Ha senso continuare l’impegno nel
Partito Democratico?
E’ la domanda che ormai da qualche
tempo mi sollecita continuamente la riflessione, mentre la storia di questa
formazione politica in cui ho scelto di militare per la prima volta ormai dal
14 ottobre 2007 va avanti.
E' una domanda che mi si
ripresentata ancora di nuovo dopo la lettura del messaggio per la Giornata per
la Pace on questo passaggio: “Quando
l’esercizio del potere politico mira unicamente a salvaguardare gli interessi
di taluni individui privilegiati, l’avvenire è compromesso e i giovani possono
essere tentati dalla sfiducia, perché condannati a restare ai margini della
società, senza possibilità di partecipare a un progetto per il futuro. Quando,
invece, la politica si traduce, in concreto, nell’incoraggiamento dei giovani
talenti e delle vocazioni che chiedono di realizzarsi, la pace si diffonde
nelle coscienze e sui volti. Diventa una fiducia dinamica, che vuol dire “io mi
fido di te e credo con te” nella possibilità di lavorare insieme per il bene
comune. La politica è per la pace se si esprime, dunque, nel riconoscimento dei
carismi e delle capacità di ogni persona.”
Quante volte in questo percorso mi
sono scontrato con interessi individuali o aspirazioni personali che nulla
hanno a che fare col bene di tutti? Tante! Ho ceduto? Si!
L'ho fatto per un mio tornaconto? Non
mi pare, semmai per un eccesso di mitezza, più che altro!
Ho incoraggiato talenti? Si, mi è
capitato. Ho dato fiducia? Spesso.
Tutto questo l’ho vissuto militando
in questo partito, perché ero, o meglio sono, convinto, che oggi più che mai la
frontiera dell’impegno politico è nei partiti.
Del resto, ormai conoscendone molto
bene pregi e difetti, posso dire che il PD è casa mia e tuttavia devo anche
ammettere che non è la casa che volevo io.
Infatti non ho mai digerito
l’impostazione personalistica data da Veltroni al PD dal lontano 2007.
Il PD che ho in mente io è un
partito comunità erede di grandi tradizioni politiche, un partito che non è costruito a nessun livello
intorno a figure carismatiche. E’ un partito in cui l’organizzazione è
importante.
E’ un partito che ha al centro dei
suoi pensieri, quella che per me è la sintesi moderna degli aneliti della
tradizione del cattolicesimo politico e del riformismo comunista, ossia tre
cose: lotta per l’uguaglianza, lotta alla povertà e difesa dell’ambiente. Un
partito che per questo sceglie di mettere al primo posto lavoro, istruzione e
sanità che sono i tre ambiti in cui si gioca l’uguaglianza sostanziale tra i
cittadini. Lo immagino come il partito che porta ad una sintesi, dopo il 1989,
le culture repubblicane che hanno dato vita alla Costituzione. Oggi, specie di
fronte alla deriva populista, c’è sempre più bisogno di un partito così:
nazionale popolare e democratico. Costituzionale!
Lo immagino come un partito del
popolo e con il popolo che sa ascoltare e dove, prima delle cordate, esistono le
persone che si incontrano per servire il bene comune. Un partito dove coltivare
i talenti, proprio come insegna Francesco.
Beh lo so! Un partito così non
esisterà mai. Mia figlia me lo ricordava ieri dicendomi che per lei PD
significa Passato Democratico. PD non è
di moda, è kitch le ha fatto di rimando il fratellino!
Però mi chiedo: esistono in Italia
altre organizzazioni politiche che si avvicinino di più ad un partito, oltre al
PD?!
Qui sta il punto. Oggi esistono
nell’agone politico i leader ed i loro seguaci. Il popolo è un pubblico ed ogni
discussione è segnata dal tifo e non dalla volontà di confronto. Mi sono sempre
chiesto se sia veramente morale per un politico militare in un partito dove
esiste solo la “legge del Capo”.
Questa domanda mi arrovella da tempo
e penso che dovrebbe interrogare anche tanti cattolici pensanti che si vedono
in giro. Martinazzoli diceva che se non è più un dogma l’unità dei cattolici,
non lo è neanche la diaspora. Eppure io mi chiedo: è moralmente giusto davanti
al Signore militare in partiti personali?! Qui scattò la molla del mio impegno
tanti anni fa! Io non posso farci nulla in un problema tanto grande, ma posso,
come insegna Romano Guardini, fare la mia piccola parte per il pezzetto di
mondo che mi è affidato. Per questo ho scelto questa strada di impegno gramo e
mal compreso da dirigente di partito. Un impegno che, lo assicuro, è poco
gratificante in questo contesto carismatico e leaderistico.
L'ho scelto perchè sono convinto che
oggi la vera frontiera dell’impegno politico, di fronte alla crisi della
Politica, è far funzionare i partiti come palestra dove con metodo democratico
si concorra a determinare le scelte della Politica.
Ci sono riuscito nella mia sezione?
Non lo so proprio! E’ tanto difficile. Lo spettro del fallimento mi perseguita,
ma mi ostino coltivando il desiderio di essere piccolo segno di speranza per
altri che sapranno fare meglio di me. Me ne sono accorto strada facendo,
commettendo errori e ricominciando ogni volta daccapo in una lungo e difficile percorso
dove la cui cifra è stata la fatica; un cammino in cui ho incontrato resistenze
ma anche vicinanza e sostegno. L’ho fatto per 10 anni da militante del PD.
Però, proprio in virtù di questa
esperienza, ne resto ancora e sempre più
convinto: i tanto bistrattati partiti, oggi sono la chiave per incanalare
energie positive. Devono quindi ricominciare a funzionare come “membra” vive
della società.
Una società politica infatti senza
partiti, ossia corpi intermedi in cui avvenga l’elaborazione pensata e
partecipata della proposta politica, approda ad uno stadio di “regressione”,
come le cronache ci ricordano. Il popolo diventa pubblico, il confronto scontro
tra tifosi. Eleviamoci allora!
Per questo concludo concludo,
dicendo che vorrei tanto oggi saper rispondere alla domanda iniziale ma ammetto
di non saperlo ancora.
Mi trovo a camminare su un piccolo
sentiero irto e pericoloso, non so dove arriverò ma oggi mi pare l'unico
percorso che potrà condurci ad una meta.
Quindi resto in cammino...