Già: perchè Renzi non interviene in Campania?!
Domanda legittima che implica tuttavia un passaggio preliminare.
Lo scorso febbraio il segretario del PD ha scelto di andare al governo,
stringendo un patto con la minoranza dal partito che ha “tradito” Letta.
Perno di quel patto era anche, tra l’altro, un lassaiz faire che oggi
vediamo all’opera in Campania, in Calabria, in Emilia Romagna, in Liguria o nel
Lazio.
In tutte le Unioni Regionali ci si è trovati di fronte a grosse difficoltà
e quasi sempre la risposta è stata il lasciar correre e andare le cose per il
proprio verso. Perchè?
Eppure Renzi gestisce il partito nazionale con criteri democratici e
partecipati, includendo le minoranze e lasciando ampi spazi di discussione e
confronto nelle direzioni nazionali!
Nè ha fatte più lui nell’ultimo anno che Bersani nei sui quattro anni di
reggenza.
Allora la spiegazione deve essere tutta politica.
Renzi ha scelto una via impervia commettendo il gravissimo errore di andare
al governo senza essere votato.
Il monito dalemiano della “piscina vuota” è stato abbastanza chiaro. Eppure
il premier ha voluto tuffarsi lo stesso e per non trovarla vuota ha dovuto fare
qualche compromesso per avere il partito tutto unito con se.
E’ stato costretto a farlo, penso, dall’urgenza delle riforme e del
cambiamento di cui è portatore. Sa che se non interpreta in maniera adeguata e
pronta quest’esigenza, potrà essere in brevissimi tempi superato da altre
proposte che con i suoi medesimi metodi arrivino a rottamarlo.
In effetti la sua unica alternativa è andare avanti, portando qualche
risultato concreto e tangibile (vedi gli 80 euro oppure il programma di edilizi
a scolastica). Solo ciò ne garantirà la sopravvivenza politica. Quanto al
cambiamento nel partito, questo è un problema secondario nell'ottica renziana. Il segretario
nazionale sembra convinto che il cambiamento nel partito coli dall’alto per
caduta e non proceda dal basso per convinzione.
Tuttavia in questa logica stringente c’è un limite patente. Non vorrei che
in un arco temporale ampio di qualche anno questo “compromesso” necessitato con
la minoranza ed i potentati locali interni al partito, comportasse lo
svuotamento dall’interno dell’efficacia del cambiamento interpretato da
Renzi.
Oggi il PD si scontra con il contrasto tra il sogno di interpretarsi come
comunità politica e concreto atteggiarsi in un insieme di comunità sovrapposte
e difficilmente comunicanti, se non per cooptazione e cointeressenze
personali.
Infatti esistono le comunità dei circoli di base ad un primo livello, poi i
gruppi dirigenti provinciali, poi quelli regionali ed infine quelli nazionali.
Difficilmente c’è osmosi tra i livelli ed è difficile una comunicazione. Non
esiste infatti una scuola di partito degna di questo nome nè esiste una cultura
ed un sistema oggettivo di selezione dei dirigenti. Basta parlarsi con qualche
alto dirigente, carpendone la fiducia, per trovarsi proiettato in carriere del
tutto disancorate dal contesto di un partito-comunità .
In un sistema simile – che poi rispecchia quelli che sono i nostri tempi -
appare pure normale che un candidato proveniente da SEL ed iscritto lo scorso
dicembre nel circolo di Roma, come Migliore, pensi di potersi candidare
governatore democratico in Campania e trovi chi lo sostenga.
Certo non tutto è perduto e la vittoria di Renzi nel PD ha dimostrato che
questo partito esiste ed è scalabile e contendibile.
Pertanto tutti siamo chiamati a renderlo sempre più vivo con la coerenza,
la competenza e la credibilità democratica che questi tempi nuovi
richiedono.
Iniziamo dalle prossime primarie, pretendendo a tutti i livelli che siano
corrette e libere, senza spaventarci per un’affluenza che sarà dopo 4 rinvii per
forza di cose bassa.
Diego Ruggiero
segretario del circolo PD di Airola (Bn)
Nessun commento:
Posta un commento