venerdì 29 febbraio 2008

Scuole private e pubbliche

Cari amici,

vi segnalo questo interessante dibattito su scuola pubblica e scuola privata.
Da un lato Giacomo Samek Lodovici sulle colonne di Avvenire difende la libertà di insegnamento arrivando a teorizzare che "
Lo Stato deve cioè garantire la possibilità che i genitori di sinistra possano mandare i figli in scuole di sinistra, quelli liberali in scuole liberali, quelli cattolici in scuole di ispirazione cattolica, ecc."; dall'altro Gian Antonio Stella lo rintuzza con uno stile tutto suo giocando sulla paradossalittà di tale tesi...


Soltanto una scuola libera sarà anche pertinente
GIACOMO SAMEK LODOVICI
I l tema della vita è entrato nella campagna elettorale: è troppo sperare che qualche partito si prodighi davvero per un altro valore non negoziabile come la libertà di educazione?
L’importante intervento del cardinale Scola all’Università Cattolica di Brescia, dove ha appunto auspicato l’esistenza di una pluralità di scuole e la realizzazione di una piena parità scolastica, potrebbe essere accusato di voler promuovere gli interessi di parte dei cattolici.
Ma l’esistenza di scuole non statali garantisce un principio morale fondamentale e irrinunciabile, che non è certo di parte: la libertà dei genitori di scegliere per i figli una scuola conforme alle proprie convinzioni. Infatti, la scuola dovrebbe proseguire il diritto naturale dei genitori di educare i figli, ed essere un complemento educativo della famiglia, mai un sostituto.
Ciò esige che lo Stato renda possibile una reale ed effettiva libertà di scelta, realizzando una vera parità scolastica e consentendo ai genitori di iscrivere i figli negli istituti più confacenti alle loro convinzioni. Lo Stato deve cioè garantire la possibilità che i genitori di sinistra possano mandare i figli in scuole di sinistra, quelli liberali in scuole liberali, quelli cattolici in scuole di ispirazione cattolica, ecc. Insomma, la posta in gioco non è la tutela degli interessi dei cattolici, bensì la salvaguardia della libertà delle famiglie di educare i figli secondo i propri valori e principi, quali che siano, purché non siano principi criminali.
Si dice che la scuola non statale è parziale, mentre la scuola dovrebbe essere indifferente-neutrale, presentando tutti i modelli di vita, in modo che lo studente scelga quello che più lo convince.
Ma, per poter scegliere, bisogna avere senso critico, ed è raro che un adolescente sia capace di discernere autonomamente, senza farsi condizionare. Non è dunque meglio che venga indirizzato dai genitori?
All’università, poi, sceglierà da solo.
Inoltre, una scuola indifferente-neutrale non è realizzabile, perché già solo per passare da un argomento al suo racconto è necessaria una presa di posizione circa i suoi aspetti più rilevanti: è necessaria una sintesi, e questa comporta una selezione, che è sempre frutto di scelte derivanti da criteri di pertinenza e di rilevanza.
Comunque, un sistema scolastico che riesce ad avvicinarsi ad essere indifferente-neutrale e non propone e non valorizza nessuna cultura e nessun modello di vita, in realtà fa una precisa scelta culturale: quella del relativismo, in cui tutte le opzioni sono sullo stesso piano, e facilmente ingenera nello studente una visione relativista.
Ciò non vuol dire che una scuola debba essere faziosa né autorizzare un docente a inculcare le proprie convinzioni agli studenti occultandone le debolezze, o censurando o indebolendo le tesi avverse. La scuola deve sviluppare il senso critico e l’autonomia di giudizio degli studenti, abilitandoli a valutare criticamente ciò che insegna loro.
Tuttavia, poiché la trasmissione culturale dovrebbe essere trasmissione della verità, la scuola dovrebbe trasmettere principalmente (non esclusivamente) la verità, cioè quelle tesi e quei valori che essa ed i genitori che l’hanno scelta considerano vere; il che non significa, bisogna ribadirlo, omettere le opposizioni e le obiezione significative a queste tesi.
Sarebbe veramente ora, come ha auspicato il cardinale Scola, che lo Stato realizzasse una vera parità di condizioni giuridiche ed economiche.



La pazza idea delle scuole divise per tribù

Stella Gian Antonio

La commissione per la Promozione della Virtù saudita è arrivata a suggerire il bando, tra le lettere latine, della «X»: somiglia a una croce. Un problema, se ci arrivassimo: come scrivi taxi, extra, xilografia, export o marxista? E poi, come la insegni a un bambino, senza questa «X», la moltiplicazione «2 X 2»? La domanda è meno surreale di quanto appaia. E sorge davanti a una curiosa tesi lanciata da un editoriale di Avvenire. Secondo il quale lo Stato dovrebbe «garantire che i genitori di sinistra possano mandare i figli in scuole di sinistra, quelli liberali in scuole liberali, quelli cattolici in scuole di ispirazione cattolica». Principio che automaticamente dovrebbe essere esteso, salvo forzature costituzionali, ad islamici e buddisti, geovisti e «scientologisti», induisti e animisti e cultori del wudu. Secondo Giacomo Samek Lodovici, infatti, è in ballo «un valore non negoziabile come la libertà di educazione». E «poiché la trasmissione culturale dovrebbe essere trasmissione della verità, la scuola dovrebbe trasmettere principalmente (non esclusivamente) la verità. Cioè quelle tesi e quei valori che essa e i genitori che l' hanno scelta considerano vere». Un papà e una mamma sono di sinistra? Hanno diritto a una scuola di sinistra. Sono di destra? Scuola di destra. Certo, c' è un problemino: «quale» sinistra? Quella bertinottiana o pecoraroscania, veltroniana o pannelliana, dilibertiana o turigliattiana? Mica facile, trovare la scuola giusta. E «quale» destra? Berlusconiana o finiana, buttiglionesca o mussoliniana, rotondiana o santanchesca? Quanta dose di simpatie trotzkiste può essere tollerabile per un bravo genitore post-diessino? Quanti fez e gagliardetti e busti del Capoccione possono essere accettati sopra l' armadio in classe da un bravo genitore liberale? E può essere davvero democratica una scuola non perfettamente aderente alle specifiche «verità» di Franco Giordano e Marco Ferrando, Salvatore Cannavò e Livio Maitan, Francesco Caruso e Luca Casarini? Immaginiamo già il primo incontro dei genitori-insegnanti: «Scusi, professore, ma lei non è in linea con la mia verità». Certo, per venti, trenta o quaranta milioni di precari sarebbe un' occasione unica. Potrebbero smettere d' invocare sempre più allievi disabili, veri, semi-veri e smaccatamente falsi per allargare il numero degli insegnanti di sostegno, che in Sicilia sono arrivati ad essere quasi il 18% del corpo docente, per spartirsi ciascuno una fettina di questo nuovo mercato. La scuola personalizzata. Su misura. Taglia 42 o taglia 58 drop sei a seconda di ciò che scelgono i papà e le mamme. E arriverebbe a compimento il percorso di un Paese dov' è ormai impossibile trovare un accordo anche sulla condivisione del punto e virgola. E dove finalmente, rinunciato una volta per tutte all' idea di una storia comune, ognuno potrebbe raccontarsi la «sua». Anzi, c' è chi dirà che non occorre neppure fare dei libri nuovi. Ci sono già. Siete genitori di sinistra? Ne «L' età contemporanea» di Ortoleva-Rivelli, i vostri figlioli possono leggere che la figura di Stalin «appariva rassicurante nella sua immensa autorità e nella sua salda permanenza al potere. Il timore da essa ispirato poteva quasi essere sentito positivamente, come il rispetto dovuto ad un' autorità dura ma giusta». Oppure, sul «Dizionario giuridico italiano-inglese» di Francesco De Franchis, che dopo il trionfo elettorale nel 2001 «il nuovo governo Berlusconi si presenta come una compagine all' altezza dei propositi, dal decreto salvaladri al condono edilizio, dal vecchio regime dei lavori pubblici alla virtuale abolizione del Secit: un free for all degno di Somoza». Per non parlare della differenza tra i lager nazisti e i gulag sovietici, spiegata negli «Elementi di Storia» di Camera-Fabietti, dove i primi furono la conseguenza «logica e necessaria» di un regime fondato «sulla sopraffazione e l' eliminazione delle "razze inferiori"», mentre l' «ignominia» dei secondi