martedì 3 aprile 2012

Una ricchezza da non sterilizzare

Al di là delle discussioni sul merito della  riforma del lavoro proposta dal ministro Fornero che ci appassioneranno nei prossimi mesi, oggi sembra abbastanza lecita ed utile qualche cosiderazione sulle prime reazioni delle parti sociali e del mondo politico,  specie in rapporto al variegato mondo dell'associazionismo cattolico.
In campo sindacale le prime reazioni paiono molto "politiche".
Come spiegare altrimenti un accordo, quello di CISL,UIL e UGL , concesso a verbale su un progetto non definito ed oggi già modificato;  oppure come spiegare un disaccordo, quello della CGIL, per alcuni versi abbastanza motivato ma dal sapore ideologico, quanto a declinazione concreta; oppure la posizione critica di Confindustria che pure ha ottenuto tanto sui licenziamenti economici!?
In parlamento i partiti sembrano “ingessati” nella necessità di presidiare la propria sfera di consenso sociale. Solo così si spiegano alcune posizioni fuori tono all’interno della maggioranza che sostiene questo governo e i niet delle opposizioni.
Tutte queste posizioni, tuttavia, sembrano comunque contestualizzate e ancorate al vissuto concreto della gente: i lavoratori, i cd esodati, gli imprenditori, le partite iva, i pensionati. Sindacati, partiti, governo, maggioranze, opposizioni in effetti sono alle prese con problemi molto seri. Pertanto già prendono posizioni, presidiano interessi, preparano discussioni ed iniziative, cecando di contestualizzarsi rappresentando possibili prospettive.
Di fronte a queste prime e generali reazioni del mondo politico e sindacale, nella galassia cattolica invece balza agli occhi un assordante silenzio, quello del “Forum delle persone ad associazioni di ispirazione cattolica nel Mondo del Lavoro”. Insomma il soggetto unitario di interlocuzione con la politica, l'organizzatore del seminario di Todi, non interloquisce affatto sulla riforma del mercato del lavoro, sulla riforma del proprio mondo. Di converso la posizione dei vescovi italiani, ed in particolare della loro espressione organizzata, la CEI, è stata immediata e mediaticamente efficace, ma sembra confusa tra profezia – Bregantini:“i lavoratori non sono merce!” - e attenzione “politica” alla coesione sociale – Bagnasco:“al di sopra di tutto c'è il bene del paese e quindi di tutti coloro che fanno il bene del paese, attraverso il lavoro e non solo” -.
Perché questo silenzio nel laicato?
Perché questa sorta di confusione nelle gerarchie?
Il Forum deve aver tempo per trovare una posizione condivisa? La CISL, tra i promotori del Forum, ha concordato con altri la propria ondivaga posizione in sede di trattative governative? I laici cattolici impegnati nel mondo del lavoro si sentono già abbastanza rappresentati dalle semplici dichiarazioni di principio dei vescovi? Non penso!
E allora? Soprattutto: cosa aspetta il Forum ad interloquire e far sentire la propria voce "unitaria"!? Che si aspetta a promuovere dibattiti e confronti, a cercare soluzioni possibili? Mah!? 
E' un fatto che le prime reazioni della galassia cattolica di fronte ad una riforma che scuote il mondo del lavoro e le fabbriche, appaiono in effetti silenti, confuse, disarticolate e fuori contesto.
Sarò radicale: forse occorre ripensare un certo modo di gestire i rapporti nella poliedrica galassia dell'associazionismo cattolico!
Basta con le associazioni di secondo livello, le associazioni di associazioni, che in concreto non riescono a sintetizzare alcunché, al di là delle buone intenzioni di chi vi partecipa, rischiando di apparire inutili vetrine! Il rischio  serio di tali strumenti potrebbe essere di confondere la ricerca della sintesi condivisa frutto del dialogo, con la semplice giustapposizione delle strutture organizzative giocata su programmi tanto annacquati ed ecumenici da apparire insipidi, privi di spessore e poco interessanti.
In effetti ci vorrebbe una rivoluzione copernicana nel pensare il ruolo del laicato cattolico nella società italiana. Non più cercare l’unità di voce, ma la pluralità delle voci; non più la linea condivisa ma la condivisione delle idee; non più l’unione sui temi e le proposte al fine di  rendere efficiente l’azione politica e sociale, ma il libero ed autonomo dibattito tra associazioni, senza pensarsi come detentori esclusivi del “verbo cattolico”. Pensata così, la diversità di visione e proposta tra associazioni cattoliche nel mondo del lavoro - ma anche in altri campi - sarebbe una ricchezza da sfruttare e non un problema da sterilizzare.
E’ utopico? Forse sì, ma così francamente non si può continuare!