Al
mio ritorno dal Forum Nazionale del PD di Milano, un caro amico mi fa:
"Diego Milano che dice?" Al mio amico avrei voluto dire tanto ma mi
sono preso un pò di tempo per riflettere.
Già!.
Cosa dice Milano? A me la kermesse meneghina ha suggerito che il PD esiste ed è
strutturato. Pensa e dibatte. Tuttavia resta il magone per un evento
organizzato più come una kermesse ad uso e consumo dei media, che non come un
luogo di discussione. Ho messo da parte impegni e tempo in un week end estivo
per esserci. Oggi però mi sento arricchito dall'esperienza ma non la considero
appagante nè soddisfacente. Si deve fare di più!! La discussione (ovvero il
susseguirsi di interventi dei segretari nei gruppi) in effetti c'è stata dalle
19:30 in poi. Il mio gruppo ad esempio è finito alle 23:00. E' stato il più
lungo ed ha prodotto solo tre ore di interventi senza una sintesi condivisa.
Infatti non c'è stato ritorno in plenaria, nè dibattito col segretario
nazionale. Non c'era tempo e forse no lo si riteneva utile
Capirete
allora perchè al mio amico ho risposto: "Meglio non parlarne, forse è solo
una mia impressione!" Poi ci ho ripensato ed allora condivido quella che è
la mia impressione. Una impressione che tale vuol rimanere: l'impressione riflettuta
di un segretario di un piccolo circolo di 100 iscritti del sud che ha fatto 800
km per stare a Milano. Un semplice punto di vista che non vuole essere
esaustivo di nulla.
Oggi
in effetti il mio partito è al guado. Deve decidere cosa vuol diventare: un
partito decisionista del leader oppure un partito condividente della comunità. L'impressione
e che mi porto da Milano è che il PD con Renzi stia scegliendo la linea delle
condivisione comunitaria a cui però dobbiamo ancora educarci ed abituarci. Non
è semplice generare nuovi paradigmi dopo vent'anni di sbornia personalista in
cui ci hanno detto in tutti i modi che la soluzione è il leader che decide!. A
Milano infatti ho visto una base che cerca luoghi di confronto e discussione ed
un vertice che vuole crearli, però "senza " i rischi del confronto.
Questo il senso del guado. Infatti quando apri al confronto ed alla
condivisione, devi accettare il rischio della polemica, di ore di discussione,
di dibattiti che possano essere inconcludenti. Aprire al confronto qundi non
basta. Occorre infatti saperlo gestire e soprattutto esserne intimamente
all'altezza. Non è da tutti farlo. Spesso infatti viviamo in questa tensione
tra la volontà sincera di aprirsi e la nostra incapacità a gestire l'apertura.
Il confronto è quindi visto come necessario ma vissuto comunque con fastidio per
cui per i più va "irregimentato". Guai poi a sollevare, come io ho
fatto nel gruppo Casa PD, una semplice questione: chi sta in segretaria
nazionale deve avere la tessera. Subito si è notato alla presidenza del gruppo
il fastidio per aver toccato un tasto dolente. Comunque in questi anni, vivendo da cima a
fondo la vita del PD locale, mi sono convinto che due sono i problemi che vive
il PD. Lo avrei voluto dire a Milano ma purtroppo i tempi erano molto
più che europei per un povero segretario che ha fatto l'errore di fare un
semplice critica sentendosi dire: "perchè a te cosa toglie?". Già,
cosa mi toglie che sieda a dirigere il partito nazionale un assessore calabrese
bravissimo ma senza tessera?! Nulla! Solo la mia dignità di iscritto che oggi
non ha sempre il peso dovuto..
Comunque - sempre per rispondere al mio amico, visto
che ora ci sto prendendo gusto - a questo punto condivido con chi mi vuol
seguire o dedicarci un poco di tempo quei due problemi che avrei voluto
sollevare a Milano. Sono problemi che non sono riconducibili alla leadership di
Matteo Renzi che non ne è la causa ma ha comunque la responsabilità politica di
una soluzione.
Il primo
problema lo chiamerei impermeabilità. Infatti è un fatto che oggi i vari
livelli decisionali del partito (circoli, provinciale, regionale e nazionale)
sono tra loro impermeabili. Non c'è un rapporto di sintesi e di osmosi tra i
vari livelli del partito. E' difficile per il livello locale interloquire con
livelli sovraordinati che non siano il provinciale e lo stesso per i successivi
livelli. Il problema si crea anche dall'alto verso il basso dove l'unica
possibilità di interlocuzione resta il rapporto personale. Del resto ogni
risposta articolata a questa problematica non è soddisfacente per un semplice
motivo: si pensa che il cambiamento necessario coli dall'alto per caduto e non
proceda dal basso per convinzione. Gli orti e orticelli, le satrapie e i feudi quindi
non vengono toccati. Il risultato? Molto spesso i livelli di base (le
sezioni) si sentono soli. Qui poi nasce il secondo problema: l'eccedenza
sul momento istituzionale. E' un fatto che spesso il PD venga narrato come un
partito di amministratori che per definizione sono quelli che stanno in
mezzo al popolo. Tale narrazione produce, specie a livello locale, una
eccedenza del livello istituzionale nelle scelte del partito. Tuttavia se ciò
potrebbe essere positivo, nei fatti non lo è. Gli amministratori spesso vengono
votati dai cittadini per la propria persona e non per la propria idea in liste
civiche e raramente riesco a trasferire questo consenso personale al partito.