non va imputata al comunismo che «esprimeva l' esigenza di uguaglianza come premessa di libertà» ma al «tentativo utopico» di tradurre immediatamente «questo sacrosanto ideale» in atto o peggio ancora alla «conversione di Stalin al tradizionale imperialismo». Quanto ai genitori di destra, stiano tranquilli anche loro. Basterà dare più spazio a manuali come «I nuovi sentieri della Storia» di Federica Bellesini. Dove la differenza tra destra e sinistra storica viene ricostruita così: «Gli uomini della Destra erano aristocratici e grandi proprietari terrieri. Essi facevano politica al solo scopo di servire lo Stato e non per elevarsi socialmente o arricchirsi» mentre quelli della Sinistra, «erano professionisti, imprenditori e avvocati disposti a fare carriera in qualunque modo, talvolta sacrificando perfino il bene della nazione ai propri interessi». Troppo soft? Si può allargare a tutta la penisola la scelta fatta dalla professoressa Angela Pellicciari del romano «Lucrezio Caro» che ai suoi liceali, con il «Manifesto» di Marx e il Concordato, ha fatto adottare «Le conversazioni segrete» di Adolf Hitler, con commossa prefazione del neonazista Franco Freda: «Dinanzi alle parole e ai detti memorabili dei Capi e dei Maestri i semplici devoti devono stare in raccoglimento e osservare il silenzio». E perché non recuperare i buoni vecchi sussidiari di una volta? Lì sì che i bambini imparavano la meccanica! «Il passo romano è un esempio di moto uniforme». E pure la poesia: «Tu levi la piccola mano / con viso di luce irradiato / Tu sei quel bambino italiano, / che il Duce a cavallo, ha incontrato...». «E noi?», diranno i genitori leghisti. Ma certo, avanti le scuole padane. Con libri come «La storia della Lombardia a fumetti» distribuita dalla Regione. Dove c' era sì qualche sventurato strafalcione («Verso il 3000 dopo Cristo la civiltà camuna era piuttosto evoluta...») ma in compenso i rampolli celtici potevano leggere una nuova ricostruzione del Risorgimento: «alcune manovre e piccoli intrighi, certi eroismi e strani trattati avevano portato la penisola italiana a essere un unico regno...» O manuali come «Noi veneti» che, voluto e finanziato dalla Regione guidata da Galan, non aveva una riga su pittori come Giorgione o Tintoretto, Tiziano o Canaletto né su musicisti come Vivaldi o Albinoni o scrittori come Pietro Bembo o Ruzante, ma regalava una poesia di Catullo tradotta dal latino in dialetto: «Cossa de mejo gh' è del riposarse / infin, dal peso e dal strassinamento...». E poi spazio, ovvio, alle scuole musulmane. Dove i genitori, in nome della «loro» verità potrebbero chiedere lo stesso sussidiario su cui studiò Magdi Allam («L' imperialismo internazionale ha conficcato il cancro dell' entità sionista nel cuore del mondo arabo per ostacolare la nascita della Nazione araba accomunata dall' unità del sangue, della lingua, della storia, della geografia, della religione e del destino») o i manuali dei ragazzini palestinesi dove, come ha scritto Ernesto Galli della Loggia, su 28 carte geografiche non ce n' è una con Israele e puoi trovare ammonimenti come questo: «I vostri nemici cercano la vita, voi cercate la morte». E poi ancora scuole cattoliche senza Darwin e i neo-darwiniani e magari, come sognava il ministro della cultura dei gemelli Kaczynski in Polonia, senza Kafka, Dostoevskij e Goethe. E poi ancora scuole luterane e scuole valdesi e scuole anglicane e scuole di ogni genere su misura della «verità» scelta dai genitori. Tra i quali avranno soddisfazione, si spera, anche i comunisti coreani che potranno finalmente allevare i figlioli nel culto dell' «Adorato Kim Jong-il», che nei libri di testo sale in cima al monte Yongnam e declama celeste: «Corea, ti farò brillare!» * * * Un dizionario ironizza sul governo 2001 di Berlusconi, un testo di storia definisce Stalin «duro ma giusto» Tesi Il quotidiano della Cei «Avvenire» teorizza la necessità che lo Stato garantisca ai genitori la possibilità di scegliere istituti scolastici in linea con la loro ideologia

