Sotto trovate un'interessante ed arguto commento di Beppe Severgnini sulla manifestazione "se non ora, quando?". Ieri infatti si sono ritrovati in 200 piazze d'Italia le donne che al grido di "se non ora quando?" Adesso! hanno manifestato il proprio disagio per una visione della donna ben incarnata nel berlusconismo.
L'articolo mi ha spinto a qualche considerazione più ampia sui cattolici in politica adesso.
COMMENTO:
Effettivamente ora non se ne può più!
SE NON ORA, QUANDO?
ADESSO!
Lo grido anche io, insieme a tante donne italiane!
Tuttavia, forse, non è solo un problema di categorie sociologiche "contro": le donne, i disoccupati, i lavoratori, gli abitanti del sud, quelli del nord..eccetera eccetera.
Queste categorie sono sempre lontane: a volte ci si riconosce, altre no.
Non ci toccano mai del tutto, non ci riconosciamo in esse mai completamente.
Non è neanche questione di metodi più o meno fantasiosi per manifestare un disagio.
La verità è che Berlusconi cadrà, se dovrà cadere, solo in parlamento.
Pare che i numeri ce li abbia, qualcuno dice che se li è comprati!!!
Forse non è il momento giusto, forse cadrà domani mattina!
Chissà!?
A questo punto ben possiamo cedere al celebre e irato sconforto montanelliano che nel 2001 portava il giornalista di Fucecchio a dire:
"Guardi: io voglio che vinca, faccio voti e faccio fioretti alla Madonna perché lui vinca, in modo che gli italiani vedano chi è questo signore. Berlusconi è una malattia che si cura soltanto con il vaccino, con una bella iniezione di Berlusconi a Palazzo Chigi, Berlusconi anche al Quirinale, Berlusconi dove vuole, Berlusconi al Vaticano. Soltanto dopo saremo immuni. L'immunità che si ottiene col vaccino".
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Manca solo il Quirinale! La madonna sta ascoltando quell'ateo mai devoto di Montanelli!!!
Mi è sempre piaciuta questa metafora, però ora mi chiedo chi è il dottore?
Chi riuscirà a fare la diagnosi e la cura dalla malattia del berlusconismo, se è veramente una patologia?
Anche perchè il berlusconismo, più che una patologia, pare una delle possibili interpretazioni della società italiana.
In effetti il berlusconismo, con i suoi pregi e difetti, esiste e si alimenta, perchè c'è una parte di Italia che se ne sente interpretata.
Naturalmente c'è anche un'altra Italia che ad oggi non è interpretata in maniera efficace dalla politica.
E' l'Italia di chi non vota da tempo, di chi crede in modelli altri di società più solidali, di coloro che non sono toccati dalle scelte della politica.
Forse è una Italia maggioritaria, che sfugge alle rappresentazioni: una Italia reale che non si lascia imbrigliare nelle categorie sociologiche.
Chi può interpretarla? Forse solo chi abbia una reale tensione morale positiva e coerente potrà interpretare e dare a questa Italia il coraggio di uscire alla scoperto e giocarsi per il bene di tutti.
Questa Italia potrebbe ben essere interpretata dai cattolici, nell'accezione più ristretta cioè coloro che vivono e si sono formati alla scuola delle circa 25.000 parrocchie italiane (vedi sotto l'articolo di De Rita), dei movimenti e delle associazioni ecclesiali.
Però oggi i cattolici pur presenti sono poco incisivi, la loro voce è indistinta, risucchiata dal delirio delle mille dichiarazioni quotidiane.
E' subbissata dalla voce di tanti e troppi interpreti interessati!!
Una voce strumentalizzata e confusa tra le tante.
Pensate ai cattolici sparsi in questo o quello partito, schiavi delle dichiarazione quotidiana?
Pensate ai tanti cattolici delle associazioni e movimenti, ben lieti di stare a guardare dalla finestra?
Che dire del mondo culturale? di quegli intellettuali che passano di convegno in convegno, saggi ma privi di una vera passione contagiosa perchè mai si battono fino in fondo per ciò di cui parlano?
che dire dei media cattolici, spesso ridotti a lottare per battaglie identitarie?
Le analisi su questo si sprecano.
De Rita (trovate sotto l'articolo) trova le ragioni nella mancanza di meccanismi intermedi di raccordo tra la base e il vertice, Antiseri (sotto l'articolo) risponde che forse manca una guida e uno stato maggiore, Miano (più sotto l'intervista) parlava di centralità dell'impegno educativo e della necessità di non lasciare soli i cattolici impegnati in politica.
A mio avviso hanno colto bene i tre aspetti principali della questione dei cattolici. Io infine ci aggiungo un eccessivo e spesso inane protagonismo delle gerarchie ecclesiastiche in politica che nel lungo termine ha come effetto collaterale, quello di togliere autorevolezza alla voce dei laici cattolici in politica.
Come uscirne? boh....!?
