mercoledì 26 novembre 2008

La vittoria di Obama: tra svolte espocali e interessi di bottega.

LO SPUNTO:
In questo periodo sono successe due grossi avvenimenti: la grande crisi finanziaria e la svolta politica statunitense.
Dire che le due cose siano legate è evidente; d'altra parte Obama ha vinto anche perchè ha saputo spiegare bene le origini "politiche" di questa crisi.
Forse però la vera questione è un'altra ed ha radici molto più profonde, per così dire "culturali" in senso lato.
Sono ormai passati 20 anni dalla caduta del muro di Berlino.
Chi non ricorda il senso di liberazione e di speranza che animò quegli anni?
Tuttavia resta ancora nella mente la lettura che di quegli avvenimenti si è fatta nella prima metà degli anni novanta.
L'ANALISI:
Una poderosa macchina "culturale" si mosse allora per creare una opinione pubblica diffusa ovvero per dar voce a correnti fino ad allora oggettivamente minoritarie in ambito culturale.
Negli anni immediatamente successivi al 1989 alcuni lavori di studiosi segnarono fortemente la lettura degli avvenimenti appena vissuti.
Li cito.

Francis Fukuyama pubblicò il famoso libro "La fine della storia e l'ultimo uomo": tesi principale del libro era che la storia avesse un fine unidirezionale e che la caduta del muro confermasse tale fine rivolto essenzialmente a conformare il mondo ai principi della democrazia liberale; corollario non indifferente era anche, non si sa perchè, l'esaltazione del libero mercato in materia economica.

Parimenti nello stesso periodo un altro studioso, Eric Hobsbawm, pubblicava "Il secolo breve", che, aldilà di tante giuste analisi, servì a tanti per giustificare la svolta "epocale" segnata dalla caduta del muro.

Infine Samuel Huntington pubblicava "Lo scontro di civiltà" la cui tesi principale è che i nuovi conflitti saranno dovuti a scontri culturali (es. islam-cristianesimo), spostando l'accento sul senso di insicurezza degli occidentali e chiamandoli ad una sorta di ritorno forte all'identità segnata, ancora una volta non si sa perchè, dai principi del liberalismo politico ed economico.

Tale opera di costruzione di una opinione pubblica diffusa si accompagnò con la totale reiezione delle posizioni differenti sul piano politico-economico, genericamente qualificate come socialdemocratiche (=inconcludente!) ovvero comuniste (=totalitario!) o assistenzialiste.

A questo si aggiunga la generale retorica della vittoria dell'"impero del bene" raeganiano contro quello del male (retorica cara all'ultimo Bush) e la sopravvalutazione eccessiva dell'apporto del papa polacco per la caduta del comunismo nell'est europeo.
Per inciso e per chiarire, visto che ho toccato un argomento molto caro a noi cattolici: nessuno può disconoscere l'influenza di Giovanni Paolo II sulle vicende polacche, tuttavia oggettivamente si deve ammettere che tale influenza fu indiretta e sostanzialmente irrilevante sul resto degli altri paesi dell'est europeo. Tanto è vero che nel corso degli anni successivi non abbiamo potuto osservare il dispiegarsi di questa presunta diretta influenza, neanche nei rapporti con la chiesa ortodossa.

In sostanza la lettura che prevalse di quegli avvenimenti fu fortemnente unilaterale, priva di reale senso critico in quanto si faceva coincidere la caduta del muro con la vittoria di un sistema politico-economico: quello occidentale nella declinazione anglosassone e specificamente statunitense.
Si arrivò così a creare l'opinione diffusa che la svolta epocale vissuta da poco fosse dovuta alla implicita "superiorità" dei valori delle moderne liberaldemocrazie, superiorità testimoniata anche con apporti etici vibranti (Papa, Raegan): in sostanza l'occidente avrebbe vinto perchè portatore di valori superiori ed universali frutto dell'elaborazione totalizzante fattane dal sistema politico-economico occidentale.
Naturalmente non è stato così, perchè i valori universali sono frutto dell'elaborazione di tutte le culture. ( i saggi di Amartya Sen ci fanno luce su questo).
Inoltre oggi possiamo ben affermare che il comunismo è caduto perchè era un sistema che non poteva reggersi andando contro l'uomo, contro la persona e la sua libertà:il comunismo totalitario non è esploso, è semplicemente (e naturalmente) imploso.
Pare proprio che la maggior causa efficiente di questo grande rivolgimento storico, anche se non unica, è stato lo stile di vita occidentale: ad ovest si stava semplicemente meglio che ad est.
Tutti gli eventi successivi all'89 caratterizzati dalla "corsa all'occidentalizzazione e ad un benessere economico fine a se stesso" (la russia degli oligarchi, putin, la locomotiva cinese, ecc...) stanno a dimostrare ancora oggi questa lettura degli avvenimenti degli ultimi 20 anni.

