domenica 16 luglio 2017

UNA CHIAMATA ALLA BATTAGLIA


Una lettera per credenti adulti nella fede: è questa l’impressione che ho ricavato dalla lettura della prima lettera pastorale del mio vescovo, don Mimmo Battaglia. Il vescovo ha così voluto tracciare il nostro cammino ecclesiale per i prossimi tre anni. “Alzati, ti chiama” infatti non è solo un motto episcopale, è una vera e propria chiamata alle armi, a stare ritti in piedi! Don Mimmo non scherza. E’ una chiamata alla battaglia, se mi si lascia passare il gioco di parole.
La mia prima risposta interiore è stata: Diego, qui si fa sul serio e tu non sei abituato. Forse non lo è nessuno di quelli che conosco.. Poi però mi sono detto, memore dell’intervista di Martini del 2012, che il vento dello Spirito in questi anni sta soffiando forte sulla Chiesa. Qualche anno fa infatti sognavouna Chiesa che finalmente dopo questi primi cinquant'anni di rodaggio, riesca a lasciarsi dietro tutta questa "distrazione" e punti risolutamente e speditamente verso la meta di una risoluta e bella coerenza evangelica, sulla strada indicata dal Concilio. (http://www.vinonuovo.it/index.php?l=it&art=1015).
Oggi la mia Chiesa parla apertamente di sinodalità e prossimità, libertà e povertà! Non che prima non lo facesse. Anzi! Lo faceva però in modo diverso. Non che prima la mia Chiesa non camminasse! Lo faceva ma in un altro modo.
Proprio perché eravamo tanto affezionati a quel modo di camminare  e parlare, a quello stile…  ora non sarà semplice. Non siamo abituati!. La Chiesa "chiamata alla battaglia" oggi tenta di lasciare indietro le "distrazioni", abdicando agli  equilibrismi sterili. Come Bartimeo si sta sollevando ma ancora non vede tutto chiaro. Personalmente lo ammetto: non sono abituato. Ma mi abituerò...proprio come mi sono abituato a seguire il Signore quando sentii la sua chiamata alla conversione. E' facile, basta ascoltare. Tuttavia non è semplice perchè il cammino di Battaglia è un vero cammino insieme e sinodale..
Proprio per questo don Mimmo ci dice che “la stagione che andremo a vivere sarà caratterizzata da molta fatica e dalla difficile gioia dei piccoli risultati. Saremo chiamati a svolgere un enorme lavoro di semina” …ed ancora “senza sinodalità la comunione resta uno slogan svuotato del suo significato” …e poi “il dialogo prevede possibili conflitti che non possono e non devono essere vitati o ignorati. La conflittualità è parte integrante di questo processo di rinnovamento.. Se ci impegnamo a risolverla insieme allora essa si trasformerà in un anello di collegamento di un nuovo processo”… ed infine ”E’ prioritario allora entrare in questo dinamismo senza la pretesa di giungere a risultati immediati, ma nel confronto e nella preghiera personale e comunitaria impegnarsi e maturare insieme uno stile ecclesiale di reciproco ascolto”  (pag. 49 e ss)
La chiamata di don Mimmo allora non è una esortazione irenica a stare in pace ed evitare conflitti. Men che meno una chiamata a correre verso mete irraggiungibili. E’ una chiamata a condividere e guardarsi negli occhi l’un l’altro per puntare con risolutezza alla Chiesa bella, come voluta dal Concilio. Le sue coordinate sono chiare: sinodalità, prossimità, libertà e povertà.
Quattro sostantivi, quattro attenzioni, quattro stili. Dobbiamo sforzarci tutti laici e sacerdoti ad esserne all’altezza, fidandoci l’uno dell’altro. Solo così tra tre anni avremo misurato passi in avanti  La lettera su questo ci da ancora una mano: “ Usciamo dalle nostre chiusure inutili per orientarci a traguardi di luce. Purifichiamo nella continuità della vita, le ragioni delle nostre scelte, della nostra presenza nella Chiesa e nel mondo, del nostro modo di narrare e vincere il vangelo liberandolo dall’inerzia di un devozionismo sterile”

Già! Purifichiamo le ragioni delle nostre scelte! Che bella espressione! Iniziamo allora a vivere con nuovo slancio i luoghi della corresponsabilità ecclesiale, come i consigli pastorali etc.! Noi laici così ci sentiremo pienamente coinvolti nella missione della Chiesa, ed i nostri amati sacerdoti sentiranno meno la fatica del servizio alla comunità. La strada adesso è indicata. Pare un sentiero stretto ed irto. Sta a noi allargarlo e renderlo una strada comoda per tutti. Basta poco per allargare questo sentiero: serve dilatare il cuore e fidarsi l'uno dell'altro! Io la mia parte la garantisco.

martedì 4 luglio 2017

Milano che dice?

