lunedì 27 gennaio 2014

Scarano

Giuseppe Acocella è voce autorevole del laicato campano.
Lo abbiamo ascoltato per anni in tanti convegni e momenti formativi nelle nostre diocesi.
Recentemente ha rilasciato un'intervista per il Corriere del Mezzogiorno sul caso di mons. Scarano 
 Intervista tutta tesa a marcare la distanza tra la chiesa di Salerno e la figura del monsignore di curia oggi in carcere che faceva riferimento solo ad una certa Salerno "bene" lontana dalla Chiesa.
Mi ha molto colpito di quell'intervista il passaggio finale: 
«Io e quelli della mia generazione quando pensavamo alla figura del sacerdote, pensavamo 
ad una figura troppo grande, a personaggi straordinari. Ora proviamo schifo rispetto ad un
uomo che ha ingannato se stesso e il Padreterno, se mai ci riesce. E che non merita misericordia».
Anche io sono critico con questa vicenda e ricordo i rimbrotti di cari amici sacerdoti quando lessi "Vaticano spa" e, tra il serio ed il faceto, ne riportavo scandalizzato i contenuti quando ci incontravamo.
Tuttavia mi chiedo veramente se è possibile per un credente giungere ad affermare che un figlio di Dio non merita misericordia e fa schifo.
Lascia poi stupiti questo cuor di leone contro un indifeso, uno che è in carcere, dopo anni in cui si è avuta la possibilità di parlare in tanti contesti.
Io la possibilità di tenere una relazione non l'ho mai avuta e non ne sarei capace (come tanti di noi), il prof. Acocella invece si.
Si sveglia solo ora?
E' vero anche il papa ha avuto parole dure su mons. Scarano (non era certo la beata Imelda?!) forse dando la stura a questi atteggiamenti "garibaldini", cretamenti radicati in un animo che si è sentito ferito.
Ciò non toglie che uno dei precetti evangelici ci dica: "ero in carcere e mi siete venuti a trovare."
Lo so, è difficile, siamo indignati, ma vi chiedo: possiamo aver misericordia di mons. Nunzio Scarano?


L'INTERVISTA

Acocella: «Ha ingannato se stesso e Dio,
Scarano non può meritare misericordia»

L'intellettuale cattolico salernitano: «Ha infangato
la chiesa locale che è un mondo diverso dal suo»

Giuseppe Acocella, lei è autorevole espressione mondo cattolico salernitano. Cosa pensa del caso giudiziario che riguarda don Nunzio Scarano? 
«Ho appena letto dell'inchiesta. E' oltre il peggio che io potessi pensare».
Eppure don Nunzio non è stato una presenza di secondo piano a Salerno. 
«Confesso di essere stato ingenuo. Ciò che non mi è mai piaciuto di lui è stata la vanità esibita. Pensi che io e i miei amici che fin da ragazzini abbiamo frequentato la chiesa, ci siamo sempre ispirati alla sobrietà anche nel vestire».
Lui invece? 
«Mi è parso strano che fosse sempre tirato a lucido. Ma oltre non sapevo, resto sorpreso da questa infamia. Ho sempre guardato al sacerdote come ad una figura ideale. Questa è una brutta rappresentazione che la chiesa salernitana non merita. Qui abbiamo avuto sacerdoti santi, ad esempio Giovanni Pirone. E ce ne sono ancora».
Ma è possibile che don Nunzio non fosse chiacchierato? 
«Io vivo intensamente il mondo cattolico. Pensi che mia moglie mi rimprovera e dice: non mi accompagni mai a fare compere, ma se ti chiama un prete, corri da lui».
E proprio per questo, è possibile che don Nunzio non fosse oggetto di valutazioni nel mondo cattolico salernitano? 
«Lui ha avuto una vocazione adulta e non ha mai avuto grandi frequentazioni con la chiesa salernitana. E' sempre stato a Roma e noi sappiamo che in Vaticano si annidano molti nemici di Cristo».
Don Nunzio aveva pochi contatti con la chiesa salernitana. Però in città aveva molte frequentazioni. 
«Certo, frequentava il mondo della Salerno-bene che con la comunità ecclesiale non ha molto a che vedere. La comunità ecclesiale è fatta di gente comune, non gente d'oro, ma gente d'oratorio».
Possibile che nessuno nella comunità ecclesiale abbia detto: però quel don Nunzio... 
«Talvolta si sentiva dire della sua vita fastosa, dei suoi affari, di un accumulo di beni. Mi dolgo molto del fatto che nessuno dopo monsignor Grimaldi abbia avuto il coraggio di dire in modo diretto e franco che bisognava tenete alta la guardia».
La chiesa è stata in silenzio? Sapeva e non ha detto? 
«Scarano ha fatto di tutto per non avere rapporti organici con il clero salernitano. Frequentava il mondo civile che non chiamerei neppure laicato perché lo nobiliterei».
Nessun sentore che potesse... 
«Queste inchieste hanno sorpreso tutti noi. Molti diffidenti non hanno avuto modo di approfondire perché, ripeto, lui frequentava ambienti romani e non la nostra chiesa di territorio».
Qual è la chiesa di territorio? 
«Un mondo popolare, lontano dall'élite borghese. Per noi aver appreso queste notizie, la cosiddetta "bomba Scarano" è stato un duro colpo. Che offre una rappresentazione ingiusta anche del laicato salernitano. Le faccio una confidenza personale».
Prego. 
«Io e quelli della mia generazione quando pensavamo alla figura del sacerdote, pensavamo ad una figura troppo grande, a personaggi straordinari. Ora proviamo schifo rispetto ad un uomo che ha ingannato se stesso e il Padreterno, se mai ci riesce. E che non merita misericordia».

