lunedì 24 agosto 2015

Verso Firenze 2015

Essere delegato al Convegno Nazionale di Firenze per la mia piccola Diocesi è un impegno stimolante che mi spinge in questo periodo  a riflettere molto sul momento attuale della Chiesa italiana, dal mio piccolo punto di osservazione  di laico da sempre ecclesialmente impegnato, da qualche tempo prestato alla “vita da militante” di uno dei tanti vituperati partiti politici. In un piccolo paese del sud.
Nato in un contesto ecclesiale diverso, ancora segnato dall’approccio che voleva una Chiesa “presente” nel dibattito pubblico con un preciso programma valoriale incentrato sui cd “valori non negoziabili”, oggi il Convegno fiorentino promette di essere una nuova “Loreto 1985”. Il dibattito ormai è aperto. Tutti ci chiediamo cosa emergerà da questo dibattito pubblico della Chiesa italiana. Si preannuncia un intervento di papa Francesco il 10 novembre che segnerà sicuramente una svolta. La stessa organizzazione dei lavori promette una discussione ampia tra i delegati da tutte le diocesi d’Italia. Quale svolta ci attende? Può essere un ritorno a prima di Loreto, come alcuni possono augurarsi? Non credo. Dobbi9amo sintonizzarci sui tempi nuovi che non sono quelli di Lazzati, Scoppola, Sorge e Bartoletti.
Intanto mi sembra utile riportare alcuni umori raccolti in giro per le parrocchie della mia diocesi.
Infatti in diocesi abbiamo già riunito alcuni operatori pastorali per riflettere e lo faremo anche nel prossimo convegno diocesano. Anche i sacerdoti hanno riflettuto tra di loro. Dai primi incontri a cui ho partecipato, per portare a Firenze il pensiero di tutti e non il mio, ho visto in molti laici - quelle persone semplici che dedicano il proprio tempo libero ed i propri personali sacrifici alla pastorale, costituendo l'asse portante delle nostre parrocchie- un forte interesse per questo momento ecclesiale. C’è stato entusiasmo nel riflettere nei gruppi sulle cinque vie che animeranno il dibattito nel convegno. Soprattutto ho letto in tutti una grossa fiducia in papa Francesco e nella coerenza dei gesti che lui sa impersonare. In molti c’è la presa di consapevolezza che come laici non dobbiamo farci condizionare dalle culture dominanti e dobbiamo prendere l’iniziativa senza aspettare di poter essere una massa, proprio  nella logica del piccolo gregge e nella consapevolezza che la nostra grande forza è la conoscenza del nostro territorio. Una conoscenza che ci permette di abitarlo facendoci prossimi a tutti. C’è tanta voglia di uscire dalle sagrestie! In alcuni è emersa la voglia di comprendere come possano costruirsi relazioni che scoprano “una gioia della gratuità solida e duratura?” (la seconda domanda della via Educare). Aspettano le risposte di Firenze! Molti chiedono di moltiplicare i momenti di riflessione e ascolto comunitario della Parola. Del resto posso testimoniare tangibilmente che nella mia piccola realtà parrocchiale spopolano i gruppi whatapp tra i fedeli. C’è quello del coro, quello dell’AC, quello dei giovani, quello della parrocchia e della messa domenicale. Piccole iniziative come quella di condividere la parola del giorno e una breve riflessione riscuotono molto successo. Insomma: vedo nella base del laicato un clima ecclesiale vivace e non spento. Restano tuttavia per lo più intatte le “tare” del mondo cattolico più impegnato e di elite, anche se dobbiamo pur ricordare con Mario Pomilio che: “E’ difficile per il cattolico affrancarsi del tutto da una timidezza che lo rende esitante a muovere i propri passi da solo e gli fa dimenticare che, se siamo fatti liberi, teologicamente di perderci, saremo liberi mondanamente di sbagliare. E’ difficile smuoversi dalla preoccupazione di testimoniare Dio o, peggio, dall’orgoglio di parlare in nome di Dio….il cristiano è ancora presa dell’antica debolezza di non osare i propri passi nel mondo senza un rapporto oracolare con l’a priori; nelle battaglie del mondo egli pare voler portare con se l’Arca Santa, come l’antico Israele…(Mario Pomilio, Scritti cristiani pag 53-54).
