venerdì 3 gennaio 2014

GRILLISMO: è solo populismo?



Il rapporto con M5S appare oggi un nodo serio per il Partito Democratico.
Spiace dover tuttavia constatare che questo rapporto viene ignorato dai nostri dirigenti che a tutti i livelli paiono fermarsi alla superficie del cd “grillismo”, concentrandosi molto sull’aspetto della protesta grillina e non spingendosi a valutarne la proposta politica. Si arriva così a giudizi meramente liquidatori sul populismo grillino e non si traggono utili conseguenze per la nostra azione politica.
Un bel salto nell’analisi che rischia di ridimensionare le nostre potenzialità di consenso elettorale.
Eppure molti attivisti grillini – dobbiamo ammetterlo – sono elettori delusi di centrosinistra. Tanti di loro forse in tempi passati hanno votato Ulivo oppure Unione. Neanche questo ci interroga?!
In un suo recente testo Elisabetta Gualmini questa analisi la tenta e collega molto efficacemente il movimento grillino con la cd “rivoluzione silenziosa” teorizzata da Ronald Inglehart (lo studioso che ha coniato l’espressione “mobilitazione cognitiva”, tanto cara a Barca). Ebbene Gualmini a mio avviso ha visto giusto. Oggi iniziamo a vedere infatti i frutti di quella rivoluzione che la rete, l’aumento del tasso di scolarizzazione ed il cambio di paradigmi culturali ha portato nella società. Quella fine del ciclo individualista che tanti hanno scorto, forse si sta realizzando, con l’abbandono dei valori individuali e materiali e la valorizzazione di tutto ciò che fa “rete” , che fa “comunità.
Spiace constatare tuttavia che il Partito Democratico, nato proprio per cogliere sul piano politico questa virata e cavalcarla, è rimasto al palo. Perché?! Forse una risposta potrebbe stare nella declinazione dei temi e delle  priorità “reali” del partito. Una impostazione troppo ancorata a vecchi arnesi ideologici, ci ha impedito di cogliere due temi che i grillini invece hanno colto con lucidità nella propria proposta: l’ambiente ed il tema della partecipazione e moralizzazione della politica.
Su questi temi infatti il PD è stato oggettivamente inchiodato, scegliendo altre priorità, e non è riuscito ad interpretare la rivoluzione silenziosa di cui parlavo.
Sull’ambiente,  ci siamo lavati la coscienza inglobando qualche rappresentante ecologista che abbiamo esibito nelle liste, quando invece ci troviamo sui nostri territori gruppi di attivisti a cinque stelle che girano e documentano scempi, quasi come fossero una sezione di Legambiente. I nostri circoli territoriali, quelli più vicini alla gente, invece paiono non marcare quest’attenzione.
Sul tema della partecipazione e moralizzazione della politica, abbiamo spesso abdicato sul territorio al principio di partecipazione, acconciandoci ad essere spettatori di una politica fatta da capi e capetti. Diciamoci la verità: nel Pd sul territorio spesso contano di più padri e padrini politici – a volte proprio sul piano del vincolo di sangue - che non il “fare politica” con e tra la gente. Contano le “risposte” che si sanno dare ai singoli che non quelle che debbono essere date alle comunità. Il sistema delle sezioni è spesso preda dei giochi interni, non attraente per chi sta fuori ed ha tanti pregiudizi sulla politica ed i partiti.
Di chi la responsabilità?!Molta ricade su chi da Roma in giù, nell’indifferenza  di tanta parte della base, ha dato la direzione al partito fino ad oggi. La distonia tra Roma ed il territorio fino ad ora è stata evidentissima a tutti. Gli stessi amici grillini ce ne fanno una colpa, spiegandoci che “il re è nudo” Tuttavia ciò non deve fiaccarci perchè, come ricordo spesso, quello che per noi dirigenti locali conta è quello che facciamo “qui ed ora in questo pezzetto di mondo che è affidato alla nostra personale responsabilità”.
Allora penso di non sbagliare se aggiungo che una grossa responsabilità per questo stato di cose è anche in capo a noi dirigenti locali che spesso,per la piccola responsabilità affidataci,  non riusciamo ad essere propositivi ed a marcare la “differenza democratica” con quella coerenza che ci è richiesta. Spalancare le porte dei circoli, sfatare pregiudizi e remore di elettori e simpatizzanti, rendere le nostre strutture di partito case accoglienti per le voci dissenzienti: sono imperativi da non disattendere per chi voglia coerentemente essere democratico.
In questa sfida con il populismo grillino tuttavia noi abbiamo una marcia in più: abbiamo risolto il problema della selezione della classe dirigente che ci scegliamo liberamente e la struttura del partito ormai collaudata ci aiuta a rendere chiaro ed intellegibile il raccordo tra leaderschip ed elettorato. Soprattutto stiamo con fatica formando una nuova classe dirigente giovane che si sente già “comunità” di relazioni e di persone intorno ad un progetto politico. Non pensate che sia una cosa da poco! Il M5S questi passaggi ancora non li ha fatti e saranno per il movimento passaggi dolorosi..
Certo non possiamo accontentarci di questo e semmai  non guasterebbe anche sul territorio qualche azione concreta e forte: ad esempio il PD, per marcare una direzione unica, oppure i singoli circoli potrebbero iniziare col sollecitare le amministrazioni locali democratiche ad approvare i regolamenti attuativi dei referendum popolari locali che in tantissimi comuni mancano.
Da questo “poco” e da una maggiore coerenza democratica allora occorre ripartire. Penso infatti che così potremmo alla lunga anche trovare sinergie e punti di incontro programmatici con quei “dirigenti” grillini – uso le virgolette per rispetto visto che per loro “uno vale uno”- che oggi ci evitano sdegnosamente tacciandoci di incoerenza, ma in futuro, passata la fase maggiormente protestataria, potrebbero essere interessatissimi a realizzare con il consenso che il popolo gli riconosce e insieme con il PD concrete politiche – policies- a favore delle nostre comunità territoriali.

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