martedì 28 agosto 2012

Dinosauri e ragazzotti

Mi rifiuto di pensare che la questione del ricambio generazionale nella federazione beneventana del Partito Democratico, al di là di sterili dispute nominalistiche sull’appeal di questa o quella personalità politica sannita, possa o debba ridursi, come riportato dal quotidiano il Sannio nel numero del 25 agosto scorso ( http://www.ilsannioquotidiano.it/politica/item/10306-pd-trenta-quarantenni-alla-riscossa.html ), ad uno scontro tra dinosauri (o anche grandi vecchi, zietti ed eminenze grige) da un lato e ragazzotti (o anche panchinari) dall'altro.
Non mi sembra neanche che il tutto possa giocarsi su concetti come “spallata” o “forza” e “voracità” politica di una giovane generazione fatta di ragazzotti e panchinari.
Sarebbe in effetti un ragionamento troppo semplicistico e poco rispettoso di una partito, come il PD sannita, che, come nessun altro, sta nel tempo strutturandosi capillarmente sul nostro territorio.
Anche per intavolare una proficua discussione su questa importante questione che interessa un po tutti i soggetti politici attuali, mi sembra utile ricordare le parole di Ciriaco De Mita pronunciate in occasione del congresso di scioglimento della Margherita nel 2007: guai a chi immagina di crescere aspettando donazioni...nel rapporto giovani e vecchie generazioni, il ricambio non è dato dalla sostituzione ma dalla capacità delle generazioni precedenti di aiutare i giovani a conquistarsi ruolo di guida e capacità di interpretazione”
Certo, alla nitida consapevolezza del discorso fatto allora non rende giustizia il rancoroso disimpegno del  leader irpino dal nostro progetto politico, testimoniato dalle polemiche “intelligenti” dello scorso maggio. Ciò, tuttavia, non toglie forza a quelle parole spese proprio per il nascente PD, pur essendo necessaria qualche doverosa precisazione, al fine di non confondere quelle parole con una apodittica ipoteca dei vecchi sui giovani.
Infatti oggi, alla luce di quelle parole di allora, una domanda utile da porsi potrebbe essere: sono le vecchie generazioni in grado di “aiutare i giovani a conquistarsi ruolo di guida e capacità di interpretazione”? Cosa vuol dire conquistare un ruolo di guida in politica? Cosa è la capacità di interpretazione in politica?
Provo ad abbozzare qualche risposta, nella speranza di offrire un contributo alla possibile elaborazione di un dibattito.
“Capacità di interpretare” in politica potrebbe voler dire saper leggere, emancipando il proprio impegno politico dalle vicende politico-elettorali che passano,  la realtà culturale e sociale del nostro tempo, raccontandola in maniera semplice e convincente all’elettorato che, sentendosi a sua volta “letto ed interpretato”, esprime il proprio consenso.
“Ruolo di guida” potrebbe voler dire, dopo questa attenta opera ermeneutica, saper trovare risposte convincenti in un dialogo proficuo con tutte le parti del processo politico. Con una importante postilla: chi guida non è colui che prende semplicemente le decisioni, bensì colui che, conscio del limite che qualsiasi potere incontra nella impossibilità di coartare le altrui coscienze, concorre con altri a determinare,  dirigendolo, gli esiti del processo politico. In definitiva guidare un processo politico non è semplicemente imporsi, sia pur responsabilmente, con la forza di un numero dato dal consenso; piuttosto è saper interpretare e guidare un processo, esprimendo un pensiero che raccoglie consenso. Questa è la reale “forza” politica di una leadership politica collettiva che porta ad una ri-generazione della classe politica che non sia mera “sostituzione”, né tanto meno (aggiungo) semplice “addizione”. Sia vecchie che nuove generazioni dovrebbero essere all'altezza di questa sfida, al di là dell'età.
L’inversione di tale processo (dall’elaborazione di un pensiero politicamente spendibile alla raccolta del consenso elettorale) in senso meramente decisionista (prima il consenso e poi l’elaborazione), è stato il segno distintivo dell’agire politico mediatizzato di gran parte delle precedenti generazioni politiche che sono state protagoniste della scena pubblica dal 1992 in poi. Ciò ha determinato in questi anni la necessità di un ri-generazione della classe politica in tutti i partiti, a cominciare dal PD, ed una diffusa stanchezza dell’elettorato sempre più insofferente.
Provo allora a rispondere alla prima domanda sulla capacità delle precedenti generazioni di aiutare i giovani. La mia risposta è, per ora: sì, i vecchi possono ancora riuscire ad aiutare i giovani, a patto di dimostrare il saper essere sobri nella gestione del potere ed il saper capire il cambiamento di questi anni.
            “Sobrio” in politica, secondo una bella espressione di don Tonino Bello, è colui che non si ubriaca del potere acquisito, ma conserva una esatta coscienza del suo limite.
“Capire il cambiamento” vuol dire oggi comprendere la svolta epocale di questa complessa società del 2.0 che, da un lato richiede saperi e impegni specializzati (anche e soprattutto) in politica, dall’altro propone forme diffuse di partecipazione politica diretta che mettono in crisi il tradizionale concetto di rappresentanza e di organizzazione politica, richiedendo necessari e concreti adattamenti dei processi decisionali e di partecipazione nei partiti strutturati.
            La composizione di queste due domande politiche della società 2.0 in una concreta offerta politica ri-generata è l’arduo compito che attende vecchie e nuove generazioni, nel PD, ma anche in altri partiti. Se le vecchie e nuove generazioni non saranno all’altezza del compito assegnatogli dalla storia, sarà la storia stessa a sostituirle perché avranno dimostrato la propria inadeguatezza, come avvenne ad esempio nello storico passaggio dai partiti dei notabili a quelli di massa.
L’auspicio è che coloro che si apprestano oggi a sostituirsi e/o aggiungersi alla vecchia generazione, oppure coloro che nella generazione precedente assumeranno fino in fondo l’affascinante compito maieutico di aiutare i giovani, si dimostrino nel tempo futuro all’altezza delle sfide lanciate dal cambiamento di questi anni e del compito di ri-generare la classe politica, nella consapevolezza che, come ricordava Weber di fronte alle epocali sfide del 1919, in politica “non importa l’età quanto piuttosto la capacità di leggere senza pregiudizi le realtà della vita, la capacità di sopportarle ed esserne interiormente all’altezza.”

Nessun commento: