oggi vi vorrei segnalare quest'articolo del nostro Vescovo, mons. Michele De Rosa, sull'emergenza rifiuti, apparso sulla pagina diocesana del Sannio.
A me è piaciuto molto perchè fuori dal coro e molto-ma-molto ragionato. Raramente mi è capitato di condividere parola per parola un articolo di giornale, come questa volta...
Anche Avvenire lo ha pubblicato domenica scorsa. Leggetelo e, se potete, diffondetelo.... perchè è molto istruttivo circa l'atteggiamento giusto con cui affrontare queste questioni che ci toccano tutti molto da vicino.
alla prossima
ANCHE NEL MIO CORTILE
di mons. Michele De Rosa
Il Consiglio dei Ministri dell’8 gennaio
Abbiamo assistito in questi anni allo scaricabarile delle responsabilità e al coro degli improperi contro i politici e i nostri governanti con la richiesta, come sempre avviene in questi casi, delle dimissioni.
In qualità di pastore di una comunità diocesana della Campania mi sono chiesto in questi anni: ma noi, semplici cittadini, potevamo fare qualcosa per contribuire, nel nostro piccolo, al superamento dell’emergenza rifiuti? Siamo nel giusto, in un atteggiamento collaborativo con i governanti che ci siamo scelti, quando chiediamo strade pulite e poi contestiamo tutte le decisioni di chi è deputato a prenderle se toccano il nostro cortile?
I politici hanno certo le loro responsabilità ma i cittadini della Campania non sono immuni da colpe.
L’atteggiamento che molti cittadini della Campania (non dimentichiamo la situazione virtuosa di Salerno città frutto della sinergia tra Comune, società pubbliche e Consorzio di bacino, e in parte della Provincia di Benevento) hanno avuto in questi anni relativamente al nostro problema è una manifestazione del fenomeno ormai diffuso in tutto il mondo sviluppato, noto come “Nimby”, acronimo inglese per “Not in my back yard” («non nel mio cortile »).
Si legge su Wikipedia, l’enciclopedia libera di Internet: “Nimby è un atteggiamento che si riscontra nelle proteste contro opere di interesse pubblico che hanno, o si teme possano avere, effetti negativi sui territori in cui verranno costruite come, ad esempio, grandi vie di comunicazione, sviluppi insediativi o industriali, termovalorizzatori, discariche, depositi di sostanze pericolose, centrali elettriche e simili”. Questo atteggiamento consiste nel riconoscere come necessari, e comunque possibili, gli oggetti del contendere, ma contemporaneamente nel non volerli nel proprio territorio temendo negativi impatti ambientali.
Le caratteristiche del Nimby sono soprattutto il localismo ( « non si contesta la legittimità delle opere, ma la loro collocazione ») e l’irrazionalità, come sottolinea ( n. 3) il “Messaggio dei Vescovi della Campania ai propri fedeli e agli uomini di buona volontà in difesa dell’ambiente”. Alla sua base poi ci sono due fatti opposti e correlati: la crisi della politica e la crescita dei movimenti localistici.
L’ostilità nei riguardi dei governanti affonda le sue radici nella convinzione che non è possibile cambiare in meglio lo stato delle cose con lo strumento politico perché il voto dei cittadini non vale nulla. Le decisioni vengono ormai prese da un nuovo moloch, costituito da forze impersonali, quali la globalizzazione e la tecnologia che rendono impossibile da parte del singolo il controllo del proprio destino.
Sorge allora una prospettiva più locale della politica, definita “neomunicipalismo”, la quale sostiene che i cittadini possono essere artefici del proprio futuro solo dentro una prospettiva territoriale.
Questa visione comporta un’ ottica “solo difensiva” dell’azione politica, che dovrebbe limitarsi a contrastare i processi globalizzati del proprio territorio di appartenenza.
E’ evidente che tale modo di pensare parte dall’appannamento dell’idea che esiste un bene comune su base superterritoriale e nazionale. Il concetto di interesse collettivo infatti richiede un’idea universale di bene, valida per tutti.
Ma allora non c’è speranza che le cose possano cambiare? Una via c’è.
Nelle discussioni che riguardano la qualità della vita di una comunità l’approccio implica due vincoli: il governo (governance), che obbliga gli amministratori pubblici a coinvolgere nelle decisioni anche la popolazione e i portatori di interesse locale, e l’ “etica dell’intesa” che prevede diritti e doveri reciproci con possibilità di sanzioni e ricorso anche alla forza della legge da parte dello Stato nel caso in cui, dopo il raggiungimento di un vasto consenso, siano posti in essere impedimenti da parte di una minoranza agguerrita e violenta.
Le parole-chiave, insomma, sono rispetto e fiducia nel prossimo. Due buoni propositi per l’anno nuovo che auguro a tutti, specialmente ai Campani, sereno e felice.
+ Michele De Rosa
vescovo di
CERRETO SANNITA-TELESE-SANT’AGATA DE’ GOTI
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