sabato 19 gennaio 2008

Così fan tutti!

Cari amici!

Il Re è nudo!
Ciò che tutti sapevano oggi è certo: la politica sannita è retta da un sistema clientelare con una logica talmente stringente che nessuno può sottrarvisi.
Le note vicende udeurrine hanno scoperchiato il vaso di Pandora di una politica in mano alle seconde e terze file a caccia di consensi clientelari per i propri capi.
Appalti pubblici e sanità sono i terreni di caccia preferiti!
Il clientelismo elevato con impudenza e spavalderia a sistema morale perchè "così fan tutti": ecco l'errore strategico commesso dall'Udeur. Un tragico errore politico! Lo chiamo tragico perchè ha compromesso l'idea stessa di politica come servizio per il bene comune alla quale io credo ancora.
Ho molti dubbi sulla rilevanza penale delle imputazioni addebitate; sono certo che la famiglia Mastella sia fatta di persone perbene, serie e rispettabili; tuttavia non posso non esprimere un severo giudizio morale su un modo di far politica del quale si sono fatti icona. Il bimbetto impudente che dice di essersi laureato con 110 e lode e di prendere a 24 anni 1800 euro in FinMeccanica è uno schiaffo a tanti suoi conterranei laureati a pieni voti che non lavorano perchè papà non è un pezzo grosso.
Non che altri partiti o fazioni siano immacolati! Anzi penso che forse il peggio lo dobbiamo ancora scoprire in Regione dalle parti di Bassolinoland e DeMitaland... per non parlare del centrodestra campano, salvo solo perchè non ha governato in questi anni.
Mastella però è un passo più avanti!
Ha preteso di dare un fondamento morale al suo sistema clientelare, capovolgendo i presupposti stessi dell'agire politico e strumentalizzando i valori del cattolicesimo democratico.
Penso che Dossetti si sia rivoltato nella tomba sentendo pronunciare questa parola da alcuni esponenti Udeur.
La sanzione per un simile comportamento non può che essere semplicemente politica.
A Mastella da oggi non potrà essere riconosciuta alcuna seria credenziale di politico cattolico.
Infatti ,per chi ci crede, la Politica è servizio al bene comune, non è potere.
In Politica il potere è un mezzo che non può mai prevalere sul servizio al bene comune che è il fine.
La lottizzazione dei posti, anche pubblici e specie laddove vi è una certa discrezionalità amministrativa e politica, ha una sua funzione politica purchè questo ordine di priorità (fine=servizio al bene comune, mezzo=avere potere) non venga sovvertito
Minacciare un prefetto, un sindaco, un dirigente pubblico millantando e brandendo il proprio potere ha poco del servizio al bene comune.
Se per lo sviluppo del mio comune è "bene comune" la creazione dell'area industriale, nessuno mi può minacciare di non far conseguire quel bene se non accontento quel determinato assessore (qui il criterio è il potere non il sevizio). Non esistono altri mezzi di pressione politica?
Se nel concorso come dirigente ospedaliero c'è una persona capace e meritevole scelta dal dirigente (il servizio al bene comune richiede che I capaci e meritevoli abbiano le giuste responsabilità), non posso brigare per non farglielo avere solo perchè fratello del tale avversario politico (ancora una volta il potere è il fine, non il servizio). Il criterio qual è? Il potere o mettere le persone giuste al posto giusto?
Se, nella nota vicenda della Comunità Montana del Taburno , si sono creati dissidi e conseguenti ricorsi al TAR, il generale principio di imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione (espressione del bene comune) avrebbe richiesto che non si facessero pressioni indebite sul Prefetto per fargli mutare parere. Le battaglie politiche non si vincono nelle aule di Tribunale!
Mastella, attraverso l'etica esplicita del "così fan tutti", è il garante morale di un gruppo di persone tra le quali è preponderante interpretare la politica in questo modo.
Sicuramente anche altri utilizzano gli stessi metodi, anche in maniera più sordida e prepotente, ma questo non giustifica in se questi metodi di lotta politica.
Le vicende di questi giorni mi paiono un sonoro monito per tutti i politici sanniti e mai le parole del sommo Dante sono state più appropriate: "mal segue sempre quello chi la giustizia e lui diparte".

