Essere delegato al Convegno Nazionale di
Firenze per la mia piccola Diocesi è un impegno stimolante che mi spinge in
questo periodo a riflettere molto sul
momento attuale della Chiesa italiana, dal mio piccolo punto di
osservazione di laico da sempre
ecclesialmente impegnato, da qualche tempo prestato alla “vita da militante” di
uno dei tanti vituperati partiti politici. In un piccolo paese del
sud.
Nato in un contesto ecclesiale diverso,
ancora segnato dall’approccio che voleva una Chiesa “presente” nel dibattito
pubblico con un preciso programma valoriale incentrato sui cd “valori non
negoziabili”, oggi il Convegno fiorentino promette di essere una nuova “Loreto
1985”. Il dibattito ormai è aperto. Tutti ci chiediamo cosa emergerà da questo
dibattito pubblico della Chiesa italiana. Si preannuncia un intervento di papa
Francesco il 10 novembre che segnerà sicuramente una svolta. La stessa
organizzazione dei lavori promette una discussione ampia tra i delegati da tutte
le diocesi d’Italia. Quale svolta ci attende? Può essere un ritorno a prima di
Loreto, come alcuni possono augurarsi? Non credo. Dobbi9amo sintonizzarci sui
tempi nuovi che non sono quelli di Lazzati, Scoppola, Sorge e
Bartoletti.
Intanto mi sembra utile riportare alcuni
umori raccolti in giro per le parrocchie della mia diocesi.
Infatti in diocesi abbiamo già riunito alcuni
operatori pastorali per riflettere e lo faremo anche nel prossimo convegno
diocesano. Anche i sacerdoti hanno riflettuto tra di loro. Dai primi incontri a
cui ho partecipato, per portare a Firenze il pensiero di tutti e non il mio, ho
visto in molti laici - quelle persone semplici che dedicano il proprio tempo
libero ed i propri personali sacrifici alla pastorale, costituendo l'asse
portante delle nostre parrocchie- un forte interesse per questo momento
ecclesiale. C’è stato entusiasmo nel riflettere nei gruppi sulle cinque vie che
animeranno il dibattito nel convegno. Soprattutto ho letto in tutti una grossa
fiducia in papa Francesco e nella coerenza dei gesti che lui sa impersonare. In
molti c’è la presa di consapevolezza che come laici non dobbiamo farci
condizionare dalle culture dominanti e dobbiamo prendere l’iniziativa senza
aspettare di poter essere una massa, proprio
nella logica del piccolo gregge e nella consapevolezza che la nostra
grande forza è la conoscenza del nostro territorio. Una conoscenza che ci
permette di abitarlo facendoci prossimi a tutti. C’è tanta voglia di uscire
dalle sagrestie! In alcuni è emersa la voglia di comprendere come possano
costruirsi relazioni che scoprano “una gioia della gratuità solida e duratura?”
(la seconda domanda della via Educare). Aspettano le risposte di Firenze! Molti
chiedono di moltiplicare i momenti di riflessione e ascolto comunitario della
Parola. Del resto posso testimoniare tangibilmente che nella mia piccola realtà
parrocchiale spopolano i gruppi whatapp tra i fedeli. C’è quello del coro,
quello dell’AC, quello dei giovani, quello della parrocchia e della messa
domenicale. Piccole iniziative come quella di condividere la parola del giorno e
una breve riflessione riscuotono molto successo. Insomma: vedo nella base del
laicato un clima ecclesiale vivace e non spento. Restano tuttavia per lo più
intatte le “tare” del mondo cattolico più impegnato e di elite, anche se
dobbiamo pur ricordare con Mario Pomilio che: “E’ difficile per il cattolico affrancarsi
del tutto da una timidezza che lo
rende esitante a muovere i propri passi da solo e gli fa dimenticare che, se
siamo fatti liberi, teologicamente di perderci, saremo liberi mondanamente di
sbagliare. E’ difficile smuoversi dalla preoccupazione di testimoniare Dio o,
peggio, dall’orgoglio di parlare in
nome di Dio….il cristiano è ancora presa dell’antica debolezza di non osare i
propri passi nel mondo senza un rapporto oracolare con l’a priori; nelle
battaglie del mondo egli pare voler portare con se l’Arca Santa, come l’antico
Israele…(Mario Pomilio, Scritti cristiani pag 53-54).
