mercoledì 12 marzo 2008

Laici cattolici, associazionismo e politica

Cari amici,

Chi mi conosce ben sa le riserve che ho avuto sul Family day e del mio personale invito a "non scendere in piazza neppure mentalmante."
Oggi non posso fare a meno di notare che i due portavoce del Family Day (Pezzotta e Roccella), dopo appena9 mesi, hanno deciso di candidarsi e di iniziare la loro avventura politica; non posso fare a meno di notare le parrocchie invase da volantini sul "quoziente familiare"; non posso fare a meno di rintracciare in tutti gli schieramenti politici una "vaga" voglia di strumentalizzazione di queste tematiche.

Questi fatti mi sollecitano a fare alcune considerazioni.
Pare che all'irripetibile unità politica dei cattolici oggi si voglia sostituire una sorta di "unità culturale" che sconfina in fin dei conti in opinabili e omologanti proposte politiche (progetti di legge).
Pare che l'unica salvaguardia fiscale possibile per la famiglia sia il "quoziente familiare", che l'unica difesa possibile dell'embrione sia la legge 40 così com'è e la revisione "illuminata" della 194, che l'unica forma di sostegno alla scuola siano i finanziamenti diretti alle scuole private.
Non discuto il merito di queste proposte (alcune le condivido, altre no), bensì un atteggiamento di fondo: quello di chi pensa a-criticamente di tradurre i cd "valori non negoziabili" in precise proposte che si pongono come "unitarie" per i laici cattolici impegnati in politica.
Oggi la voce dei "laici cattolici" italiani, quella ufficiale, quella che conta (quella di Avvenire, quella di Scienza e Vita, quella del Forum associazioni familiari ecc...) perchè orienta il dibattito e le scelte, è fuori dalle aule parlamentari dove si fanno concretamente le leggi.
Così, un po per demerito della nostra classe dirigente e un po per convenienza di forze extra politiche, il "cattolicesimo politico" è stata espropriato della sua funzione di componimento degli interessi e di ricerca di uno spazio di mediazione, in nome di un "associazionismo culturale" omologante e de-responsabilizzato.
Il rapporto tra politica e società civile (soprattutto in ambito culturale-politico cattolico) oggi è troppo squilibrato. I cattolici impegnati in politica non riescono più a mediare gli interessi contrapposti: questo non è un bene per la politica, non è un bene per i laici cattolici.

Dove è andata a finire tutta la ricchezza di idee e dibattito del cattolicesimo politico italiano che portò la DC a pilotare la rinascita dell'Italia nel dopoguerra? Dove è andato a finire la ricca tradizione cattolicesimo democratico? Dove quella del cattolicesimo liberale? Dove quella libertà di pensiero e di espressione che caratterizzò il cattolicesimo italiano negli anni precedenti e successivi il Concilio?
Ai tempi della DC, quella vera, quella a cavallo degli anni 40 - 50, convivevano nello stesso partito e nella stessa area culturale persone come Gedda e Dossetti, Scelba e Carretto, Fanfani e De Gasperi: politici e uomini di spessore che si misuravano col consenso popolare e si scontravano con la fatica della mediazione. Nessuno si sarebbe sognato di dire o pensare che laici di tal fatta non fossero espressione del cattolicesimo, pur nelle diverse sfaccettature che avevano.

Notiamo invece che oggi le espressioni di questo pensiero culturale unico omologante sono spesso prive di un misurabile consenso nel paese. Personaggi come la Binetti o la Roccella ne costituiscono una prova provata!
Soprattutto tali espressioni politiche impugnano le loro "opinabili" proposte politiche come valori non negoziabili. Passanno con inusitata facilità dai "valori" non negoziabili ai "progetti di legge" non negoziabili, ai "no alle altrui proposte" non negoziabili.

D'altra parte non rispondono ad un elettorato ma ad un pensiero unico.

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