venerdì 18 gennaio 2008

Marcello-Mastella e Dante

Cari amici,

oggi mi piace commentare le note vicende mastelliane con i versi del sommo poeta, Dante, il quale nel VI canto del Purgatorio finendo l'invettiva sull'Italia divisa (Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!), così descrive l'Italia al verso 124:

"le città d'Italia tutte piene
son di tiranni, e un Marcel diventa
ogne villan che parteggiando viene"

Ecco oggi Marcello- Mastella, che ha elevato la faziosità e il clientelismo a sistema morale, riceve, quale garante morale di un sistema di clientele per il quale non c'è sanzione penalmente rilevante (per molti degli episodi è difficile contestare la concussione), il giusto ludibrio mediatico, perchè (parole sagge del sommo poeta al VI CANTO del Paradiso)

"mal segue quello sempre chi la giustizia e lui diparte"

Non c'è alcuna giustificazione morale che possa tenere in piedi il sistema clientelare di fare politica in provincia di Benevento: neanche il fatto che tutti facciano così (la giustificazione pubblica di Marcello-Clemente).

alla prossima




martedì 15 gennaio 2008

Emergenza rifiuti

Cari amici,
oggi vi vorrei segnalare quest'articolo del nostro Vescovo, mons. Michele De Rosa, sull'emergenza rifiuti, apparso sulla pagina diocesana del Sannio.
A me è piaciuto molto perchè fuori dal coro e molto-ma-molto ragionato.
Raramente mi è capitato di condividere parola per parola un articolo di giornale, come questa volta...
Anche Avvenire lo ha pubblicato domenica scorsa.
Leggetelo e, se potete, diffondetelo.... perchè è molto istruttivo circa l'atteggiamento giusto con cui affrontare queste questioni che ci toccano tutti molto da vicino.

alla prossima







ANCHE NEL MIO CORTILE

di mons. Michele De Rosa

Il Consiglio dei Ministri dell’8 gennaio 2008 ha nominato l’ex capo di polizia, dott. Gianni De Gennaro, commissario straordinario per l’emergenza rifiuti in Campania, per un periodo di quattro mesi, nella speranza che dopo subentri l’amministrazione ordinaria che compete ai Comuni, alle Province e alla Regione.

Abbiamo assistito in questi anni allo scaricabarile delle responsabilità e al coro degli improperi contro i politici e i nostri governanti con la richiesta, come sempre avviene in questi casi, delle dimissioni.

In qualità di pastore di una comunità diocesana della Campania mi sono chiesto in questi anni: ma noi, semplici cittadini, potevamo fare qualcosa per contribuire, nel nostro piccolo, al superamento dell’emergenza rifiuti? Siamo nel giusto, in un atteggiamento collaborativo con i governanti che ci siamo scelti, quando chiediamo strade pulite e poi contestiamo tutte le decisioni di chi è deputato a prenderle se toccano il nostro cortile?

I politici hanno certo le loro responsabilità ma i cittadini della Campania non sono immuni da colpe.

L’atteggiamento che molti cittadini della Campania (non dimentichiamo la situazione virtuosa di Salerno città frutto della sinergia tra Comune, società pubbliche e Consorzio di bacino, e in parte della Provincia di Benevento) hanno avuto in questi anni relativamente al nostro problema è una manifestazione del fenomeno ormai diffuso in tutto il mondo sviluppato, noto come “Nimby”, acronimo inglese per “Not in my back yard” («non nel mio cortile »).

Si legge su Wikipedia, l’enciclopedia libera di Internet: “Nimby è un atteggiamento che si riscontra nelle proteste contro opere di interesse pubblico che hanno, o si teme possano avere, effetti negativi sui territori in cui verranno costruite come, ad esempio, grandi vie di comunicazione, sviluppi insediativi o industriali, termovalorizzatori, discariche, depositi di sostanze pericolose, centrali elettriche e simili”. Questo atteggiamento consiste nel riconoscere come necessari, e comunque possibili, gli oggetti del contendere, ma contemporaneamente nel non volerli nel proprio territorio temendo negativi impatti ambientali.

Le caratteristiche del Nimby sono soprattutto il localismo ( « non si contesta la legittimità delle opere, ma la loro collocazione ») e l’irrazionalità, come sottolinea ( n. 3) il “Messaggio dei Vescovi della Campania ai propri fedeli e agli uomini di buona volontà in difesa dell’ambiente”. Alla sua base poi ci sono due fatti opposti e correlati: la crisi della politica e la crescita dei movimenti localistici.