martedì 12 febbraio 2008

La voce dei vescovi

Cari amici,

oggi vi segnalo un passo del comunicato finale del del Consiglio permanente della CEI (Conferenza Episcopale Italiana). E' molto utile per capire dove punta la Chiesa Italiana oggi. Sono poche parole misurate, pesate e pensate che, lette insieme alla prolusione del Cardinale Bagnasco (Presidente della CEI - http://www.chiesacattolica.it/cci_new/PagineCCI/index1.jsp?idPagina=3), danno il quadro chiaro un discussione ampia e a tutto campo.

alla prossima

"Dal confronto all’interno del Consiglio Permanente è emerso con chiarezza che la fede cristiana è messa oggi alla prova da una duplice forma di irrilevanza. Da un lato, si è tentati da una sorta di “criptodiaspora”, che esaurisce l’agire ecclesiale all’interno delle comunità, privando l’annuncio della sua dimensione pubblica e sociale e confinandolo negli spazi dell’intimismo e dell’individualismo. Dall’altro, si fa strada una lettura del cristianesimo come “religione civile”, che toglie all’evangelizzazione la sua nota di eccedenza rispetto a ogni ideologia meramente umana. Di qui l’esigenza di proporre l’annuncio del Vangelo e la testimonianza ecclesiale secondo una modalità che sappia coniugare in maniera corretta la rilevanza pubblica della fede e la sua irriducibile trascendenza. La fatica più diffusa nelle comunità cristiane è proprio quella di fare della fede il criterio di valutazione dei fatti, diventando così capaci di orientare il cambiamento culturale e sociale, senza subirlo in maniera acritica e passiva. Alla luce di queste considerazioni di carattere generale, sono state individuate alcune sensibilità da risvegliare.
La prima consiste in una più puntuale attenzione alla formazione sociale, atteso che la speranza cristiana non è individualistica (cfr. Spe salvi, nn. 12-15). Di qui l’auspicio di preparare un documento che metta a tema, declinandone anche le modalità, l’attenzione al vissuto sociale all’interno dei percorsi di educazione alla vita cristiana. In una stagione caratterizzata da un generalizzato discredito nei confronti dell’azione politica, è necessario tornare a suscitare passione e interesse verso questa “eminente forma di carità” attraverso un rigoroso tirocinio, che punti alla riscoperta del volontariato e all’acquisizione della competenze necessarie per operare con frutto in tale ambito. In questa consapevolezza si inscrive anche la scelta di tornare in maniera sistematica e ragionata sulle tematiche affrontate quasi vent’anni fa dall’Episcopato nel documento Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e Mezzogiorno (18 ottobre 1989). Ciò avverrà mediante il coinvolgimento diretto dei Vescovi dell’Italia meridionale, in stretto dialogo con le Facoltà teologiche locali.
La seconda sensibilità – sulla quale ci si è già soffermati sopra – è riconducibile all’impegno a promuovere gli spazi di dialogo con le molteplici forme del sapere e della cultura contemporanea, non certo per imporre una determinata concezione antropologica, ma per far emergere le domande di fondo che albergano nel cuore dell’uomo e per cercare di trovare insieme le risposte adeguate.