Il rapporto con M5S appare oggi
un nodo serio per il Partito Democratico.
Spiace dover tuttavia constatare
che questo rapporto viene ignorato dai nostri dirigenti che a tutti i livelli
paiono fermarsi alla superficie del cd “grillismo”, concentrandosi molto sull’aspetto
della protesta grillina e non spingendosi a valutarne la proposta politica. Si
arriva così a giudizi meramente liquidatori sul populismo grillino e non si
traggono utili conseguenze per la nostra azione politica.
Un bel salto nell’analisi che
rischia di ridimensionare le nostre potenzialità di consenso elettorale.
Eppure molti attivisti grillini –
dobbiamo ammetterlo – sono elettori delusi di centrosinistra. Tanti di loro
forse in tempi passati hanno votato Ulivo oppure Unione. Neanche questo ci
interroga?!
In un suo recente testo Elisabetta Gualmini questa analisi
la tenta e collega molto efficacemente il movimento grillino con la cd “rivoluzione
silenziosa” teorizzata da Ronald Inglehart (lo studioso che ha coniato l’espressione
“mobilitazione cognitiva”, tanto cara a Barca). Ebbene Gualmini a mio avviso ha
visto giusto. Oggi iniziamo a vedere infatti i frutti di quella rivoluzione che
la rete, l’aumento del tasso di scolarizzazione ed il cambio di paradigmi
culturali ha portato nella società. Quella fine del ciclo individualista che
tanti hanno scorto, forse si sta realizzando, con l’abbandono dei valori
individuali e materiali e la valorizzazione di tutto ciò che fa “rete” , che fa
“comunità.
Spiace constatare tuttavia che il Partito Democratico, nato
proprio per cogliere sul piano politico questa virata e cavalcarla, è rimasto
al palo. Perché?! Forse una risposta potrebbe stare nella declinazione dei temi
e delle priorità “reali” del partito.
Una impostazione troppo ancorata a vecchi arnesi ideologici, ci ha impedito di
cogliere due temi che i grillini invece hanno colto con lucidità
nella propria proposta: l’ambiente ed il tema della partecipazione e
moralizzazione della politica.
Su questi temi infatti il PD è stato oggettivamente
inchiodato, scegliendo altre priorità, e non è riuscito ad interpretare la
rivoluzione silenziosa di cui parlavo.
Sull’ambiente, ci
siamo lavati la coscienza inglobando qualche rappresentante ecologista che
abbiamo esibito nelle liste, quando invece ci troviamo sui nostri territori
gruppi di attivisti a cinque stelle che girano e documentano scempi, quasi come
fossero una sezione di Legambiente. I nostri circoli territoriali, quelli più
vicini alla gente, invece paiono non marcare quest’attenzione.
Sul tema della partecipazione e moralizzazione della
politica, abbiamo spesso abdicato sul territorio al principio di partecipazione,
acconciandoci ad essere spettatori di una politica fatta da capi e capetti.
Diciamoci la verità: nel Pd sul territorio spesso contano di più padri e
padrini politici – a volte proprio sul piano del vincolo di sangue - che non il
“fare politica” con e tra la gente. Contano le “risposte” che si sanno dare ai
singoli che non quelle che debbono essere date alle comunità. Il sistema delle
sezioni è spesso preda dei giochi interni, non attraente per chi sta fuori ed
ha tanti pregiudizi sulla politica ed i partiti.
Di chi la responsabilità?!Molta ricade su chi da Roma in giù,
nell’indifferenza di tanta parte della base,
ha dato la direzione al partito fino ad oggi. La distonia tra Roma ed il
territorio fino ad ora è stata evidentissima a tutti. Gli stessi amici grillini
ce ne fanno una colpa, spiegandoci che “il re è nudo” Tuttavia ciò non deve
fiaccarci perchè, come ricordo spesso, quello che per noi dirigenti locali
conta è quello che facciamo “qui ed ora in questo pezzetto di mondo che è
affidato alla nostra personale responsabilità”.
Allora penso di non sbagliare se aggiungo che una grossa
responsabilità per questo stato di cose è anche in capo a noi dirigenti locali
che spesso,per la piccola responsabilità affidataci, non riusciamo ad essere propositivi ed a
marcare la “differenza democratica” con quella coerenza che ci è richiesta.
Spalancare le porte dei circoli, sfatare pregiudizi e remore di elettori e
simpatizzanti, rendere le nostre strutture di partito case accoglienti per le
voci dissenzienti: sono imperativi da non disattendere per chi voglia
coerentemente essere democratico.
In questa sfida con il populismo grillino tuttavia noi
abbiamo una marcia in più: abbiamo risolto il problema della selezione della
classe dirigente che ci scegliamo liberamente e la struttura del partito ormai
collaudata ci aiuta a rendere chiaro ed intellegibile il raccordo tra
leaderschip ed elettorato. Soprattutto stiamo con fatica formando una nuova
classe dirigente giovane che si sente già “comunità” di relazioni e di persone
intorno ad un progetto politico. Non pensate che sia una cosa da poco! Il M5S
questi passaggi ancora non li ha fatti e saranno per il movimento passaggi
dolorosi..
Certo non possiamo accontentarci di questo e semmai non guasterebbe anche sul territorio qualche
azione concreta e forte: ad esempio il PD, per marcare una direzione
unica, oppure i singoli circoli potrebbero iniziare col sollecitare le
amministrazioni locali democratiche ad approvare i regolamenti attuativi dei
referendum popolari locali che in tantissimi comuni mancano.
Da questo “poco” e da una maggiore coerenza democratica
allora occorre ripartire. Penso infatti che così potremmo alla lunga anche
trovare sinergie e punti di incontro programmatici con quei “dirigenti”
grillini – uso le virgolette per rispetto visto che per loro “uno vale uno”-
che oggi ci evitano sdegnosamente tacciandoci di incoerenza, ma in futuro,
passata la fase maggiormente protestataria, potrebbero essere interessatissimi
a realizzare con il consenso che il popolo gli riconosce e insieme con il PD concrete
politiche – policies- a favore delle nostre comunità territoriali.
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