            Al mio ritorno dal Forum Nazionale del PD di Milano, un caro amico mi fa: "Diego Milano che dice?" Al mio amico avrei voluto dire tanto ma mi sono preso un pò di tempo per riflettere.
            Già!. Cosa dice Milano? A me la kermesse meneghina ha suggerito che il PD esiste ed è strutturato. Pensa e dibatte. Tuttavia resta il magone per un evento organizzato più come una kermesse ad uso e consumo dei media, che non come un luogo di discussione. Ho messo da parte impegni e tempo in un week end estivo per esserci. Oggi però mi sento arricchito dall'esperienza ma non la considero appagante nè soddisfacente. Si deve fare di più!! La discussione (ovvero il susseguirsi di interventi dei segretari nei gruppi) in effetti c'è stata dalle 19:30 in poi. Il mio gruppo ad esempio è finito alle 23:00. E' stato il più lungo ed ha prodotto solo tre ore di interventi senza una sintesi condivisa. Infatti non c'è stato ritorno in plenaria, nè dibattito col segretario nazionale. Non c'era tempo e forse no lo si riteneva utile
            Capirete allora perchè al mio amico ho risposto: "Meglio non parlarne, forse è solo una mia impressione!" Poi ci ho ripensato ed allora condivido quella che è la mia impressione. Una impressione che tale vuol rimanere: l'impressione riflettuta di un segretario di un piccolo circolo di 100 iscritti del sud che ha fatto 800 km per stare a Milano. Un semplice punto di vista che non vuole essere esaustivo di nulla.
            Oggi in effetti il mio partito è al guado. Deve decidere cosa vuol diventare: un partito decisionista del leader oppure un partito condividente della comunità. L'impressione e che mi porto da Milano è che il PD con Renzi stia scegliendo la linea delle condivisione comunitaria a cui però dobbiamo ancora educarci ed abituarci. Non è semplice generare nuovi paradigmi dopo vent'anni di sbornia personalista in cui ci hanno detto in tutti i modi che la soluzione è il leader che decide!. A Milano infatti ho visto una base che cerca luoghi di confronto e discussione ed un vertice che vuole crearli, però "senza " i rischi del confronto. Questo il senso del guado. Infatti quando apri al confronto ed alla condivisione, devi accettare il rischio della polemica, di ore di discussione, di dibattiti che possano essere inconcludenti. Aprire al confronto qundi non basta. Occorre infatti saperlo gestire e soprattutto esserne intimamente all'altezza. Non è da tutti farlo. Spesso infatti viviamo in questa tensione tra la volontà sincera di aprirsi e la nostra incapacità a gestire l'apertura. Il confronto è quindi visto come necessario ma vissuto comunque con fastidio per cui per i più va "irregimentato". Guai poi a sollevare, come io ho fatto nel gruppo Casa PD, una semplice questione: chi sta in segretaria nazionale deve avere la tessera. Subito si è notato alla presidenza del gruppo il fastidio per aver toccato un tasto dolente. Comunque in questi anni, vivendo da cima a fondo la vita del PD locale, mi sono convinto che due sono i problemi che vive il PD. Lo avrei voluto dire a Milano ma purtroppo i tempi erano molto più che europei per un povero segretario che ha fatto l'errore di fare un semplice critica sentendosi dire: "perchè a te cosa toglie?". Già, cosa mi toglie che sieda a dirigere il partito nazionale un assessore calabrese bravissimo ma senza tessera?! Nulla! Solo la mia dignità di iscritto che oggi non ha sempre il peso dovuto..
            Comunque  - sempre per rispondere al mio amico, visto che ora ci sto prendendo gusto - a questo punto condivido con chi mi vuol seguire o dedicarci un poco di tempo quei due problemi che avrei voluto sollevare a Milano. Sono problemi che non sono riconducibili alla leadership di Matteo Renzi che non ne è la causa ma ha comunque la responsabilità politica di una soluzione.
            Il primo problema lo chiamerei impermeabilità. Infatti è un fatto che oggi i vari livelli decisionali del partito (circoli, provinciale, regionale e nazionale) sono tra loro impermeabili. Non c'è un rapporto di sintesi e di osmosi tra i vari livelli del partito. E' difficile per il livello locale interloquire con livelli sovraordinati che non siano il provinciale e lo stesso per i successivi livelli. Il problema si crea anche dall'alto verso il basso dove l'unica possibilità di interlocuzione resta il rapporto personale. Del resto ogni risposta articolata a questa problematica non è soddisfacente per un semplice motivo: si pensa che il cambiamento necessario coli dall'alto per caduto e non proceda dal basso per convinzione. Gli orti e orticelli, le satrapie e i feudi quindi non vengono toccati. Il risultato? Molto spesso  i livelli di base (le sezioni) si sentono soli. Qui poi nasce il secondo problema: l'eccedenza sul momento istituzionale. E' un fatto che spesso il PD venga narrato come un partito di amministratori che per definizione sono  quelli che stanno in mezzo al popolo. Tale narrazione produce, specie a livello locale,  una eccedenza del livello istituzionale nelle scelte del partito. Tuttavia se ciò potrebbe essere positivo, nei fatti non lo è. Gli amministratori spesso vengono votati dai cittadini per la propria persona e non per la propria idea in liste civiche e raramente riesco a trasferire questo consenso personale al partito. Occorre quindi un riequilibrio i quanto la sintesi del ragionamento è che i segretari di circolo spesso si sentono soli e schiacciati dal momento istituzionale.
