sabato 15 novembre 2008

Caso Englaro: un commento competente e motivato

Vi segnalo il commento più sensato eragionevole che ho letto sulla sentenza Englaro.
E' apparso su Avvenire di ieri.
Un comento tecnico, sensato, competente e motivato.
Io mi ci riconosco in tutto e per tutto...
Non si taccia di arroganza i giudici delle sezioni unite (ripeto: giudici-persone diversi da quelli che nel 2007 hanno emesso la contestatissima sentenza oggetto di un "pazzo" conflitto di attribuzioni davanti alla Corte Costituzionale), bensì si scende nel particolare e si dicono le cose come stanno con competenza.
Questo è lo stile dei cattolici nel pubblico dibattito che a me piace.



ETICA E GIUSTIZIA
«L’errore dei giudici? È stato all’inizio»

Il giurista Iadecola: sbagliata la sentenza dell’ottobre 2007 Incerti stato della donna e ricostruzione della volontà


DA MILANO ENRICO NEGROTTI
« U
na interpretazione che non convince perché è perico­losa: è in gioco il bene vita». Gianfranco Iadecola, avvocato e già ma­gistrato presso la Procura generale delle Corte di Cassazione, non si riferisce alla decisione – resa nota ieri – di respingere il ricorso della Procura generale di Mila­no, ma alla sentenza del­l’ottobre 2007 della Su­prema Corte che indicò alla Corte di Appello di Milano la strada per am­mettere l’interruzione del sostegno vitale a Eluana Englaro. «E il decreto ri­costruì la volontà passa­ta della donna in modo debole. Si tratta di una supplenza giudiziaria a una carenza legislativa: basta pensare che tutti i disegni di legge sul testa­mento biologico in di­scussione al Parlamento richiedono un atto scrit­to e aggiornato».
La Cassazione ha respin­to l’ultimo ricorso. Ora il decreto della Corte d’Ap­pello non ha più ostaco­li: era un esito inevitabi­le?

È stata accolta la tesi del procuratore generale che ha ritenuto che il ricorso fosse inammissibile perché non rappre­sentava un interesse di tipo generale. Ma la questione più importante non riguar­da gli aspetti procedurali di quest’ultimo atto, quanto la sentenza della Cassazio­ne dell’ottobre 2007, che introduce un testamento biologico senza che vi siano le norme. Infatti se anche la Cassazione avesse accolto il ricorso, la questione sa­rebbe tornata in Corte d’Appello di Mi­lano per accertare l’irreversibilità dello
stato vegetativo di Eluana.
Era uno dei due criteri stabiliti dalla Cas-

sazione. Perché non può bastare?

Quando il diritto entra in terreni che e­sulano dalle sue competenze, per esem­pio con valutazioni di ordine scientifico, deve essere assolutamente certo che le posizioni assunte siano ampiamente se non unanimemente condivise. Nel caso dell’irreversibilità dello stato vegetativo mi pare che la scienza non abbia dato ancora un parere definitivo. Così come non è unanime la quali­ficazione di atto medico all’alimentazione artifi­ciale. Ma il procedimen­to riguarda un atto defi­nitivo, che presuppor­rebbe una certezza as­soluta. In questo modo invece si pongono le re­gole
sulla sabbia.
E la ricostruzione della volontà della donna è stata adeguata?

Questo è un altro dei punti deboli. Innanzi tutto il fatto che la Cas­sazione (nell’ottobre 2007) abbia stabilito un’uguaglianza tra la vo­lontà passata e quella presente. Servirebbe in­vece una garanzia della persistenza di questa vo­lontà: io non posso sa­pere che cosa Eluana di­rebbe oggi. Non si può affidare al giudice una decisione che riguarda la morte di una persona sulla base di te­stimonianze che possono essere fallaci. Ricordo che tutti i disegni di legge sul te­stamento biologico in discussione non si affidano a una ricostruzione di volontà tramite testimonianze, ma ad atti preci­si del paziente e con termini di durata di
queste dichiarazioni.
Invece si è fatto puntato su una sorta di mancato consenso informato a un trat­tamento. Il medico non deve rispettarlo?

Anche su questo c’è da discutere. Si sta­bilisce burocraticamente che il medico debba considerare vincolante una vo­lontà «espressa» in passato. Ma un pun­to importante nel dibattito in Parlamen­to sulle volontà anticipate è che il medi­co non può essere automaticamente ob­bligato a esaudirle: deve avere la possi­bilità di vagliare i trattamenti in scienza e coscienza.

Lei fa riferimento ai disegni di legge sul testamento biologico, che però non so­no ancora approvati. Si può dire che la Cassazione ha fatto la legge?