Questi brevi spunti ed altri ancora che
verranno dalla mia comunità ecclesiale nei prossimi mesi, saranno il bagaglio
che porterò con me a Firenze.
Personalmente ritengo che il Convegno
nazionale dovrà dare la risposta di oggi alle grandi sfide epocali che sono
maturate in questi venti anni nella società italiana. Quali sono queste
sfide?
La risposta ancora una volta è nell’agire di
papa Francesco. Chiediamoci perchè riscuote questo grande successo nella base
ecclesiale. La mia risposta è: perchè papa Francecso con i gesti interpreta
queste nuove sfide. Un Papa che, così costruisce una leadership non solo
spirituale ma anche popolare, in quanto il popolo che lo ascolta si sente letto
ed interpretato dalle sue parole e dai suoi gesti, trovando le risposte alle
proprie domande.
In effetti il Papa ha messo al centro un
metodo, impostando il suo pontificato sul principio di sinodalità, riscoperto in
quella serata emozionante quando si presentò come vescovo di Roma. Un principio
che anche lui mostra di aver imparato nella prassi pastorale, partendo da
posizioni diverse. Ora lo insegna e si sforza di metterlo in pratica, correndone
i rischi. In ambito laico e mondano questo principio di sinodalità possiamo
tradurlo con il principio di partecipazione democratica. Oggi la Chiesa italiana
è quindi chiamata a promuovere in tutti i livelli proprio questo principio che
chiameremo ab intra sinodalità ed ad extra “partecipazione democratica”. Se ci
facciamo caso è anche il fulcro del discorso su De Gasperi di Mons. Galantino.
Pertanto già oggi la Chiesa potrebbe osare di dare un criterio ai cattolici
impegnati in politica: impegnatevi solo in quelle formazioni politiche dove è
garantito realmente il principio di partecipazione democratica e, nella
legittimità della battaglia politica, non mettetevi al servizio dell’interesse
personale dei capi ma dell’interesse del popolo. Questo è quindi quanto al
metodo!
Veniamo invece ai contenuti, alle priorità di
questo impegno.
Infatti l’enciclica “Laudato Si” contiene un
passo che secondo me è la chiave di volta che apre uno squarcio sul futuro.
Eccolo:” oggi non possiamo fare a meno di
riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale,
che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare
tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri.”
Si saldano allora i due principi tanto cari a
molti: tutelare l’ambiente/il creato e affrancare gli uomini dalla povertà. Due
principi che, grazie all’insegnamento di papa Francesco, hanno ri-conquistato
pari importanza dei cd valori non negoziabili (vita famiglia educazione). Valori
importanti ma lontani purtroppo dalla scala delle priorità di un popolo in crisi
valoriale ed economica. Francesco ha il merito di averli illuminati con la sua
prima enciclica ecologica, sintonizzando la Chiesa sul sentire del popolo,
scoprendo il nesso tra queste due grida (quello della terra e quello dei poveri)
e indicandoci quindi due strade sicure e prioritarie di impegno: sinodalità e
attenzine al grido della terra e dei poveri.
Spero tanto che a Firenze se ne ragioni con
lucidità, anche perché la crisi economica di oggi è prima di tutto crisi
valoriale legata alla incapacità delle attuali classi dirigenti, figlie e
schiave di un contesto sociale superato, di saper leggere ed interpretare i
segni dei tempi nuovi e della crisi. Crisi in cui noi laici cattolici fino ad
oggi abbiamo avuto una precisa responsabilità omissiva, restandocene nelle
nostre parrocchie, forse incapaci di superare le timidezze, preoccupazioni e
orgogli che indicava Pomilio nel 1978 e delegando infine troppo alla gerarchia.
Dio sa quanto un’Italia, soffocata da
personalismi populismi e sfiducia, ha bisogno di trovare il bandolo della matassa
ed uscirne! Se la Chiesa italiana – soprattutto i suoi laici!- esce dalle
sagrestie abbandonando pulpiti e lamentazioni, proprio sulle orme indicate da
papa Francesco, sarà la prima candidata a guidare gli italiani verso l’uscita
dalla crisi, insieme a tutti, per dare un metodo ed un obiettivo alla società
dei prossimi venti anni. Ne discuteremo a Firenze.
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