Brutta
piega. Sì, è proprio una brutta piega quella presa dal dibattito interno al PD
rispetto alle unioni civili ed i cd matrimoni gay.
Da
un lato lo sforzo encomiabile della commissione Bindi che ha elaborato un ampio
(forse troppo) e condivisibile documento di sintesi che ha ambito una forzata unanimità,
dall'altro le giuste rivendicazioni di chi si sente escluso dai diritti e trova
sponde interessate in qualche dirigente in cerca di visibilità.
In
effetti si ha l'impressione di una polemica che infiamma il partito, ma forse
non interessa a nessuno realmente, neanche i vescovi
Intanto
ciò che veramente interessa il partito, cioè come e chi sceglierà i prossimi
parlamentari da candidare, passa sullo sfondo di un dibattito sulla legge
elettorale, forse esacerbato ad arte.
Bene!
Comunque proviamo a farci appassionare da questo dibattito sui diritti civili
delle coppie di fatto, con la consapevolezza che altre sono le priorità
dell’agenda politica.
Ciò,
ci fa invocare almeno un netto cambio di approccio.
Basta
con le derive rivendicazioniste di qualche attivista nominato in parlamento,
basta con i discorsi su massimi sistemi, principi e valori negoziabili e
non!
Ci
vorrebbe un serio richiamo a quella che Macchiavelli chiamava la “realtà
effettuale”, quella delle cose così come esse sono.
Allora
partiamo da qualche fatto. Mi lascio aiutare da alcuni dati raccoli da Cartocci
nel recente libro “Geografia dell’Italia cattolica”.
Nel
2006 i matrimoni civili celebrati erano il 34 % del totale dei celebrati, i
figli nati fuori dal matrimonio il 18 % del totale dei
nati.
Nulla
lascia credere che tali percentuali siano in calo. E’ evidente che stiamo assistendo nell’ultimo ventennio ad un
imperioso e vigoroso cambio dei costumi in una società che inizia ad operare
scelte di vita differenti dal matrimonio religioso. E’ la cd
secolarizzazione!
Ciò
non toglie che tale tendenza non è maggioritaria ed attualmente la legislazione
italiana in tema di famiglia ha come punto focale, comunque condiviso da
un’ampia maggioranza nel paese, il principio di stabilità dell’unione familiare
dal quale discendono i più diversi diritti. Tale stabilità dell’unione familiare
è comunque relativa e non esclude lo scioglimento della famiglia ma presuppone a
tal fine un cammino di riflessione che passa per la richiesta di
separazione e poi di
divorzio.
In
questa situazione di fatto, i problemi che maggiormente si impongono
all’attenzione della politica, riguardano la possibilità per le coppie di fatto,
omo ed etero, di godere di alcuni di questi diritti tra i quali i più discussi
sono: il diritto alla successione legittima, il diritto a poter adottare figli,
il diritto di fruire delle agevolazioni sociali del Welfare
State.
Beh,
la politica si deve occupare precisamente di questo, non di modelli tedeschi, spagnoli ecc..oppure
di petizioni di principio su valori da difendere.
Chi
abbia seriamente a cuore il bene comune deve “voler” rispondere motivatamente
a queste domande: questi diritti sono riconoscibili ad unioni non stabili,
diverse dalla famiglia fondata sul matrimonio? Se sì, entro quali limiti? Se no,
perché?
Personalmente penso che
i diritti di successione legittima non possano essere riconosciuti alle coppie
di fatto, proprio perché tali unioni mancano di quel carattere di relativa
stabilità che hanno oggi le famiglie unite in matrimonio: in ciò sta la radice
dei diritti di successione legittima in quanto la legge presume in caso di morte
la volontà di destinare i propri beni a coloro con i quali ci si è presi un
impegno di vita stabile.
Per la medesima
motivazione, legata all’indelebilità del rapporto di filiazione naturale che è
per sua natura stabile, mi sembra ineludibile una piena equiparazione nei
diritti di successione legittima per i figli naturali e per quelli
legittimi.
Per le agevolazione del
Welfare State penso che sia dirimente la presenza o meno di figli; non mi sembra
un problema la presenza di registri delle unioni, anche se non so se sono sempre utili al fine e spesso
sono caricati di un sapore rivendicazioni sta non conducente al
fine.
Quanto infine alla
possibilità di adozione, la escludo per le coppie omo e forse anche per quelle
etero, proprio perché l’adozione di figli richiede un di più di responsabilità
verso se stessi e gli altri, di cui si potrebbe presuntivamente ritenere
maggiormente dotata una coppia unita stabilmente.
Detto questo circa le
mie personali opinioni e risposte agli interrogativi posti che possono o meno interessare, aspetto che i nostri
dirigenti rispondano a queste domande con serietà e senza
slogan.
Tuttavia penso
seriamente che questi non possano essere temi su cui un partito del XXI secolo
possa decidere di formarsi un’idea unica imposta a tutti. Questa pretesa mi pare
errata.
Anzi, penso che, su
temi come questo dove la cd “tirannia dei valori” più si fa sentire, l’esigenza
di compattezza e tenuta del partito possa tranquillamente lasciare il campo ad
una discussioni interna ed esterna al partito ed in parlamento, anche perché
siamo politici che devono guardare alla realtà effettuale ed al bene comune. Non
siamo filosofi, sociologi, teologi ecc…difensori di principi e
valori.
Parafrasando Ingrao,
concludo che sarebbe poco saggio e coerente per un partito democratico, da un
lato lottare per la libertà,la giustizia e l’uguaglianza nei luoghi di lavoro e
nella società e, poi, dall’altro non praticare questi principi nel dibattito
interno, lasciando sempre ed unicamente vincere le esigenze di compattezza e
tenuta su quelle di libertà di coscienza.
Forse aiuterebbe tutti
in questo cammino la serena consapevolezza che oggi, in una società
secolarizzata e multiculturale, i partiti non propongono più visioni del mondo
ideologiche, ma organizzano e suscitano forze “verificando modi e forme in cui
procede l’incontro e lo scontro tra opposte visioni” per trovare risposte,
quanto più concrete ed efficaci ai bisogni della società.
“La grande, difficile
sfida- conclude Ingrao in un recente scritto- è come tenere insieme la forza e
la vitalità di un soggetto plurale con la ricchezza e varietà dell’essere umano,
con la sua polimorfa concretezza ed interiore libertà”
Questa mi sembra anche
la sfida da vincere per noi democratici.
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