In senso stretto no. Ha applicato norme costituzionali e convenzioni internazio­nali a questo caso, con soluzioni che si possono censurare ma che rappresenta­no un fenomeno di supplenza giudizia­ria che si verifica quando ci sono vuoti della politica. La questione di fondo è che nel raffronto tra diritto costituzionale al­la libertà e all’autodeterminazione, fino al rifiuto delle cure, e il principio dell’in­disponibilità della vita, anch’esso pre­sente in Costituzione, la Cassazione ha vi­sto prevalere il primo. In accordo a una tendenza all’individualismo e al soddi­sfacimento della volontà personale che è presente nella nostra società.

«Tutti i disegni di legge sul testamento biologico chiedono regole più stringenti e lasciano il medico libero di dissentire»

3 commenti:

Anonimo ha detto...

caro diego sono d'accordo con te. Infatti è stato molto chiaro il professore. Dobbiamo dire con chiarezza che ancora una volta la politica si tira indietro sulle decisione che andrebbero preso in scienza e coscienza. farebbero bene ad impegnarsi a dare una legislazione precisa e completa sull'argomento i nostri due rami del patrlamento. Abbracci e saluti a Marta.
In Uganda il tempo è brutto.

Anonimo ha detto...

grazie peppe/clemente.
Anche io penso che la legge sia necessaria... e non da oggi.
Perdersi oggi in steririli recriminazioni è inutile. Tutti sappiamo bene perchè la legge non si è fatta: colpa di politici mediocri e posizioni preconcette.
Spero che la nuova legge tuttavia sia chiara nello stabilire i confini tra terapia e cura.
Comunque spero ancoraa che Bppino Enghlaro ci ripensi.
diego

Anonimo ha detto...

Vi segnalo ancora questo commento su www.landino.it

Nota critica sul fondamentalismo etico.barra articolo

di Giovanni Bianco

1. Il caso di Eluana Englaro fa invevitabilmente discutere: è una vicenda che concerne il valore fondamentale della vita e questioni etiche di assoluta importanza.
Cosicchè nel dibattito rispuntano mostri con più teste che sputano fuoco, fantasmi diabolici ed ingannevoli, visioni del mondo catastrofiste e tradizionaliste.
2. Ho letto con forte senso critico un articolo di oggi del filosofo e politico Marcello Pera ("Lo spirito del tempo", su "La stampa"), che ritiene che il caso di Eluana, in coma irreversibile da oltre sedici anni, sia "culturale", un segno de "lo spirito del tempo", di "anni e anni di individualismo, edonismo, nichilismo, relativismo, utilitarismo", insomma dell'affermazione dell' "etica senza verità".
3. Questo tono sbrigativo e liquidatorio, tra il dogmatico ed il sermonico, non può che spingere una coscienza critica a dubitare.
Anzitutto: perchè buona parte del centro-destra si fa paladina di "valori assoluti" su determinate tematiche e poi chiude gli occhi e tace dinanzi, ad esempio, alla grave mancanza di senso dello Stato di suoi noti esponenti?
Inoltre: che senso ha affrontare una diatriba definita "culturale" in termini fortemente dicotomici e manichei?
Non è forse la democrazia pluralista un sistema politico in cui, viceversa, sono fattori necessari la tolleranza ed il confronto? Ed è poi opportuno ricostruire una vicenda così spiccatamente drammatica,solcata da lunghi anni di sofferenza, soltanto con il richiamo di astratte categorie filosofiche (peraltro accennate in modo strumentale e generico) e di fondamentali correnti di pensiero e con anatemi da controriforma?
4. E' evidente che non si intende revocare in dubbio il rispetto e la fondamentalità della vita.
C'è invece da chiedersi se possono configurarsi circostanze straordinarie, anche,ovviamente, dal punto di vista etico, in cui la Chiesa rispetta la libertà di scelta di un individuo o di una famiglia, con la consapevolezza che ciascuna delle opzioni in gioco è gravida di conseguenze.
5. Nella specifica situazione in considerazione non si tratta neppure di discutere se legalizzare o meno l'eutanasia (tema arduo e spinoso), ma più semplicemente di eseguire una sentenza della Corte di Cassazione che non è e non vuole essere una "condanna a morte". Siamo in uno Stato di diritto!
6. Il povero Beppino Englaro e la Cassazione non sono, dunque, affetti da relativismo etico e nichilismo, come potrebbe dedursi dal citato articolo di Pera, o anche da un durissimo documento dei vertici di CL, in cui è scritto che "l'annunciata sospensione dell'alimentazione di Eluana è un omicidio".
Il primo è un padre dilaniato dal dolore che sceglie, consapevolmente, di porre fine allo "stato vegetativo" della figlia. La seconda si è pronunciata in modo ponderato e ragionevole, con rigorosa argomentazione giuridica.
7. Si cerca di estremizzare i toni e si invocano interventi legislativi adeguati.
Come se il cattolicesimo ed il cristianesimo dovessero essere sempre protetti dallo "scudo legislativo", dalla corazza delle maggioranze parlamentari e non da una libera scelta della coscienza.
Il che ha davvero poco di "laico" nel senso pieno ed autentico del sostantivo.