Segnalo quest'articolo di un giornalista serio ed intelligente che scrive sulle colonne di Avvenire: Roberto Beretta.
L'ho trovato su un sito che consiglio a tutti di visitare: www.vinonuovo.it
In un momento di reale difficoltà della Chiesa gerarchica per gli scandali finanziari (vedi vicenda IOR con i recentissimi strascichi) e di pedofilia, ci vuole vero coraggio a scrivere queste cose e a parlare del trionfalismo ecclesiale.
Si rischia il linciaggio morale di qualche cane di Pavlov sanfedista!
E credetemi!....in giro ce ne sono di veramente insospettabili.
Io aggiungo che questo trionfalismo ecclesiale trova una profonda radice anche in una linea ecclesiale, vigorosa nell'episcopato soprattutto durante il papato di GPII, che, pur proponendo un messaggio evengelico dai forti contenuti, ad una attenta analisi degli atteggiamenti pratici e della sintassi applicativa, debordava spesso su una eccessiva attenzione all'efficacia del messaggio veicolato.
Ciò ha portato tanti esponenti della chiesa gerarchica a non coltivare sufficientemente la virtù della PRUDENZA che certamente avrebbe evitato tanti piccoli (es: caso boffo)e grandi (es: ior, padre meciel, pedofilia)scandali che solo oggi scopriamo.
Come uscirne?
Il Papa profeticamente ha indicato una via: penitenza ed espiazione!
Conclusione della pecora nera?
Grazie a Dio, la carità non avrà mai fine e la Chiesa non è solo nelle mani degli uomini ma anche è nelle mani di Cristo ed è guidata dallo Spirito Santo!!!
a presto.
ROBE DI RO.BE.
A margine dell'ultima «piazzata»
di Roberto Beretta | 21 maggio 2010
Quando i cattolici scendono in piazza l’apologetica di contrattacco non manca mai: come se ci fosse sempre bisogno di un «nemico» (un complotto) cui replicare
Si è appena consumata l’ultima «piazzata» cattolica (anzi, del cattolicesimo italiano) e quindi non si fa danno a nessuno - soprattutto a quanti hanno organizzato il 16 maggio la giornata romana di solidarietà col Papa - se ci permettiamo qualche osservazione critica.
Uno. Tutti sanno i rischi insiti nelle manifestazioni di massa, che nella loro speciale retorica comprendono anche la compiacenza del contarsi («Avete visto quanti siamo?») e la tentazione della prova di forza. Il mondo cattolico – dai «baschi verdi» di geddiana memoria fino all’ultimo Family Day «elettorale» - ha già abbondantemente dimostrato di non saper affatto sfuggire a tale rischio.
Due. Stare accanto al Papa in un momento difficile sta bene, anzi benissimo; ma per dimostrare affetto in genere si usa una carezza: non si fa il braccio di ferro... Invece quando i cattolici scendono in piazza l’apologetica di contrattacco non manca mai: come se ci fosse sempre bisogno di un «nemico» (un complotto, un assedio) cui replicare a suon di truppe cammellate di movimenti & diocesi.
Tre. È palese quanto il genuino voler bene al Papa di tanta gente si presti purtroppo ad essere strumentalizzato (magari anche inconsciamente) dal trionfalismo ecclesiastico. Il presidente della Cei Bagnasco, in una recente intervista, dedicata proprio all’evento del 16 maggio, ha dichiarato: «Il rapporto degli italiani con la Chiesa è genetico»... Ma per piacere! Sembra di sentire il vecchio ritornello della «Francia figlia primogenita della Chiesa»: e - guarda caso, o (meglio) vendetta della storia - oggi Parigi è l’avanguardia della secolarizzazione in Europa!
Quanto meno trionfalista (e più cristiano) il monito che solo poche ore dopo lo stesso Papa lanciava a Lisbona: «Spesso ci preoccupiamo affannosamente delle conseguenze sociali, culturali e politiche della fede, dando per scontato che questa fede ci sia, ciò che purtroppo è sempre meno realista». Che stesse alludendo proprio all’Italia?
mercoledì 2 giugno 2010
Contro il trionfalismo ecclesiale
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