Propongo qui l'articolo più intelligente e chiaro che ho trovato sulla rete per il caso Noemi/Berlusconi. Aldilà della politica urlata sono queste le quattro ovvietà che più lasciano perplessi in una vicenda quanto mai contorta.
PS: secondo me la domanda di Franceschini (fareste educare i vostri figli da quest'uomo?) era ed è più che legittima, intelligente ed....ovvia. Ognuno si dia la risposta che vuole.
Una cara amica mi posta questo commento con relativa immagine: TROPPO DIVERTENTE!!!
"di buon mattino ho letto l'art. di severgnini e anche a me è parso il + centrato che mia sia capitato di leggere..quanto all'ovvietà di franceschini quella rimane a mio parere domanda non legittima, oltre che una caduta di stile che mi costringe ad allinearmi alla vignetta di marassi del mattino di ieri che ti allego!
cari saluti"
PS2:Aspetto questa volta il commento di Nicola
Noemi, quattro cose ovvie
Beppe Severgnini,
Un pesce rosso convinto d'essere un cardinale, gli economisti che ammettono di non averci capito niente, la politica fuori dalla nomine Rai, José Mourinho che lavora gratis. Sono molte le notizie surreali che avrebbero potuto colorare questa torrida primavera, ma è toccato a una ragazzina e ai suoi bizzarri rapporti col presidente del Consiglio.
Bizzari: ecco la parola. Potete essere di destra o di sinistra, atei e cattolici, giovani o meno giovani, ma sarete d'accordo: se uno sceneggiatore avesse scritto un film con quella trama, gli avrebbero detto "Ragazzo, hai bevuto?". Invece è accaduto. Noemi, le feste, il papi, i genitori, le smentite, i fidanzati che compaiono e scompaiono. I marziani guardano giù dicendo: "E quelli strani saremmo noi?".
Quattro punti ovvii, per ridurre i litigi e provare a ragionare. Il primo: la frequentazione tra un settantenne e una diciassettenne - al di là del ruolo di lui - è insolita. La famiglia Letizia non sembra stupita, decine di milioni d'italiani sì. Una spiegazione plausibile ancora non l'hanno avuta. Se tanti lavorano di fantasia, a Palazzo Chigi non possono stupirsi.
Ovvietà numero due. Alcune affermazioni del protagonista sono state smentite. "L'ho sempre vista coi genitori": poi Noemi - ma cosa s'è fatta? era così carina! - salta fuori alla festa del Milan, sbuca al galà della moda, compare in Sardegna. Per cose del genere, nelle altre democrazie, i potenti saltano come tappi di spumante. Noi siamo più elastici - succubi, rassegnati, distratti, disinformati: scegliete voi l'aggettivo - ma un leader politico, perfino qui, dev'essere credibile.
Ovvietà numero tre. Le abitudini e le frequentazioni di Silvio B. riguardano solo Veronica L. (che peraltro s'è già espressa con vigore sul tema)? Be', fino a un certo punto. Il Presidente del Consiglio guida una coalizione di governo che organizza il Family Day, mica il Toga Party o il concorso Miss Maglietta Bagnata. Michele Brambilla - vicedirettore del "Giornale", bravo collega e uomo perbene - spiega che, per il mondo cattolico, contano le azioni politiche, non i comportamenti coerenti. Io dico: mah!
Ovvietà numero quattro. L'opposizione, in tutte le democrazie, cerca i punti deboli dell'avversario, soprattutto alla vigilia delle elezioni. Dov'è lo scandalo, qual è la novità? Se Piersilvio s'indigna, non ha idea di cosa avrebbe passato suo padre in America, in Germania o in Gran Bretagna (dov'è inconcepibile che i capi di governo possiedano televisioni). Non solo in questi giorni: negli ultimi quindici anni.
Bene: quattro cose ovvie, in attesa di sviluppi. Intanto s'è insediato quietamente il governo Letta. Qualcuno che coordini ci vuole. C'è da lavorare, e il Capo è altrove.
Dal Corriere della Sera del 28 maggio 2009
venerdì 29 maggio 2009
Le ovvietà di Beppe
lunedì 25 maggio 2009
TRIBUTO A GUCCINI: La Locomotiva
Oggi riprendo una mia mai sopita passione: Guccini. Per gli amanti eccovi la vera storia della "locomotiva" TRATTA DAL SITO WWW.AVVELENATA.IT
La vera storia del macchinista ferroviere
Alla fine di ogni concerto Francesco Guccini ripropone la sua ballata più popolare: "la locomotiva", dopo oltre vent'anni, continua a commuovere gli animi di giovani e meno giovani. Ma pochi sanno che questa canzone si richiama a un fatto realmente accaduto il secolo scorso: protagonista il fuochista anarchico Pietro Rigosi, che si impadronì di una locomotiva e la mando a schiantarsi contro una vettura in sosta nella stazione di Bologna. Miracolosamente si salvò, ma non svelò mai il mistero di quella folle corsa.