Ognuno, per quanto gli è possibile, faccia quel che può!!
Io segnalo qualche idea per me significativa e ne parlo....
a presto
Ancora Slogan? Provate a Sorprenderci
La strategia Davanti a vicende nuove, gravi e imprevedibili, le risposte non possono essere vecchie, rituali e prevedibili
«Se non ora, quando?». Capisco lo spirito, condivido il fastidio, discuto il metodo. Ancora piazze e slogan? È il XXI secolo, ragazze!
Ho pubblicato questo commento su Twitter, ieri, e sono stato inondato di reazioni. Prevedibili, sorprendenti, irritate, irritanti, comprensive, preoccupate, ragionevoli. Molte chiedono: «Bene, lei cosa propone?». Ci arrivo, ma prima lasciatemi spiegare, allungandomi oltre i 140 caratteri di Twitter.
Davanti a vicende nuove, gravi e imprevedibili, le risposte non possono essere vecchie, rituali e prevedibili. Microfono e buone intenzioni, lettura delle dichiarazioni, studentesse e sindacaliste, francarame e facce già viste. Si finisce per far sembrare originali perfino i soliti, professionali slalom di Giuliano Ferrara, degni dei mondiali di sci in corso (dove peraltro non scendono in mutande). «Se non ora, quando?» sotto le mie finestre, in una delle 230 piazze d'Italia, quella di Crema, dove ci conosciamo tutti: duecento persone, più o meno le stesse di quand'ero studente.
Sgombriamo il campo da un equivoco. Ho scritto sul «Corriere», chiaramente e ripetutamente, che la questione legata a Ruby è seria: un capo di governo deve risponderne in tribunale e magari in qualche intervista, invece di rifugiarsi nei videomessaggi e tra le braccia di dipendenti, portavoce e consiglieri. La vicenda non riguarda infatti solo la vita privata di un uomo pubblico - che peraltro, come insegnano le grandi democrazie, è meno tutelata di quella di un normale cittadino. Di chi ci guida, infatti, dobbiamo valutare la coerenza, l'affidabilità, l'onestà, il buon senso, la responsabilità.
Le notti di Arcore (palazzo Grazioli, villa Certosa etc) non rappresentano solo un'umiliazione per le donne italiane. Hanno coinvolto organi elettivi (un premio per le favorite?); apparati di protezione (poveri carabinieri di guardia!); questioni di sicurezza (rischio di ricatti); reputazione internazionale (l'Italia derisa nel mondo); importanza dell'esempio (talmente catastrofico che i nostri ragazzi dicono «Blah!» e guardano oltre).
Rispondere a questo sfacelo con l'ennesima manifestazione? Sa di déjà vu. Un milione di donne in piazza nel mondo? A casa, in Italia, ce n'erano trenta milioni. L'Egitto, costantemente richiamato nelle menti e nei commenti? Be', andrei piano prima di celebrare un colpo di stato militare; e poi, in Medio Oriente, è bene aspettare come va a finire (Iran docet). Ma c'è di più. Come questo giornale non si stanca di ripetere, i governi cadono in Parlamento (dove s'accettano le dimissioni). L'opinione pubblica ha il diritto di farsi sentire, i magistrati devono poter lavorare. Ma diciamolo, per banale che sia: sono le urne che decidono chi governa.
La giovane precaria e la sindacalista, l'immigrata e l'attrice: sincero e addirittura commovente, in qualche caso. Ma già visto. Quelle donne avevano cose nobili da dire, ma le hanno dette nel modo consueto e nei soliti luoghi. La forza di Silvio Berlusconi è la capacità diabolica di reinventarsi e sorprenderci. Va affrontato con lo stesso metodo. Sono amico di Lella Costa, ammiro Paola Cortellesi e Anna Finocchiaro. La fantasia non gli manca di sicuro. Provino a inventarsi altro. Qualcosa che possa convincere decine di milioni di donne che non sono scese in piazza, e non lo faranno mai: eppure molte di loro, in questi giorni, sono imbarazzate e arrabbiate. Il momento più efficace, a Roma, è stato il ballo finale sul palco: perché era spontaneo, e non l'avevamo già visto.
È vero: le ragazze e le donne, in Italia, non la pensano come Nicole Minetti, che su Affaritaliani.it ha chiamato in sua difesa Cenerentola e Biancaneve (le quali probabilmente s'avvarranno della facoltà di non rispondere). Certo: concedersi a pagamento non è la nuova forma di imprenditorialità femminile, come argomentano maschi cinici in libera uscita. Ma le donne italiane devono - anzi tutti noi dobbiamo - inventare forme di protesta più originali. Dico la prima cosa che mi viene in mente: coprire l'Italia di post-it rosa, per un mese, scrivendo cosa fanno le donne vere, quelle che non hanno nessuna intenzione di sacrificarsi per i minotauri.
Perché diciamolo: il nostro labirinto è grande, e non ne contiene uno solo.