sabato 11 gennaio 2014

Caso De Girolamo

E’ vero! Tutti nel linguaggio privato utilizziamo parole che forse in pubblico mai useremo. Anche a me è capitato di dire e sentir dire in contesti privati di questo o quella persona parole poco commendevoli come “stronzo” .Per questo mi sento di esprimere una profonda solidarietà umana al ministro che è stato intercettato a sua insaputa in un ambiente che reputava familiare. Per me la regola del “non fare agli altri ciò che on vorresti fosse fatto a te” è molto importante. D’altra parte all’epoca il ministro era semplice parlamentare PDL. Forse, da quel che potrebbe sembrare, si lasciava andare ad atteggiamenti da ras o satrapo locale, ma non penso che ciò le possa essere imputato, visto anche il contesto della politica beneventana. Possiamo infatti affermare, senza paura di essere smentiti, che questa classe dirigente locale di tutti gli schieramenti è il prodotto di una selezione naturale che assume come “vincenti” i criteri della De Girolamo.Tante verginelle che la attaccano anche con parole dure, hanno parole credibili quanto la propria storia personale e politica. Pazienza se poi ci sia capitato un mio compagno di partito in queste conversazioni private. So che Carmine Valentino ha spalle larghe per sopportare questo ed altro.Ciò che invece mi preoccupa sono le posizioni politiche del ministro nel suo mandato, i suoi criteri di scelta. Sono le interviste che in questi mesi ha rilasciato. Sono gli interventi e gli annunci “mancati” che ha ritenuto di fare sull’area di crisi di Airola, alla ricerca del suo personale consenso. Il suo “conflitto d’interessi” col Consorzio Agrario, le nomine degli amici al ministero, la volontà di imporsi sul territorio senza confrontarsi con esso, il suo non smentire che l’ubicazione di un servizio pubblico sul territorio sarebbe decidibile in base al consenso che potrebbe fruttare… e non in base al bene comune.Questo si, che mi preoccupa e mi fa ritenere giusto un suo passo indietro, perché chi ragiona così non può continuare a rappresentare degnamente e con fiducia il Governo della Repubblica.La politica è prima servizio al bene comune e poi consenso. La ricerca del consenso per il consenso, del semplice e freddo dato numerico, è la malattia che ha prodotto questo distacco abissale tra gente e politica.La De Girolamo è il secondo ministro sannita dopo Mastella.Spero che il prossimo ministro sannita riscatti l’immagine di una Sannio “politico” che deve ancora maturare nel servizio al bene comune.


venerdì 3 gennaio 2014

GRILLISMO: è solo populismo?