Occorre quindi un riequilibrio i quanto la sintesi del ragionamento è che i
segretari di circolo spesso si sentono soli e schiacciati dal momento
istituzionale.
Solo se hai
una tempra forte e resistente, riesci ad andare avanti, a costo di fatiche e
dispendi di risorse economiche, fisiche, mentali e di tempo. Le strutture
sovraordinate le vedi comunque sempre più lontanissime ed irraggiungibili.
Questa la condizione da cui il quinto segretario del PD, Matteo Renzi, ha il
compito di trarci. I segretari di
sezione nel PD sono considerati sempre figli di un dio minore, i polemici di
turno. Vengono mobilitati per banchetti e gazebo. Spesso sono chiamati ad iniziative
del personaggio del giorno. Già, questo PD è il "partito di un personaggio
al giorno"! Quanti pseudo leader sono nati e morti in questi anni, il
tempo di battito di farfalla; leader a cui le sezioni devono prestare sostegno
e mobilitazione. Poi ti trovi ad esempio in Campania che il mio capolista alle
politiche Letta, che una volta si candidò a guidare il PD, oggi non si fa più l
tessera e quando può spara sul partito che voleva guidare insieme a Bersani il
mio vecchio segretario che lo paracadutò in Campania ed oggi guida una
scissionee. Ma di cosa parliamo!? La verità è che i segretari di sezione in questo
partito devono sempre lavorare sempre il doppio per essere ascoltati, certi
solo di essere oggetto della critica mordace degli iscritti che condividono con
loro questa situazione oltremodo frustrante.
Eppure ci
siamo! Ve lo chiedete perchè ci siamo?! Perchè crediamo che la politica, quella
vera, passi per i partiti e che i partiti debbano funzionare al meglio. Quindi
toglietecvi i cappello quando passa un segretario di sezione del PD! E' uno che
soffre e fa politica per passione, uno che sta tra la gente e ci butta il
sangue per questo partito.
La domanda è: chi ci guida oggi ha l'umiltà di
comprenderlo ed accostarsi con attenzione e cura ai segretari?! Registro solo
un dato: da anni ci viene detto che i segretari sono il cuore pulsante del partito
ma ci hanno convocati solo una volta a Milano per parlarci e dirci seguiteci
(ancora una volta e lo faremo!), non per ascoltarci. Chissà se mai ci sarà il
giusto tempo per essere ascoltati e contare veramente nelle scelte, in un tempo
che corre troppo veloce ma spesso senza senso.
Oggi infatti
il problema del PD è di una semplice banalità: occorre far contare veramente i
militanti a partite dalla scelta dei parlamentari. Ci vogliono primarie serie
sin da oggi regoilamentate. Solo così il PD sarà un partito nel quale vale la
pena iscriversi per l'elettore di centrosinistra che oggi vuole solo una cosa:
decidere e contare. Questo avrei detto a Milano se avessi avuto tempo.
Comunque,
non voglio essere etichettato come il solito criticone, visto che a Milano ho principalmente condiviso nel mio
intervento in gruppo l'esperienza del mio circolo e fare qualche proposta....per
dire ai miei amici e compagni della base democratica che a volte se si ha
caparbietà e costanza i cambiamenti arrivano, lentamente, ma arrivano.
Infatti
alle scorse amministrativa la mia sezione si è inventata un percorso molto
semplice: il #parlatiascolto. E' stato un momento fondamentale per la nostra
politica locale. Da questo percorso
programmatico partorito in sezione è nata la lista civica Airola Bene Comune
(con 9 iscritti al PD e 3 di area civica) che ha vinto col 65% le elezioni
comunali. Il programma che è stato strutturato su una serie di criteri e
possibili azioni da intraprendere. In questi giorni stiamo effettuando già la
verifica del primo anno di mandato ed il partito ha interloquito in maniera
vivace con proposte ad esempio per la redazione del Piano Anticorruzione
Comunale. Un'altra piccola esperienza è invece il nostro gruppo Whatapp degli
iscritti. Non è una novità di certo! Penso che ce ne saranno tantissimi in
giro. Immagino che tutti quelli che abbiano affrontato questa formula di
partecipazione e discussione si siano trovati di fronte al problema di arginare
possibili derive della discussione oppure evitare che il gruppo diventi uno
sfogatoio. Nel mio caso ad esempio vi una minoranza molto attiva. Noi ci siamo
quindi posti il problema insieme ed il coordinamento di sezione ha fatto un
codice deontologico che per l'uso del gruppo wa. Devo dire che molto fa
l'impegno del moderatore e degli iscritti. Però a noi il codice ha dato una
mano forte. Una semplice proposta
che poi ho portato è stata quella di formare i quadri dirigenti alla
comunicazione web e social dove spesso soffriamo una maggior preparazione e compattezza
del grillismo che hanno tecniche di comunicazione studiate.
Queste
quello che Airola avrebbe voluto dire se avesse avuto tempo e quello che ha
detto a Milano. Milano per ora non so che dice.