(tratto da "Amico treno" dell'aprile 1993)
Quando i concerti si avviano alla fine, e le richieste si fanno più insistenti, dopo i successi di tante stagioni, è ormai rituale per Francesco Guccini chiudere con la sua ballata più popolare: la locomotiva. Dopo oltre vent'anni, con tutto quello che è avvenuto nel frattempo, questa canzone dal sapore libertario, continua a smuovere qualcosa negli animi di giovani e meno giovani, in quella parte che vuole, malgrado tutto, continuare a credere. E quell'immagine, sia pure un po' sinistra, della locomotiva "come una cosa viva lanciata a bomba contro l'ingiustizia" mantiene il suo fascino col passare delle generazioni. E questa una ballata che si richiama a un fatto realmente accaduto il secolo scorso (esattamente il 20 luglio 1893) e, per quanto riguarda i fatti, vi si attiene fedelmente. Si tratta di un episodio singolare, rimasto se non unico abbastanza raro negli annali ferroviari. La curiosità di saperne di più ci ha spinto a qualche ricerca, sulla stampa dell'epoca e negli archivi delle Ferrovie.
"Il disastro di ieri alla ferrovia - l'aberrazione di un macchinista", titola il quotidiano bolognese “Il Resto del Carlino” del 21 luglio 1893. Nell'articolo si legge:
"Poco prima delle 5 pomeridiane di ieri, l'Ufficio Telegrafico della stazione (di Bologna, ndr) riceveva dalla stazione di Poggio Renatico un dispaccio urgentissimo (ore 4,45) annunziante che la locomotiva del treno merci 1343 era in fuga da Poggio verso Bologna. Lo stesso dispaccio era stato comunicato a tutte le stazioni della linea, perché venissero prese le disposizioni opportune per mettere la locomotiva fuggente in binari sgombri dandole libero il passo in modo da evitare urti, scontri o disgrazie. [...] Capo stazione, ingegneri e personale del movimento furono sossopra e chi diede ordini, chi si lanciò lungo la linea verso il bivio incontro alla locomotiva che stava per giungere. Non si sapeva ancora se la macchina in fuga era scortata da qualcuno del personale; e solo i telegrammi successivi delle stazioni di San Pietro in Casale e Castelmaggiore, che annunziavano il fulmineo passaggio della locomotiva, potevano constatare che su di essi stava un macchinista e un fuochista. Ma la corsa continuava e la preoccupazione alla ferrovia cresceva [...]“
All'epoca già confluivano alla stazione di Bologna quattro importanti linee ferroviarie e i binari di stazione erano soltanto cinque. In quell'ora i binari erano ingombri per treni in arrivo e in partenza Non c'erano sottopassaggi. La inevitabile concisione dei dispacci telegrafici impedì di comprendere chiaramente la situazione. Per evitare guai maggiori la locomotiva venne instradata sul binario cosiddetto "2 numeri", un binario tronco sulla destra, più o meno dove oggi c'è il fabbricato delle Poste. Allora c'erano le tettoie della gestione merci.
”Alle 5,10 [la locomotiva] entrava dal bivio e passava davanti allo scalo, fischiando disperatamente, con una velocità superiore ai 50 km. Sulla macchina c'era un uomo che, invece di dare il freno, cercare di fermare, metteva carbone.... Era un uomo che correva, che voleva correre alla morte! Il personale lungo la linea agitando le braccia, gridando, gli faceva cenno di fermare, di dare il freno; taluno gli urlò di gettarsi a terra, ma egli rimaneva imperterrito nella locomotiva. Un esperto macchinista, il Mazzoni, che era lungo la linea e lo vedeva correre incontro a morte sicura, gli gridò: "buttati a terra!"; ma il giovanotto - che giovane era lo sciagurato - dalla banchina a lato della piazza tubolare della caldaia tenendosi alla maniglia di ottone, si portò sul davanti della locomotiva sotto il fanale di fronte, attaccato sempre alla maniglia e colla schiena verso la stazione dov'era il pericolo.”