Tuttavia dopo l'89 dalle premesse errate menzionate (ha vinto l'occidente perchè portatore di valori superiori ed universali) si facevano discendere, e non si sa ancora perchè visto che il pluralismo delle visioni economiche continua a caratterizzare "le culture" (al plurale) occidentali, anche alcune conseguenze sul piano economico: il libero mercato è un bene assoluto per la crescita (anche su questa equazione "benessere=crescita della produzione=aumento consumi" ci sarebbe da discutere), le liberalizzazioni (rectius: cedere ricchi monopoli ai privati!) sono la panacea dei mali; lo Stato fa sempre male quando interviene in economia.
Sono solo alcuni assiomi di una visione economica liberista totalizzante che per anni non ha ammesso repliche, anche a sinistra.
Tutta una cultura si mise in moto: lo abbiamo visto con i nobel per l'economia; lo abbiamo visto con gli accordi Maastricht del 1992 improntati ad una ideologia mercatista, liberista e tecnocratica. Per anni in Italia lo stato ad esempio non è potuto intervenire nelle aree più svantaggiate a causa dei limiti del Trattato.
La politica della Fed per anni ha appoggiato la creazioni di strumenti finanziari astrusi. Bush ha completamente eliminato i controlli sulle grandi banche. La caduta del muro è stata utilizzata come "clava culturale2"per smantellare ogni visione di politica ed economia avversaria.
RISULTATO:
In questi anni i ricchi sono sempre diventati più ricchi sulle spalle dei poveri. L'economia si è retta sulla voglia di tutti di raggiungere il massimo, creando debito.
Mi chiedo se questa sia superiorità morale occidentale o semplice stupidità collettiva.
TORNIAMO ALL'INIZIO:
Ma ora è il tempo di ritornare all'inizio: la vittoria di Obama.
Come leggerla nell'ambito di una crisi finanziaria che trova radici anche "resa culturale ad un liberalismo-economico-senza-alternative" maturata negli ultimi anni?
In questo caso gli entusiasmi sono facili, tuttavia occorre fare i conti con la realtà.
Di Obama e del suo programma si sa poco. L'immagine di nuovo trasmessa e l'inconsistenza degli avversari hanno creato un vero e proprio mito.
Tre però sono gli elementi della vittoria di Obama che occorrerebbe sottolineare per riportarci alla realtà:

1) Obama deve la sua vittoria anche all'appoggio delle lobby che in questi anni hanno prosperato grazie alla visione economico politica che abbiamo analizzata. Mi/vi chiedo perchè lo appoggiano?
2) Obama si sta circondando di un entourage proveniente dalla vecchia amministrazione Clinton, quelli che nulla facero per contrastare la visione analizzata. Ci sarà un perchè?
3) Obama propaganda una visione etica "liberal", da noi sposata dai radicali. Siamo proprio di quell'idea?


Concludo questo ragionamento con un dubbio: forse qualche interesse delle solite botteghe in questa "svolta politica" continua a starci.
Per questo aspetterei prima di dirmi "obamiano".

3 commenti:

Anonimo ha detto...