L’ostilità nei riguardi dei governanti affonda le sue radici nella convinzione che non è possibile cambiare in meglio lo stato delle cose con lo strumento politico perché il voto dei cittadini non vale nulla. Le decisioni vengono ormai prese da un nuovo moloch, costituito da forze impersonali, quali la globalizzazione e la tecnologia che rendono impossibile da parte del singolo il controllo del proprio destino.

Sorge allora una prospettiva più locale della politica, definita “neomunicipalismo”, la quale sostiene che i cittadini possono essere artefici del proprio futuro solo dentro una prospettiva territoriale.

Questa visione comporta un’ ottica “solo difensiva” dell’azione politica, che dovrebbe limitarsi a contrastare i processi globalizzati del proprio territorio di appartenenza.

E’ evidente che tale modo di pensare parte dall’appannamento dell’idea che esiste un bene comune su base superterritoriale e nazionale. Il concetto di interesse collettivo infatti richiede un’idea universale di bene, valida per tutti.

Ma allora non c’è speranza che le cose possano cambiare? Una via c’è.

Nelle discussioni che riguardano la qualità della vita di una comunità l’approccio implica due vincoli: il governo (governance), che obbliga gli amministratori pubblici a coinvolgere nelle decisioni anche la popolazione e i portatori di interesse locale, e l’ “etica dell’intesa” che prevede diritti e doveri reciproci con possibilità di sanzioni e ricorso anche alla forza della legge da parte dello Stato nel caso in cui, dopo il raggiungimento di un vasto consenso, siano posti in essere impedimenti da parte di una minoranza agguerrita e violenta.

Le parole-chiave, insomma, sono rispetto e fiducia nel prossimo. Due buoni propositi per l’anno nuovo che auguro a tutti, specialmente ai Campani, sereno e felice.

+ Michele De Rosa

vescovo di

CERRETO SANNITA-TELESE-SANT’AGATA DE’ GOTI

martedì 8 gennaio 2008

La moratoria sull'aborto

Cari amici


oggi vi segnalo questo articolo dell'ottimo Pierluigi Battista apparso sul corsera di ieri...
Mi colpisce sempre vedere pubblicate cose del genere da tribune serie ed autorevoli come il Corriere. Superano lo "scontato senza novità" del solito giornaletto apologetico....
Il corsera viene considerato more solito stampa laicista.
Penso invece che non sia sempre vero; questo articolo ne è una lampante dimostrazione.
La battaglia contro l'aborto è prima di tutto una battaglia culturale. Prima deve imporsi nelle coscienze e nei cuori....questo è veramente importante! La moratoria sull'aborto, se intesa come battaglia culturale, è un'ottima battaglia. Così la combatterò anche io....senza falsi tabù come la 194 (di Battista e di tutti gli altri non condivido il reputare la 194 come un equilibrio "per principio" intoccabile...manco fosse l'articolo 1 della costituzione)

