martedì 30 giugno 2015

Si ha paura di ciò che non si conosce

Si ha paura di ciò che non si conosce.
E’ una constatazione saggia che tutti sappiamo fare nelle varie circostanze della vita quotidiana.
La saggezza però in tanti di noi sparisce quando si approccia ad un tema caldo come quello dell’immigrazione.
In effetti nei nostri piccoli paesi, alle prese con i flussi di migranti da ospitare, nell’ambito delle operazioni di salvataggio nel Mar Mediterraneo si sparge ogni giorno in alcuni la diffidenza, in altri la netta contrarietà ad ospitare questi stranieri che non si conoscono.
Passavo in bicicletta l’altro giorno per le strade del mio paese e vedevo a piazza Vittoria un gruppetto di africani e a piazza Lombardi un gruppetto di rumeni. Tutti rigorosamente per se e tra di loro a parlottare.
In alcuni scene come queste generano diffidenza, in altri indifferenza, in molti rifiuto, in altri domande sul che fare.
Perchè?! Si ha paura di ciò che non si conosce.
Personalmente sentivo un sentimento di timidezza nell’allacciare rapporti, avrei voluto fermarmi a parlaci ma non sapevo proprio come fare. Un sentimento che vincerò! Intanto se li incontro al supermercato sono ben lieto di salutarli e scambiarci due chiacchiere.
Il fatto è che forse è giunto il momento di interrogarci e riflettere su come adottare una politica per la integrazione in Valle Caudina.
Certo occorre distinguere: ci sono stranieri irregolari , i richiedenti asilo , quelli che hanno un lavoro e infine  gli stranieri minori non accompagnati.
Ognuna di queste persone “straniere” si porta dietro una storia personale e un bagaglio di diritti e doveri legati alla propria condizione. Non tutti naturalmente possono restare in Italia, ma molti per un tempo più o meno lungo saranno nostri ospiti, a causa di una emergenza che certamente non abbiamo determinato noi italiani.
E’  un problema che le comunità locali devono iniziare ad affrontare istituzionalmente, non solo affidandosi al buon cuore di tanti.
Cosa possono fare allora le Istituzioni?
Dotarsi di strutture e acquisire competenze, come ad esempio ad Airola dove sta per sorgere nell’ex-macello un centro di servizi per gli immigrati che coprirà le esigenze dell’Ambito B3.
Soprattutto le istituzione devono tenere continui e reciproci contatti.
Quanto all’emergenza di questi giorni  che ha ricadute anche in Provincia di Benevento con l’apertura di centri per i richiedenti asilo in vari paesi, è importante, in assenza di auspicabili modifiche normative nel senso di un coinvolgimento maggiore delle comunità locali, rendere protagonista il ruolo del Consiglio Territoriale per l’Immigrazione istituito preso la Prefettura.
In effetti sarebbe saggio da parte della Prefettura dare ai cittadini dei centri interessati tutte le informazioni di competenza.
Ci sono state gare? Chi le ha vinte? Con quali progetti? Per fare cosa?Quanti saranno gli immigrati ospitati? cosa possono fare le Comunità locali, le associazioni etc per accogliere i migranti?
Sono notizie che le Prefettura deve assumersi la responsabilità di dare direttamente alla cittadinanza, senza ingenerare con questa omissione, esasperanti ed inutili dispute locali che vedono protagonisti sindaci e consigli comunali (coma abbiamo visto a Paolisi, Castelvenere, Cerreto Sannita ) spesse volte assurdamente privi di poteri nella gestione del fenomeno migratorio. Si cominci da subito, convocando il CTI di Benevento, viste le insistenti voci di apertura di nuovi centri.

Solo una cittadinanza consapevole, potrà essere realmente accogliente, cogliendo l’obiettivo della integrazione.