Questi brevi spunti ed altri ancora che verranno dalla mia comunità ecclesiale nei prossimi mesi, saranno il bagaglio che porterò con me a Firenze.
Personalmente ritengo che il Convegno nazionale dovrà dare la risposta di oggi alle grandi sfide epocali che sono maturate in questi venti anni nella società italiana. Quali sono queste sfide?
La risposta ancora una volta è nell’agire di papa Francesco. Chiediamoci perchè riscuote questo grande successo nella base ecclesiale. La mia risposta è: perchè papa Francecso con i gesti interpreta queste nuove sfide. Un Papa che, così costruisce una leadership non solo spirituale ma anche popolare, in quanto il popolo che lo ascolta si sente letto ed interpretato dalle sue parole e dai suoi gesti, trovando le risposte alle proprie domande.
In effetti il Papa ha messo al centro un metodo, impostando il suo pontificato sul principio di sinodalità, riscoperto in quella serata emozionante quando si presentò come vescovo di Roma. Un principio che anche lui mostra di aver imparato nella prassi pastorale, partendo da posizioni diverse. Ora lo insegna e si sforza di metterlo in pratica, correndone i rischi. In ambito laico e mondano questo principio di sinodalità possiamo tradurlo con il principio di partecipazione democratica. Oggi la Chiesa italiana è quindi chiamata a promuovere in tutti i livelli proprio questo principio che chiameremo ab intra sinodalità ed ad extra “partecipazione democratica”. Se ci facciamo caso è anche il fulcro del discorso su De Gasperi di Mons. Galantino. Pertanto già oggi la Chiesa potrebbe osare di dare un criterio ai cattolici impegnati in politica: impegnatevi solo in quelle formazioni politiche dove è garantito realmente il principio di partecipazione democratica e, nella legittimità della battaglia politica, non mettetevi al servizio dell’interesse personale dei capi ma dell’interesse del popolo. Questo è quindi quanto al metodo!
Veniamo invece ai contenuti, alle priorità di questo impegno.
Infatti l’enciclica “Laudato Si” contiene un passo che secondo me è la chiave di volta che apre uno squarcio sul futuro. Eccolo:” oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri.”
Si saldano allora i due principi tanto cari a molti: tutelare l’ambiente/il creato e affrancare gli uomini dalla povertà. Due principi che, grazie all’insegnamento di papa Francesco, hanno ri-conquistato pari importanza dei cd valori non negoziabili (vita famiglia educazione). Valori importanti ma lontani purtroppo dalla scala delle priorità di un popolo in crisi valoriale ed economica. Francesco ha il merito di averli illuminati con la sua prima enciclica ecologica, sintonizzando la Chiesa sul sentire del popolo, scoprendo il nesso tra queste due grida (quello della terra e quello dei poveri) e indicandoci quindi due strade sicure e prioritarie di impegno: sinodalità e attenzine al grido della terra e dei poveri.
Spero tanto che a Firenze se ne ragioni con lucidità, anche perché la crisi economica di oggi è prima di tutto crisi valoriale legata alla incapacità delle attuali classi dirigenti, figlie e schiave di un contesto sociale superato, di saper leggere ed interpretare i segni dei tempi nuovi e della crisi. Crisi in cui noi laici cattolici fino ad oggi abbiamo avuto una precisa responsabilità omissiva, restandocene nelle nostre parrocchie, forse incapaci di superare le timidezze, preoccupazioni e orgogli che indicava Pomilio nel 1978 e delegando infine troppo alla gerarchia.