alla prossima


La 194 non si tocca ma l' aborto ci tocca

E' possibile essere insieme contro l' aborto in linea di principio e a favore di una legge che ne consenta, sulla base di regole ragionevoli, il ricorso? Gli integralisti dicono di no. Dicono di no gli integralisti laici, secondo i quali persino i più elementari interrogativi della coscienza altro non sarebbero che munizioni per demolire crudelmente la legge 194. Dicono di no gli integralisti religiosi, secondo i quali è intollerabile che una legge rinunci a reprimere e sanzionare una pratica abominevole. Dicono di no gli integralisti della logica, secondo i quali, «more geometrico», una legge non può che essere il frutto di un metodo rigorosamente deduttivo e che dunque come tale non sopporta il peso di contraddizioni, sfumature, mediazioni. E invece, distinguere tra cultura e legge è l' unica salvezza. È l' unico modo per continuare a pensare. È l' unica arma per tener desta una sensibilità intorpidita senza venir meno a un punto di riferimento ispirato dalla saggezza e dal buon senso: che peggio dell' aborto c' è solo l' aborto clandestino. Se non si dà ascolto alla variopinta schiera degli integralisti e ci si libera da questa tenaglia asfissiante, forse allora si può ricominciare a parlare. Giuliano Ferrara non vuole rimettere in discussione una legge (salvo ritocchi e aggiornamenti condivisi, così pare da un' intervista apparsa su l' Unità, anche da strenui alfieri del laicismo come Silvio Viale) ma sfidare il senso comune sulla base di un argomento culturale. Come facciamo noi laici, noi non credenti, noi così ferventi fautori dell' estensione di ogni diritto, noi che consideriamo imprescindibili le virtuose dichiarazioni sancite dalle Nazioni Unite, noi che sobbalziamo sgomenti e compassionevoli di fronte a ogni violazione (purtroppo frequentissima e quasi sempre impunita) dei fondamentali diritti di libertà in ogni angolo del globo terrestre, noi che vogliamo la pace perché ci fanno orrore i lutti e le devastazioni della guerra, noi che rigettiamo ogni genere di discriminazione, noi che siamo sensibili alle conquiste che incrementano la libertà di ogni individuo, come facciamo noi a non capire qual è il prezzo dell' aborto? Come facciamo noi laici (lo diceva con ammirevole e straordinaria lucidità il laico Norberto Bobbio in un' intervista rilasciata nel 1981 a Giulio Nascimbeni per il Corriere della Sera) a non capire che la soppressione di una vita, specie se piccola e muta e indifesa, non è materia da lasciare al monopolio morale dei credenti ma, come usa dire di questi tempi, «interpella» primi fra tutti noi stessi, la nostra coscienza, il nostro modo di comprendere culturalmente le cose, di dare «laicamente» voce ai temi rimossi della vita e della morte? La 194 non si tocca. Punto. Ma da quando in qua anche la cultura deve aspirare a uno statuto di sacrale intoccabilità, pretendere per sé un pregiudizio di immutabilità che rende letteralmente impossibile il dialogare civile tra argomenti contrapposti e articolati, si deve presumere, in perfetta buona fede e senza innominabili secondi fini? Non è poco, pochissimo «laico» sottrarsi alle domande o eluderle parlando d' altro, magari destreggiandosi tra poco onorevoli processi alle intenzioni? La 194 non si tocca. Ma l' orrore dell' aborto deve toccarci, oppure no?

Battista Pierluigi

venerdì 4 gennaio 2008

RUINI E LA 194

Cari amici,

oggi su sollecitazione di un amico sacerdote, vorrei affrontare il tema delle ultimissime dichiarazioni in merito alla legge 194 rilasciate dal card. Ruini, ex presidente della Cei. Riporto testuale la dichiarazione:

«Credo - afferma il vicario del Papa - che dopo il risultato felice ottenuto riguardo alla pena di morte fosse molto logico richiamare il tema dell'aborto e chiedere una moratoria quantomeno per stimolare, risvegliare le coscienze di tutti, per aiutare a rendersi conto che il bambino in seno alla madre è davvero un essere umano e che la sua soppressione è inevitabilmente la soppressione di un essere umano». «In secondo luogo - sottolinea l'ex presidente della Cei - si può sperare che da questa moratoria venga anche uno stimolo per l'Italia, quantomeno per applicare integralmente la legge sull'aborto che dice di essere legge che intende difendere la vita, quindi applicare questa legge in quelle parti che davvero possono essere di difesa della vita e forse, a 30 anni ormai dalla legge - aggiunge Ruini - aggiornarla al progresso scientifico che ad esempio ha fatto fare grandi passi avanti alla sopravvivenza dei bambini prematuri. Diventa veramente inammissibile procedere all'aborto ad una età del feto nella quale egli potrebbe vivere anche da solo».

COMMENTO:
1)Sono moltissimo d'accordo con la moratoria sull'aborto che, se non altro, sollecita l'apertura di un dibattito su questi temi che spero sia serio e non ideologico.

2)Anche sull'applicazione INTEGRALE della 194 devono farsi molti passi in avanti soprattutto in merito al ruolo dei consultori e alla dotazione economica degli stessi, sempre nel rispetto della lettera dell'art. 5 della 194 che recita " Il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre a dover garantire I necessari accertamenti medici, hanno il compito in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall'incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della gestante,di esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito"

3)L'ultimo appunto sul progresso scientifico invece non lo capisco proprio. L'aborto è consentito ai sensi dell'art. 4 della 194 "entro I primi novanta giorni, alla donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito"

Oltre il 90° giorno l'aborto è ammesso in due ipotesi con relativa sanzione penale:

1)IMPOSSIBILITà VITA AUTONOMA DEL FETO, alle seguenti alternative condizioni: A) grave pericolo di vita della madre; B) patologie che comportino pericoli per la salute della madre.