Il rapporto con M5S appare oggi un nodo serio per il Partito Democratico.
Spiace dover tuttavia constatare che questo rapporto viene ignorato dai nostri dirigenti che a tutti i livelli paiono fermarsi alla superficie del cd “grillismo”, concentrandosi molto sull’aspetto della protesta grillina e non spingendosi a valutarne la proposta politica. Si arriva così a giudizi meramente liquidatori sul populismo grillino e non si traggono utili conseguenze per la nostra azione politica.
Un bel salto nell’analisi che rischia di ridimensionare le nostre potenzialità di consenso elettorale.
Eppure molti attivisti grillini – dobbiamo ammetterlo – sono elettori delusi di centrosinistra. Tanti di loro forse in tempi passati hanno votato Ulivo oppure Unione. Neanche questo ci interroga?!
In un suo recente testo Elisabetta Gualmini questa analisi la tenta e collega molto efficacemente il movimento grillino con la cd “rivoluzione silenziosa” teorizzata da Ronald Inglehart (lo studioso che ha coniato l’espressione “mobilitazione cognitiva”, tanto cara a Barca). Ebbene Gualmini a mio avviso ha visto giusto. Oggi iniziamo a vedere infatti i frutti di quella rivoluzione che la rete, l’aumento del tasso di scolarizzazione ed il cambio di paradigmi culturali ha portato nella società. Quella fine del ciclo individualista che tanti hanno scorto, forse si sta realizzando, con l’abbandono dei valori individuali e materiali e la valorizzazione di tutto ciò che fa “rete” , che fa “comunità.
Spiace constatare tuttavia che il Partito Democratico, nato proprio per cogliere sul piano politico questa virata e cavalcarla, è rimasto al palo. Perché?! Forse una risposta potrebbe stare nella declinazione dei temi e delle  priorità “reali” del partito. Una impostazione troppo ancorata a vecchi arnesi ideologici, ci ha impedito di cogliere due temi che i grillini invece hanno colto con lucidità nella propria proposta: l’ambiente ed il tema della partecipazione e moralizzazione della politica.
Su questi temi infatti il PD è stato oggettivamente inchiodato, scegliendo altre priorità, e non è riuscito ad interpretare la rivoluzione silenziosa di cui parlavo.
Sull’ambiente,  ci siamo lavati la coscienza inglobando qualche rappresentante ecologista che abbiamo esibito nelle liste, quando invece ci troviamo sui nostri territori gruppi di attivisti a cinque stelle che girano e documentano scempi, quasi come fossero una sezione di Legambiente. I nostri circoli territoriali, quelli più vicini alla gente, invece paiono non marcare quest’attenzione.
Sul tema della partecipazione e moralizzazione della politica, abbiamo spesso abdicato sul territorio al principio di partecipazione, acconciandoci ad essere spettatori di una politica fatta da capi e capetti. Diciamoci la verità: nel Pd sul territorio spesso contano di più padri e padrini politici – a volte proprio sul piano del vincolo di sangue - che non il “fare politica” con e tra la gente. Contano le “risposte” che si sanno dare ai singoli che non quelle che debbono essere date alle comunità. Il sistema delle sezioni è spesso preda dei giochi interni, non attraente per chi sta fuori ed ha tanti pregiudizi sulla politica ed i partiti.
Di chi la responsabilità?!Molta ricade su chi da Roma in giù, nell’indifferenza  di tanta parte della base, ha dato la direzione al partito fino ad oggi. La distonia tra Roma ed il territorio fino ad ora è stata evidentissima a tutti. Gli stessi amici grillini ce ne fanno una colpa, spiegandoci che “il re è nudo” Tuttavia ciò non deve fiaccarci perchè, come ricordo spesso, quello che per noi dirigenti locali conta è quello che facciamo “qui ed ora in questo pezzetto di mondo che è affidato alla nostra personale responsabilità”.
Allora penso di non sbagliare se aggiungo che una grossa responsabilità per questo stato di cose è anche in capo a noi dirigenti locali che spesso,per la piccola responsabilità affidataci,  non riusciamo ad essere propositivi ed a marcare la “differenza democratica” con quella coerenza che ci è richiesta. Spalancare le porte dei circoli, sfatare pregiudizi e remore di elettori e simpatizzanti, rendere le nostre strutture di partito case accoglienti per le voci dissenzienti: sono imperativi da non disattendere per chi voglia coerentemente essere democratico.
In questa sfida con il populismo grillino tuttavia noi abbiamo una marcia in più: abbiamo risolto il problema della selezione della classe dirigente che ci scegliamo liberamente e la struttura del partito ormai collaudata ci aiuta a rendere chiaro ed intellegibile il raccordo tra leaderschip ed elettorato. Soprattutto stiamo con fatica formando una nuova classe dirigente giovane che si sente già “comunità” di relazioni e di persone intorno ad un progetto politico. Non pensate che sia una cosa da poco! Il M5S questi passaggi ancora non li ha fatti e saranno per il movimento passaggi dolorosi..
Certo non possiamo accontentarci di questo e semmai  non guasterebbe anche sul territorio qualche azione concreta e forte: ad esempio il PD, per marcare una direzione unica, oppure i singoli circoli potrebbero iniziare col sollecitare le amministrazioni locali democratiche ad approvare i regolamenti attuativi dei referendum popolari locali che in tantissimi comuni mancano.
Da questo “poco” e da una maggiore coerenza democratica allora occorre ripartire. Penso infatti che così potremmo alla lunga anche trovare sinergie e punti di incontro programmatici con quei “dirigenti” grillini – uso le virgolette per rispetto visto che per loro “uno vale uno”- che oggi ci evitano sdegnosamente tacciandoci di incoerenza, ma in futuro, passata la fase maggiormente protestataria, potrebbero essere interessatissimi a realizzare con il consenso che il popolo gli riconosce e insieme con il PD concrete politiche – policies- a favore delle nostre comunità territoriali.