Dio sa quanto un’Italia, soffocata da personalismi  populismi e sfiducia,  ha bisogno di trovare il bandolo della matassa ed uscirne! Se la Chiesa italiana – soprattutto i suoi laici!- esce dalle sagrestie abbandonando pulpiti e lamentazioni, proprio sulle orme indicate da papa Francesco, sarà la prima candidata a guidare gli italiani verso l’uscita dalla crisi, insieme a tutti, per dare un metodo ed un obiettivo alla società dei prossimi venti anni. Ne discuteremo a Firenze.

mercoledì 12 agosto 2015

sul mattino


martedì 11 agosto 2015

PER UN'ALTERNATIVA DEMOCRATICA


La segreteria provinciale uscente – aldilà di limiti evidentissimi a tutti- è una tappa “comunque” positiva del cammino di costruzione del progetto democratico nel nostro territorio. Adesso però occorre crescere, maturare, migliorare responsabilizzandosi. E' finito del resto il tempo delle ipocrisie. Basta con la retorica dei 78 circoli! Il segretario ha fatto il suo dovere. Quello che chiunque poteva fare. Nulla di eccezionale. Troppe questioni non sono state affrontate per tenere in piedi una inutile unitarietà e non disturbare i maggiorenti. Se questo è un merito!? Infatti, molti di questi circoli sono la naturale prosecuzione di precedenti esperienze politiche, specie di sinistra, e non tutti i 78 circoli sono vivaci luoghi di dibattito e confronto. Spesso hanno difficoltà ad emanciparsi dalle dinamiche "amministrative" locali - non per demerito dei dirigenti locali - nella assenza compiacente della federazione ligia al motto: non si disturba il manovratore. Potrebbe sembrare un discorso un po duro? In fondo oggi esprimiamo l'unico rappresentante del Sannio in Regione ed al Governo, nonchè tutti i sindaci dei maggiori centri. Emerge invece il rapporto stridente tra questa forza “amministrativa”, che ci ostiniamo ad intestare al partito, e il dato politico. Infatti dopo le ultime tornate elettorali (2013,2014,2015) in cui il partito si è misurato con la pubblica opinione, dobbiamo registrare nel Sannio l'aumento dell'astensionismo e l'avanzata del populismo demagogico grillino che non abbiamo contenuto. Un trend nazionale!? E' una semplificazione sterile. Benevento gode di una condizione “politico-amministrativa” unica in Campania che la chiama a dare di più alla causa democratica! In effetti se ogni dato negativo trova spiegazione nel trend nazionale e quelli positivi nella nostra azione locale, qualche problema di analisi ci sarà o no!? Parliamo di numeri e fatti. Ad esempio, a Benevento città M5S è primo partito, raccogliendo una non irrilevante messe di preferenze. Dismessi i panno del un movimento, i grillini stanno diventando un partito strutturato. Non mi pare una strategia vincente ignorali, pensando che il tempo li sgonfi. In effetti c'è un voto d'opinione "volatile" che si muove indifferente alle dinamiche del voto organizzato e di partito. Noi non lo intercettiamo, accontentandoci – consapevoli della deflagrazione del centrodestra sannita- di fare scouting tra amministratori locali per conservare rendite di posizione. E' evidente che abbiamo il ruolo della Dc dei bei tempi, ma non la sua forza mobilitante nell’elettorato. In sostanza corriamo il rischio di ricordare questa fase politica come quella di un partito senza una vera leadership popolare, ingabbiato in logiche personali di stampo amministrativo che coinvolgono qualche sindaco e qualche dirigente. Ma nulla più!. Del resto molti temi dirimenti per i nostri concittadini - politiche sociali, l'ambiente, turismo, il lavoro o la cultura- vengono lasciati al buon cuore degli appassionati – e ce sono eccome tra i dirigenti locali che ho conosciuto in questi anni!-, senza esiti nell'azione politica concreta che viaggia su dinamiche valoriali autonome e forse arbitrarie. Manca in sostanza una azione collettiva efficace "del partito" che amministra tutto in provincia. Vediamo sforzi lodevoli dei singoli, ma niente più! I fatti restano lontani. Invece con questa forza “amministrativa” dovremmo avere la forza e la capacita di rivoltare questo territorio come un calzino. Invece solo azioni di singoli a cui battiamo da soli le mani, nel disincanto della pubblica opinione. Mi chiedo: qual è la nostra azione "collettiva" sugli Ambiti sociali? Oppure sulle tante aggressioni che la nostra terra ha subito dall'eolico alle ecoballe, dalle trivellazioni all'inquinamento dei corsi d'acqua? Ci sono poi temi del tutto ignorati. Sulla crisi occupazionale di Airola - la più importante in provincia con circa 400 cassintegrati - ad esempio la federazione è stata assente in tutti i passaggi. Oppure: qual e' la nostra riflessione “comune” sui recenti dati dello Svimez? Non basta organizzare kermesse improvvisate e calate dell'alto, senza il minimo coinvolgimento della base. Abbiamo o no la consapevolezza di dover rappresentare nelle istituzioni anche chi non ha votato? Non è un discorso di nomi - per me tutti vanno bene purchè abbiano idee- ma di impostazione politica e di obiettivi. Coinvolgere tutti è faticoso ma è l’unica strada che porta ad un movimento collettivo che riaccenda la speranza. Abbiamo il coraggio di affaticarci in questo percorso con una pazienza operosa?! Fino ad oggi non l'ho visto questo coraggio, nè questa speranza. Penso che ormai, per maturare come organizzazione, occorra battersi per costruire una reale alternativa ai limiti dell'attuale gestione del PD sannita che ho indicato. Non bisogna invece coltivare ostinazioni unitarie che possono trovare la loro sintesi solo in percorsi "realmente" partecipati, oggi assenti. Cominciamo da subito allora, rinnovando i metodi e responsabilizzando la base. La sopraggiunta incompatibilità del segretario che nbe imporrebbe le dimissioni immediate che stranamente tardano ad arrivare, apre una nuova fase di ricambio di cui già si discute – come si usa, in sedi private- tra dirigenti da tempo. Un ricambio che non deve essere di nomi ma di idee. Allora, , prima di accingerci a votare il nuovo segretario di Federazione, non perdiamo l'occasione: apriamo una rinnovata fase di ascolto ed elaborazione nelle assemblee di circolo sui temi che interessano il territorio per individuare il profilo di un nuovo segretario che impersoni una fase di vero rinnovamento, costruendo una leaderschip popolare ed inclusiva, perché nata dal contributo di tutti. Immaginiamo un PD alternativo!. Sarebbe un momento di vera e reale crescita democratica dell’organizzazione. Coinvolgiamo tutti, senza rendite di posizione e accordi preconfezionati. Poi vengono i nomi e le kermesse con nomi altisonanti. Sarebbe utile e veramente saggio. Un primo vero segno di discontinuità e vero rinnovamento