La locomotiva (della quale il giornale ci dà anche il numero di matricola: era la 3541) andò quindi a sbattere contro la vettura di prima classe ed i sei carri merci che si trovavano in sosta sul binario tronco alla velocità di 50 chilometri orari.
sabato 23 maggio 2009
La storia siamo PROPRIO noi
bighellonando sulla rete trovo questo interessante articolo apparso sul sito nazionale dell'Azione Cattolica.
Da leggere e meditare attentamente.....
La storia siamo noi
«Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri.
Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti.
Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina, ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro.
Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro.
I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali».
La relazione così prosegue: «Propongo che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano purché le famiglie rimangano unite e non contestano il salario. Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell’Italia. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più.
La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione».
Il testo è tratto da una relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti, Ottobre 1912.
Fonte: Rainews24
mercoledì 13 maggio 2009
LETTERA APERTA AI CONSIGLIERI DEL GRUPPO "CATTOLICI DEMOCRATICI" DI AIROLA
Leggo con vero piacere della costituzione ad Airola di un gruppo consiliare dei "Cattolici Democratici": una sigla veramente impegnativa!
Già, perchè il filone del cattolicesimo democratico è uno di quelli politicamente e storicamente più blasonati.
Richiamarsi a questa precisa cultura politica vuol dire oggi ispirarsi a personaggi del calibro di Dossetti, La Pira, Lazzati, Bachelet: personaggi coerenti che, formatisi nell'ambito del cattolicesimo organizzato, hanno letteralmente creato l'Italia repubblicana; testimoni veri nella costruzione della civiltà dell'amore sognata da Paolo VI.
Pertanto essere cattolici e democratici significa ispirarsi a tutto un mondo culturale che, a detta dei ben informati in ambito ecclesiale, oggi sarebbe superato. E' una scelta coraggiosa!
Tuttavia essere cattolici e democratici in politica richiede, anche oggi e più di ieri, coerenti stili di vita evangelici.
Richiede di possedere un abecedario spirituale (si proprio così...spirituale!) in cui i concetti di bene comune, persona, solidarietà, sussidiarietà siano costitutivi dell'agire politico.
Soprattutto dirsi oggi cattolico democratico significa mettere al centro il concetto di persona nella sua interezza, senza infingimenti e mezze misure.
Significa, qui ed oggi, respingere con forza le pratiche clientelari degenerate di chi ha teorizzato e praticato come moralmente accettabile la sistematica colonizzazione delle istituzioni.
Significa segnare una cesura con i tanti figli della Chiesa campana che in politica hanno svilito con pratiche incoerenti i grandi ideali a cui dicono spudoratamente di richiamarsi tutt'ora.
Significa battersi per una Politica alta e altra che ponga al centro la questione sociale ed, insieme e inscindibilmente, il valore sacro di ogni vita umana.
Se tutto questo sta a cuore ai nostri amici ne sono contento, altrimenti sarò costretto a concludere sconsolato che anche per loro "l’essere cristiani è solo una bella e luccicante etichetta!" (Mons. De Rosa)
mercoledì 6 maggio 2009
AUGURI AI CANDIDATI
pubblico qui gli auguri ai candidati per le elezioni del 6-7 giugno 2009fatti dal mio vescovo mons. Michele De Rosa.
A me soo piaciuti...a voi commenti o riflessioni.
alla prossima
CANDIDATI…AUGURI
La Chiesa è stata fondata da Gesù Cristo non per essere una setta, un gruppo di persone che stanno bene insieme, impermeabile ai problemi che agitano gli uomini ma per essere una comunità - questo è il significato di Chiesa - a servizio dell’umanità.
Il grande teologo protestante Dietrich Bonhoeffer, morto nel campo di concentramento di Flossenburg, in Germania, perché combatteva attivamente Hitler, ha scritto che se vogliamo dare una definizione esatta di Gesù potremmo dire che Egli è stato l’uomo, l’uomo-Dio, per gli altri. La sua vita cioè è stata contrassegnata dal servizio reso al progetto di amore del Padre che per lui prevedeva la morte, e quindi la risurrezione, e per noi la vita, cioè la comunione con Dio.
Il cristiano conseguentemente non può non essere l’uomo per gli altri, colui che si apre ai bisogni dei fratelli, che nel fratello vede Gesù, che ama tutti, non solo quelli che corrispondono al suo amore con la gratitudine ma anche, come ha fatto Gesù stesso, i propri nemici.