            Solo se hai una tempra forte e resistente, riesci ad andare avanti, a costo di fatiche e dispendi di risorse economiche, fisiche, mentali e di tempo. Le strutture sovraordinate le vedi comunque sempre più lontanissime ed irraggiungibili. Questa la condizione da cui il quinto segretario del PD, Matteo Renzi, ha il compito di trarci.      I segretari di sezione nel PD sono considerati sempre figli di un dio minore, i polemici di turno. Vengono mobilitati per banchetti e gazebo. Spesso sono chiamati ad iniziative del personaggio del giorno. Già, questo PD è il "partito di un personaggio al giorno"! Quanti pseudo leader sono nati e morti in questi anni, il tempo di battito di farfalla; leader a cui le sezioni devono prestare sostegno e mobilitazione. Poi ti trovi ad esempio in Campania che il mio capolista alle politiche Letta, che una volta si candidò a guidare il PD, oggi non si fa più l tessera e quando può spara sul partito che voleva guidare insieme a Bersani il mio vecchio segretario che lo paracadutò in Campania ed oggi guida una scissionee. Ma di cosa parliamo!? La verità è che i segretari di sezione in questo partito devono sempre lavorare sempre il doppio per essere ascoltati, certi solo di essere oggetto della critica mordace degli iscritti che condividono con loro questa situazione oltremodo frustrante.
            Eppure ci siamo! Ve lo chiedete perchè ci siamo?! Perchè crediamo che la politica, quella vera, passi per i partiti e che i partiti debbano funzionare al meglio. Quindi toglietecvi i cappello quando passa un segretario di sezione del PD! E' uno che soffre e fa politica per passione, uno che sta tra la gente e ci butta il sangue per questo partito.
            La  domanda è: chi ci guida oggi ha l'umiltà di comprenderlo ed accostarsi con attenzione e cura ai segretari?! Registro solo un dato: da anni ci viene detto che i segretari sono il cuore pulsante del partito ma ci hanno convocati solo una volta a Milano per parlarci e dirci seguiteci (ancora una volta e lo faremo!), non per ascoltarci. Chissà se mai ci sarà il giusto tempo per essere ascoltati e contare veramente nelle scelte, in un tempo che corre troppo veloce ma spesso senza senso.
            Oggi infatti il problema del PD è di una semplice banalità: occorre far contare veramente i militanti a partite dalla scelta dei parlamentari. Ci vogliono primarie serie sin da oggi regoilamentate. Solo così il PD sarà un partito nel quale vale la pena iscriversi per l'elettore di centrosinistra che oggi vuole solo una cosa: decidere e contare. Questo avrei detto a Milano se avessi avuto tempo.
            Comunque, non voglio essere etichettato come il solito criticone, visto che  a Milano ho principalmente condiviso nel mio intervento in gruppo l'esperienza del mio circolo e fare qualche proposta....per dire ai miei amici e compagni della base democratica che a volte se si ha caparbietà e costanza i cambiamenti arrivano, lentamente, ma arrivano.
            Infatti alle scorse amministrativa la mia sezione si è inventata un percorso molto semplice: il #parlatiascolto. E' stato un momento fondamentale per la nostra politica locale.  Da questo percorso programmatico partorito in sezione è nata la lista civica Airola Bene Comune (con 9 iscritti al PD e 3 di area civica) che ha vinto col 65% le elezioni comunali. Il programma che è stato strutturato su una serie di criteri e possibili azioni da intraprendere. In questi giorni stiamo effettuando già la verifica del primo anno di mandato ed il partito ha interloquito in maniera vivace con proposte ad esempio per la redazione del Piano Anticorruzione Comunale. Un'altra piccola esperienza è invece il nostro gruppo Whatapp degli iscritti. Non è una novità di certo! Penso che ce ne saranno tantissimi in giro. Immagino che tutti quelli che abbiano affrontato questa formula di partecipazione e discussione si siano trovati di fronte al problema di arginare possibili derive della discussione oppure evitare che il gruppo diventi uno sfogatoio. Nel mio caso ad esempio vi una minoranza molto attiva. Noi ci siamo quindi posti il problema insieme ed il coordinamento di sezione ha fatto un codice deontologico che per l'uso del gruppo wa. Devo dire che molto fa l'impegno del moderatore e degli iscritti. Però a noi il codice ha dato una mano forte.        Una semplice proposta che poi ho portato è stata quella di formare i quadri dirigenti alla comunicazione web e social dove spesso soffriamo una maggior preparazione e compattezza del grillismo che hanno tecniche di comunicazione studiate.

            Queste quello che Airola avrebbe voluto dire se avesse avuto tempo e quello che ha detto a Milano. Milano per ora non so che dice.