mercoledì 16 aprile 2008

Politiche 2008: commento Bindi

Segnalo questa intervista della Bindi. Sempre molto lucida...anche nella richiesta di collegialità.

Adesso ci vogliono parole chiare e analisi condivise. Solo da analisi condivise possono partire concrete e sagge azioni politiche.
Aspettiamo il commento di D'Alema e Marini e capiremo la strada che vuol prendere il PD.
Intanto si è liberato il posto di presidente del partito. Dal nome del successore di Prodi capiremo già qualcosa.

INTERVISTA - "Troppo severo il giudizio su Romano Serve più collegialità" Carlo Bertini – LA STAMPA
Roma.
Il risultato «Governo responsabile della sconfitta? Analisi superficiale»
Il dispiacere del Premier «Ma io gli ho ricordato che lui ha battuto per ben due volte il Cavaliere»
Errori? «Nessuno. L’unico problema: ci è mancato il tempo. L'anno prossimo ce l'avremmo fatta»
Senza sconti «Marcare stretto il centrodestra. Governo ombra? E' un termine che non mi piace»
Nel day after dei Democratici, appena uscita dal «caminetto» dei big riuniti al loft per l'analisi della sconfitta, Rosy Bindi confessa che «nessuno credeva che avremmo vinto in così poco tempo» ed è convinta che «l'anno prossimo ce l'avremmo fatta». La Bindi non intende quindi gettare la croce addosso al segretario, non chiede un congresso, ma rivendica «assolutamente si, una gestione collegiale» del partito. E chiarisce che «se qualcuno pensa che ora il Pd debba sostituirsi alla sinistra in Parlamento si sbaglia, perché non possiamo snaturare il nostro profilo riformista».
Sono stati commessi errori, visto come è andata?
«Non credo ce ne siano stati, è chiaro che avremmo avuto bisogno di un anno in più per far crescere la stima del governo Prodi con la redistribuzione dei sacrifici fatti e per spiegare meglio il nostro progetto politico. Ma quando un Paese vota al 60% per la destra vuoi dire che ci aspetta una sfida lunga: dobbiamo costruire il partito, radicarci e creare una sorta di resistenza culturale nei confronti di un voto così fortemente orientato a destra. Cioè ritrovare un dialogo a partire dalle paure e dai bisogni, ma con una sorta di pedagogia intorno ai valori dell'unità dell'accoglienza, dell'integrazione e della crescita equilibrata e solidale. E' una situazione che va capita, sapendo intercettare le domande profonde che vengono dal Paese e soprattutto dal Nord. Abbiamo cominciato a suscitare l'interesse dell'elettorato moderato ma non abbiamo sfondato, i dati parlano».
C'è stata un eccessiva personalizzazione della campagna elettorale?
«Mi chiedo come poteva essere altrimenti. E' chiaro che il messaggio mediatico è stato prevalentemente quello impresso da Veltroni che impersonava la sua proposta politica, ma siamo stati coinvolti tutti».
E' pentita di aver polemizzato con lui sulla scelta di andare da soli?
«No, anche perché poi ho riconosciuto che era quella giusta e i dati ce lo confermano. Se ci fossimo presentati come Unione non avremmo vinto e non avremmo un partito con questa impronta riformista. Resto ancora convinta però che quella scelta, comunicata troppo presto, non ha aiutato la sopravvivenza nel governo».
E' d'accordo con Follini che scommette su un'alleanza in parlamento con l'Udc o ritiene che vada cercato un rapporto con la sinistra radicale?
«Dobbiamo avere un rapporto corretto con l'altra opposizione, ma mi fermerei qui in questa fase. Per quanto riguarda la sinistra radicale, dobbiamo in qualche modo cercare di interpretare le domande di quell'elettorato dentro il nostro progetto riformista. Se qualcuno pensa che ora il Pd debba fare la parte della sinistra radicale si sbaglia».
In che tempi si dovrà svolgere un congresso del partito?
«Entro il 2009, e comunque prima di pensare ad un congresso si deve pensare a costruire il partito, con una gestione sempre più collegiale, senza nulla togliere alla leadership del segretario, che è stata confermata in queste elezioni. Dobbiamo radicarci fortemente rispettando quella pluralità che è la forza del Pd».
Che peso avranno i prodiani negli organismi dirigenti?
«Io ho fatto le primarie e faccio parte di questo... ufficio politico, come lo vogliamo chiamare? Era nata come unità di crisi e penso che quello sia un organismo di gestione collegiale, così come il governo ombra di cui ha parlato Veltroni. Non mi piace il termine "governo ombra" perché mi ricorda esperienze passate, ma al di là di questo, che ci sia una squadra che marca visibilmente l'azione del governo credo sia una buona cosa».
Un'ultima domanda. Veltroni ha detto che il Pd ha perso anche perché ha scontato un giudizio negativo sul governo Prodi: che ne pensa?
«E' una spiegazione un po' superficiale, credo che le ragioni siano ben più profonde. Ho sentito Romano dopo voto ed era molto dispiaciuto. Ma io gli ho ricordato che comunque lui Berlusconi lo ha battuto due volte e deve essere contento di quello che ha fatto per il Paese».

La Stampa - mercoledì 16 aprile 2008 - pag. 16

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