I cristiani non vivono isolatamente ma sono chiamati a tendere alla santità insieme, nella Chiesa, dove, ascoltando la Parola di Dio, celebrano i sacramenti e si nutrono dell’Eucarestia, del corpo e sangue del Signore, per essere forti nella fede e non farsi abbagliare dai miraggi effimeri di questo mondo.
L’impegno del cristiano nel mondo, in questi duemila anni di storia del cristianesimo, si è espresso seguendo percorsi diversi.
Uno di questi è stato senza dubbio la partecipazione alla vita politica. I cristiani - leggiamo già nel secondo secolo nella Lettera a Diogneto - “partecipano alla vita pubblica come cittadini”.
Non a caso la Chiesa annovera tra i suoi santi uomini e donne che hanno servito Dio mediante il loro impegno generoso nelle attività politiche e di governo. S. Tommaso Moro (1478-1535), proclamato patrono dei governanti e dei politici nel 2000, seppe testimoniare fino al martirio la dignità inalienabile della coscienza. Pensiamo anche a politici italiani come Alcide De Gasperi e Giorgio La Pira.
Essa è consapevole che la via della democrazia se da una parte esprime al meglio la partecipazione diretta dei cittadini alle scelte politiche, dall’altra si realizza solo nella misura in cui ha alla sua base la retta concezione della persona (Cf CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici in politica, 3).
Il Concilio Vaticano II insegna infatti che “la tutela dei diritti della persona umana è condizione perché i cittadini, sia individualmente presi, sia associati, possano partecipare attivamente alla vita e al governo della cosa pubblica” (Gaudium et Spes, 73).
Questo significa lavorare per il bene comune, “l’insieme cioè di quelle condizioni necessarie perché gli uomini, le famiglie, le associazioni e i Paesi possano ottenere, pienamente e facilmente, il proprio sviluppo”.
Le istituzioni esistono, devono esistere per promuovere, coordinare, realizzare tutte quelle iniziative che concorrono al bene comune.
In quasi undici anni di episcopato a Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata de’ Goti non ho visto sorgere una piscina, parlo di piscina pubblica, un campo di calcio degno di questo nome, un centro per anziani, un palazzetto dello sport (solo a Cerreto Sannita in questi anni è sorto un palazzetto dello sport nuovo), un centro sociale per i giovani.
La diocesi con l’otto per mille - senza aiuti di privati, comuni, provincia, regione - in questi ultimi dieci anni ha costruito 15 case canoniche ( oltre quelle ristrutturate). A Presta di Sant’Agata de’ Goti ha ristrutturato la chiesa dalle fondamenta e costruito una casa canonica attigua con un salone di 150 mq. Ha costruito anche tre centri pastorali (Forchia, Luzzano di Moiano e Cerreto Sannita). In questi giorni consegnerà alla comunità di San Salvatore Telesino una casa canonica nuova fortemente voluta dal sindaco Pacelli e realizzata con la collaborazione attiva del sindaco Creta. E le costruzioni (Amorosi, San Lorenzo Maggiore, San Nicola ad Orcula in Dugenta, etc.), continuano ancora. Avremmo voluto fare di più ma non abbiamo trovato sempre sponde disponibili.
Un altro passo dobbiamo fare ancora: costruire oratori. C’è una legge sugli oratori che deve essere finanziata annualmente dalla regione. Ma sappiamo tutti che la regione Campania per certe spese è molto parsimoniosa!.
Programmare e realizzare il bene comune richiede stabilità amministrativa. Purtroppo nelle nostra Provincia attualmente ci sono molti comuni retti dal commissario prefettizio. Il tasso di rissosità, senza voler generalizzare, è troppo alto e troppo spesso le maggioranze sono in partenza non omogenee per cui alla prima difficoltà le amministrazioni cadono. Altro che bene comune. Troppo spesso sono calcoli di bottega a determinare la fine prematura di molti consigli comunali.
E non può essere altrimenti se troppo frequentemente le liste non sono compilate direttamente per governare ma si formano i blocchi costituiti da tutti i colori dell’arcobaleno politico italiano, dall’estrema destra all’estrema sinistra, pur di mandare a casa il sindaco in carica. Con la conseguenza che dopo pochi mesi dalla vittoria l’ amministrazione così costituita si sgretola, perde petali fino spesso al alzare bandiera bianca o, nelle migliori delle ipotesi, a vivacchiare. Il colmo poi si raggiunge quando un partito si divide e alcuni sono presenti nella prima lista e gli altri nella seconda. E così il partito potrà sempre dire di aver vinto!