2)POSSIBILIA' DI VITA AUTONOMA DEL FETO alle seguenti condizioni: pericolo di vita della madre e adozione di misure atte a salvaguardare la vita del feto.

Visto che non si ha notizia di feti prematuri entro le 12 settimane per I quali ci sia possibilità di vita autonoma (almeno per quanto a me risulta), sembra chiaro che la legge 194, circa feti prematuri oltre le 12 settimane, lascia al medico la valutazione del singolo caso sulla sussistenza di condizioni per la possibile interruzione di gravidanza (possibilità di vita autonoma e pericolo di vita per la madre e patologie del feto); anche se devo sottolineare che non è affatto detto che la vita della madre sia SEMPRE più importante della vita del figlio per cui dal punto di vista morale l'equilibrio dei valori ingioco sancito dalla 194 è molto discutibile! Non mi addentro su quest'ultima questione perchè tanti ne sapranno su questo tema molto e meglio di me.

Tuttavia non può non rilevarsi che I termini e le problematiche della questione legislativa sollevata siano da porsi in maniera alquanto diversa, sostanzialmente più puntuale e dettagliata, dalla prospettiva parziale del cardinale.

Di quale aggiornamento parla il cardinale riferendosi alla "inammissibilità" dell'aborto per I prematuri?
Se il fine è discutere la 194, il discorso del cardinale potrebbe portare all'introduzione di un limite (dalla 12 esima settimana in poi di gestazione) oltre il quale l'interruzione di gravidanza sarebbe sarebbe reato sempre e comunque ovvero un limite penalmente sanzionato oltre il quale l'interruzione di gravidanza sarebbe possibile solo a condizione di prendere tutte le misure atte alla salvaguardia della vita del feto?

Servirebbe?

Non stravolgerebbe tutto l'impianto della legge?

Oggi, a legislazione invariata, il limite è convenzionalmente considerato dai medici intorno alla 24esima settimana e molti ospedali con propri codici interni di autoregolamentazione, non ultimi quelli di Milano, lo abbassano fino alla 21esima settimana.

Perchè, volendo fare un esempio, oltre la 20esima settimana l'aborto sarebbe sempre e comunque reato, mentre prima non lo sarebbe se la madre fosse in pericolo di vita? Non ci sarebbe disparità di trattamento tra casi simili? Visto il delicato equilibrio dei valori ingioco stabilito dalla 194 e anche sancito da sentenze della Corte Costituzionale, non ci sarebbero profili di incostituzionalità di una siffatta norma? Non si andrebbe ad intaccare il delicato equilibrio normativo della 194?


Esiste una evidenza scientifica, uno studio che indichi che la settimana di gestazione a partire dalla quale il 100% dei feti ha capacità di vita autonoma?

Infine la domanda, secondo me, capitale: la valutazione della "possibilità di vita autonoma del feto" deve essere operata dalla legge una-volta-per-tutte o dal medico (singolo o in equipe) per ogni singolo caso?

Si ripropongono qui I dilemmi della legge 40/04 circa l'impianto dei 3 embrioni.

Cosa compete alla scienza medica e cosa alla legge positiva?

Personalmente ritengo di avere molto ben chiari I valori fondamentali di rispetto della vita fin dal concepimento, ma qui si sconfina in un campo "filosofico" in cui le competenze dei diversi "saperi" si sovrappongono.

Se è vero che la scienza non può darsi da se I valori (ce lo dicono la chiesa ma anche tanti filosofi "laici"), è anche vero che le valutazioni scientifiche (la valutazione delle possibilità di vita autonoma del feto è tra queste) vanno fatte dalle persona competenti a farle. Il punto potrebbe essere: ci fidiamo di queste persone competenti, di questi medici? le riteniamo comunque per definizione senza "coscienza"?

Forse la soluzione potrebbe essere quella di imporre I codici di autoregolamentazione, sanzionabili disciplinarmente, a tutte le strutture che operano le interruzioni di gravidanza, ponendo anche dei paletti entro cui tal codici dovranno muoversi e imponendo un termine per la loro adozione.

D'altra parte il Catechismo della Chiesa Cattolica al n° 2773 dice che gli attentati alla vita del nascituro devono avere "sanzioni penali appropriate"; penso che inserire nuove figure di reato in una legialazione permissiva come quella della 194 sarebbe appunto poco appropriato.