse per un certo fine determinato dalla volontà e dal desiderio di ciascuno.

In questo clima, è conseguente il rifiuto del senso del peccato e della redenzione. Si dice: «Tutti sono uguali, ma ogni persona è unica».

Esiste il diritto assoluto di essere unici e di affermare se stessi. Ogni regola morale è obsoleta. Non esiste più il peccato, né il perdono, né la redenzione e tanto meno il «rinnegare se stessi». La vita non può più essere vista come un sacrificio o una sofferenza.

Un'ultima caratteristica della postmodernità è il rifiuto di accettare qualunque cosa che sa di centralismo o di volontà di dirigere le cose dall'alto.

In questo modo di pensare vi è un «complesso anti-romano». Siamo ormai oltre il contesto in cui l'universale, ciò che era scritto, generale e senza tempo, contava di più; in cui ciò che era durevole e immutabile veniva preferito rispetto a ciò che era particolare, locale e datato. Oggi la preferenza è invece per una conoscenza più locale, pluralista, adattabile a circostanze e a tempi diversi.

Non voglio ora esprimere giudizi. Sarebbe necessario molto discernimento per distinguere il vero dal falso, che cosa viene detto con approssimazione da ciò che viene detto con precisione, che cosa è semplicemente una tendenza o una moda da ciò che è una dichiarazione importante e significativa. Ciò che mi preme sottolineare è che questa mentalità è ormai dappertutto, soprattutto presso i giovani, e bisogna tenerne conto.

Ma voglio aggiungere una cosa. Forse questa situazione è migliore di quella che esisteva prima. Perché il cristianesimo ha la possibilità di mostrare meglio il suo carattere di sfida, di oggettività, di realismo, di esercizio della vera libertà, di religione legata alla vita del corpo e non solo della mente. In un mondo come quello in cui viviamo oggi, il mistero di un Dio non disponibile e sempre sorprendente acquista maggiore bellezza; la fede compresa come un rischio diventa più attraente. Il cristianesimo appare più bello, più vicino alla gente, più vero.

Il mistero della Trinità appare come fonte di significato per la vita e un aiuto per comprendere il mistero dell'esistenza umana.


«ESAMINA TUTTO CON DISCERNIMENTO»


Insegnare la fede in questo mondo rappresenta nondimeno una sfida. Per essere preparati, bisogna fare proprie queste attitudini:

Non essere sorpreso dalla diversità. Non avere paura di ciò che è diverso o nuovo, ma consideralo come un dono di Dio. Prova ad essere capace di ascoltare cose molto diverse da quelle che normalmente pensi, ma senza giudicare immediatamente chi parla. Cerca di capire che cosa ti viene detto e gli argomenti fondamentali presentati. I giovani sono molto sensibili ad un atteggiamento di ascolto senza giudizi. Questa attitudine dà loro il coraggio di parlare di ciò che realmente sentono e di iniziare a distinguere che cosa è veramente vero da ciò che lo è soltanto in apparenza. Come dice San Paolo: «Esamina tutto con discernimento; conserva ciò che è vero; astieniti da ogni specie di male» (1 Ts 5:21-22).

Corri dei rischi. La fede è il grande rischio della vita. «Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà» (Mt. 16,25). Tutto deve essere dato via per Cristo e il suo Vangelo.

Sii amico dei poveri. Metti i poveri al centro della tua vita perché essi sono gli amici di Gesù che ha fatto di se stesso uno di loro.

Alimentati con il Vangelo. Come Gesù ci dice nel suo discorso sul pane della vita: «Perché il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo» (Gv. 6,33).


PREGHIERA, UMILTÀ E SILENZIO


Per aiutare a sviluppare queste attitudini, propongo quattro esercizi:

1. Lectio divina. È una raccomandazione di Giovanni Paolo II: «In particolare è necessario che l'ascolto della Parola diventi un incontro vitale, nell'antica e sempre valida tradizione della lectio divina che fa cogliere nel testo biblico la parola viva che interpella, orienta, plasma l'esistenza» ( Novo Millennio Ineunte, N. 39). «La Parola di Dio nutre la vita, la preghiera e il viaggio quotidiano, è il principio di unità della comunità in una unità di pensiero, l'ispirazione per il rinnovamento continuo e per la creatività apostolica» ( Ripartendo da Cristo, N. 24).

2. Autocontrollo. Dobbiamo imparare di nuovo che sapere opporsi alle proprie voglie è qualcosa di più gioioso delle concessioni continue che appaiono desiderabili ma che finiscono per generare noia e sazietà.

3. Silenzio. Dobbiamo allontanarci dalla insana schiavitù del rumore e delle chiacchiere senza fine, e trovare ogni giorno almeno mezz'ora di silenzio e mezza giornata ogni settimana per pensare a noi stessi, per riflettere e pregare.

Questo potrebbe sembrare difficile, ma quando si riesce a dare un esempio di pace interiore e tranquillità che nasce da tale esercizio, anche i giovani prendono coraggio e trovano in ciò una fonte di vita e di gioia mai provata prima.

4. Umiltà. Non credere che spetti a noi risolvere i grandi problemi dei nostri tempi. Lascia spazio allo Spirito Santo che lavora meglio di noi e più profondamente. Non cercare di soffocare lo Spirito negli altri, è lo Spirito che soffia. Piuttosto, sii pronto a cogliere le sue manifestazioni più sottili. Per questo hai bisogno di silenzio.