caro diego,ottimi spunti!
io credo,spero,che l'interesse delle lobby ad appoggiare obama venga dalla convinzione che è economicamente più sostenibile un cambiamento di rotta e non un ancoraggio ai vecchi schemi.il liberismo/liberalismo che si è dispiegato negli ultimi anno della nostra storia credo sia una distorsione di se stesso!non è in crisi un modello,ma il modo in cui quel modello ha preso forma attraverso politiche e scelte di classi di governo e gruppi dirigenti.keynes aveva ragione.
io non credo che l'america sia una potenza in declino,certo non posso appoggiare la visione di fukuyama ma quella di una'altra grande studiosa mi sembra più plausibile,susam strange ed il suo potere strutturale.l'america ha il "potere"dell'informazione e della conoscenza,ha il "potere"militare,ha il "potere"finanziario,forse è minato quello della "produzione" oggi,ma continuano ad essere gli stati uniti a dettare la way of life.
obama come roosvelt dico io,per risollevare un'economia in ginocchio,ma anche un obama che promuova ed appoggi una riforma degli organismi internazionali in grando di toglire i destini del mondo dalle mani di una lobby composta da pochi paesi per passarli sotto il controllo di un organismo superiore ed imparziale,si spera,che operi secondo il principio della domestic analogy;parallelamente noi d'oltre oceano(ma non solo l'europa a dir il vero), dobbiamo continuare a rafforzare il processo di unione.insomma una forte erosione della domesitic jurisdiction che parte da più parti!hihi,ah se mi sentissero alcuni capi di stato!i presupposti sembrano esserci.
sono obamiana,forse smetterò di esserlo quando il neo-presidente deluderà la mie speranze ma per ora sogno.sogno un mondo che si avvii sulla starda dell'equità,della giustizia sociale,della sostenibilità,ed essendo,appunto,gli usa ancora una grande potenza molto dipende da loro!yes,we can!and must can!

Anonimo ha detto...

caro diego,ottimi spunti!
io credo,spero,che l'interesse delle lobby ad appoggiare obama venga dalla convinzione che è economicamente più sostenibile un cambiamento di rotta e non un ancoraggio ai vecchi schemi.il liberismo/liberalismo che si è dispiegato negli ultimi anno della nostra storia credo sia una distorsione di se stesso!non è in crisi un modello,ma il modo in cui quel modello ha preso forma attraverso politiche e scelte di classi di governo e gruppi dirigenti.keynes aveva ragione.
io non credo che l'america sia una potenza in declino,certo non posso appoggiare la visione di fukuyama ma quella di una'altra grande studiosa mi sembra più plausibile,susam strange ed il suo potere strutturale.l'america ha il "potere"dell'informazione e della conoscenza,ha il "potere"militare,ha il "potere"finanziario,forse è minato quello della "produzione" oggi,ma continuano ad essere gli stati uniti a dettare la way of life.
obama come roosvelt dico io,per risollevare un'economia in ginocchio,ma anche un obama che promuova ed appoggi una riforma degli organismi internazionali in grando di toglire i destini del mondo dalle mani di una lobby composta da pochi paesi per passarli sotto il controllo di un organismo superiore ed imparziale,si spera,che operi secondo il principio della domestic analogy;parallelamente noi d'oltre oceano(ma non solo l'europa a dir il vero), dobbiamo continuare a rafforzare il processo di unione.insomma una forte erosione della domesitic jurisdiction che parte da più parti!hihi,ah se mi sentissero alcuni capi di stato!i presupposti sembrano esserci.
sono obamiana,forse smetterò di esserlo quando il neo-presidente deluderà la mie speranze ma per ora sogno.sogno un mondo che si avvii sulla starda dell'equità,della giustizia sociale,della sostenibilità,ed essendo,appunto,gli usa ancora una grande potenza molto dipende da loro!yes,we can!and must can!

Anonimo ha detto...

Cara zialibertà

ci distingue solo il tuo ottimmismo della volontà ed il mio pessimismo della ragione.

Anche a me piace tantissimo Obama e forse qualche anno addietro avrei certamente seguito quest'impeto e gridato con te "yes we must can"; oggi però mi sento più inccline a non dare subito la mia fiducia ad un leader di cui si conosce poco.
Diciamo che sono le stesse ragioni che alle primarie mi spinsero a non appoggiare Veltroni: lo feci allora ed i fatti mi stanno dando ragione.
Con Obama spero però vivamente di sbagliarmi. Sai perchè?
Perchè Obama ha messo in circolo un modo "nuovo" di far politica: la politica PARTECIPATA (beh... la poiotica o è così oppure non è!)
Questa campagna via internet mi ha fortemente suggestionato. Sai penso sempre che il grado di democraticità di un paese si misuri dalla velocità di scambio ed elaborazione delle informazioni. Obama ce lo ha fatto toccare con mano. Solo per questo spero che riesca a realizzare il sogno che ha innescato...tuttavia rimango dell'idea di aspettare e vedere i fatti concreti.
E se la politica economica di obama, ad esempio, si ridurrà a dare incentivi ed aiuti economici a determinati settori, senza puntare sull'innovazione?
diego