Nella politica italiana poi si assiste al fenomeno del trasformismo di giolittiana memoria. Anzi parlerei di pendolarismo. Parlamentari che passano da uno schieramento all’altro con una disinvoltura degna di miglior causa. Addirittura partiti interi passano da destra a sinistra e poi da sinistra a destra per adesso! Non credo che questi pendolari della politica italiana oscillino per amore dei fratelli, per fare meglio il bene degli altri. Credo piuttosto che lo facciano per “amore” del partito, dei parenti e conoscenti pronti anche a tagliare le gambe ai giovani più promettenti per paura di essere scalzati quando diventeranno maturi per la pensione.
Un’osservazione vorrei fare riguardante coloro che si fregiano del nome di cattolico e poi rivendicano il diritto di votare in parlamento secondo le proprie convinzioni che non sempre collimano con la dottrina della Chiesa a cui pure dicono di appartenere
Scrive Tertulliano: Christiani fiunt, non nascuntur (cristiani non si nasce, si diventa). Si diventa adeguando la propria condotta e le proprie scelte al magistero della Chiesa a cui dicono di appartenere. Altrimenti l’essere cristiani è solo una bella e luccicante etichetta!.
Ogni battezzato – vescovo, sacerdoti, fedeli laici – è missionario, apostolo e testimone dell’amore del Signore nell’ambiente in cui vive. In particolare, “per loro vocazione è proprio dei laici cercare il Regno di Dio trattando le cose temporali orientandole secondo Dio. A loro quindi spetta di illuminare e ordinare tutte le cose temporali, alle quali sono strettamente legati, in modo che sempre siano fatte secondo Dio, e crescano e siano di lode al Creatore e Redentore (Lumen Gentium, 31).
In questa ottica scopro tanta ipocrisia in molti che si dichiarano cattolici e poi per amore della poltrona votano contro le verità non negoziabili della Chiesa cattolica - la vita, la famiglia etc.) in cui militano. Gli stessi teodem sono una razza in estinzione omologati in tutto e per tutto al partito nel quale sono stati eletti.
Mi è sembrato ipocrita l’atteggiamento dell’on. Franceschini quando, vice segretario del PD, rimproverava i parlamentari che protestavano contro il Papa per aver sostenuto non essere accanimento terapeutico l’idratazione e l’alimentazione artificiale e poi concludeva: “Il Papa ha diritto di parola come tutti altri, lasciamolo parlare, tanto poi noi votiamo da laici” cioè, aggiungo io, contro l’insegnamento del Pontefice!.
La politica è il modo privilegiato di praticare l’amore cristiano, quella politica però che ricerca il bene comune, che gestisce il potere in modo giusto ed equo privilegiando coloro che hanno più bisogno: quelli che non arrivano alla fine del mese con il proprio stipendio senza voler pensare a chi vive con il minimo della pensione.
Dipende anche da noi se il futuro sarà la civiltà dell’amore, come amava chiamarla Paolo VI, oppure la civiltà – che più strettamente si dovrebbe chiamare l’“inciviltà” – dell’individualismo, dell’utilitarismo, degli interessi contrapposti, del nazionalismi esasperatiti, degli egoismi eretti a sistema.
Perciò è necessario e urgente alzare forte la voce. Occorre rompere il silenzio impacciato di troppi che oggi stanno zitti per acquiescenza, per diplomazia o per interesse .
Stiamo celebrando in diocesi il Sinodo dei Giovani. A loro sempre dico di scegliere anche la politica come campo di testimonianza cristiana. A quelli che mi dicono di non volersi sporcare le mani, entrando in politica, risponde prontamente: “E che ve ne fate delle mani pulite se le tenete sempre in tasca?”.
La campagna elettorale è naturalmente il tempo delle divisioni, dove ogni partito vuol mettere in evidenza la sua specificità. Ma tutto questo deve avvenire con la proposta delle proprie scelte e non demonizzare l’avversario, spesso entrando proditoriamente nella sua vita privata anche con lettere anonime. Questa è vigliaccheria e non certo confronto politico!.
A tutti coloro che lavorano in politica, soprattutto agli eletti di questa tornata elettorale di giugno, i miei migliori auguri perché assumano il loro impegno con entusiasmo e soprattutto con la consapevolezza di aver ricevuto un mandato, vorrei dire la missione, di lavorare per il bene di tutti mettendo sempre al centro la persona umana con i suoi diritti e i suoi doveri inalienabili.
+ Michele De Rosa
vescovo di
Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata de’ Goti