Cari amici di pecora nera,
Stasera rileggevo "Riflessioni devote" di Sant'Alfonso Maria de Liguori e mi è ricapitato sotto mano questo bel passo del nostro santo.
Mi è sempre piaciuto per la semplice profondità del messaggio e....l'ho scannerizzato e ve lo regalo. Altro che sterile devozionismo!!!
Chissà che a qualcuno di voi possa servire come è servito a me !?
a presto
PURITÀ D'INTENZIONE
La purità d'intenzione consiste nel fare ogni cosa solo per piacere a Dio. Dice Gesù che un'azione è buona o cattiva davanti a Dio a seconda dell'intenzione con cui si compie: Se il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce; ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso (Matteo 6, 22-23). L'occhio «chiaro» significa l'intenzione pura di piacere a Dio; l'occhio «tenebroso» significa l'intenzione non retta, quando si agisce per vanità o per compiacere noi stessi.
Esiste un'azione più bella del dare la vita per la fede? Eppure dice san Paolo che se uno muore per un fine diverso dall'amore per Dio, il suo martirio non gli giova nulla (cfr. 1 Corinzi 13, 3). Ora, se perfino il martirio non vale niente quando non si soffre per il Signore, che valore avranno tutte le prediche, tutti i libri scritti o studiati, tutte le fatiche degli operai del Vangelo, comprese le penitenze più aspre, se vengono fatte per avere le lodi degli uomini o soltanto perché ci piacciono? Il profeta Aggeo dice che anche le azioni di per sé buone, se non sono compiute per il Signore, sono come delle monete messe «in un sacchetto forato» (Aggeo 1, 6); vale a dire che esse si perdono, e non rimane nulla. Al contrario ogni azione
compiuta per piacere a Dio, benché di scarso valore in se stessa, vale assai più di molte opere fatte per uno scopo non valido. San Marco riferisce che una povera vedova mise nella cassa delle elemosine del tempio soltanto «due spiccioli». Eppure il Salvatore disse di lei: Questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri (Marco 12,41 ) Commentando questo passo, san Cipriano scrive che essa mise più di tutti perché diede quelle due piccole monete solo per amore di Dio'.
Il segno più chiaro che una persona agisce con retta intenzione è questo: quando la sua azione non ottiene l'effetto desiderato, essa non si altera minimamente. Un altro segno positivo è quando essa; dopo aver fatto una cosa, rimane serena e contenta nonostante le critiche o l'ingratitudine degli altri. E quando essa viene lodata per quello che ha fatto o sta facendo, non si esalta e non cede alla vanagloria, alla quale dice tra sé: «Non ho iniziato l'opera per te, né per te l'abbandonerò» z.
Fare una cosa per meritare la gloria del cielo, è una intenzione buona; ma la più perfetta è quella di compiacere a Dio. Dobbiamo convincerci che quanto più ci spogliamo dei nostri interessi, tanto più il Signore ci riempirà di gioia in paradiso. Beato chi agisce soltanto per la gloria di Dio e per compiere il suo volere! Imitiamo i beati del cielo, che in ogni loro azione cercano soltanto ciò che piace a Dio. Dice san Giovanni Crisostomo: «Se hai avuto l'onore di fare una cosa che piace a Dio, non c'è ricompensa più grande di ciò»: se noi giungiamo a «dar gusto a Dio», che altro andiamo cercando?
La purità d'intenzione è lo sguardo dell'anima che ferisce d'amore i1 cuore di Dio, come egli dice alla sposa del Cantico: Tu mi hai rapito il cuore, sorella mia, sposa; tu mi hai rapito il cuore con un solo tuo sguardo (Cantico dei Cantici 4, 9). Il «solo sguardo» dell'anima che ama Dio significa l'unico fine di tutte le sue azioni: compiacere a Dio. Anche l'apostolo consigliava così i suoi discepoli: Sia che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio (1 Corinzi 10, 31). La ven. Beatrice della Incarnazione, prima figlia di santa Teresa, diceva: «Non c'è prezzo bastante a pagare qualunque cosa benché minima, fatta per Dio»' I. E diceva giustamente, perché ogni azione compiuta per il Signore è un atto di amor divino. La purità d'intenzione fa diventare preziose anche le azioni più normali, come il mangiare, il lavorare o il divertirsi, quando si fanno per obbedire e per piacere a Dio.
Pertanto fin dal mattino bisogna orientare a Dio tutte le azioni del giorno. È utile poi rinnovare questa intenzione prima delle azioni principali, fermandosi un istante prima di esse, come faceva un santo eremita. Egli, prima di cominciare un'azione, alzava gli occhi al cielo e si fermava. Interrogato che cosa facesse, rispondeva: «Cerco di prendere la mira».
mercoledì 9 dicembre 2009
Purità d'intenzione
giovedì 22 ottobre 2009
Politica serena e seria
Cari amici,
vi propongo l'appello lanciato dal Presidente Nazionale dell'Azione Cattolica, prof. Franco Miano, per una politica "altra". Un invito a superare sterili ed inutili contrapposizioni. Contro quella politica urlata che sta imbarbarendo sempre più la nostra società.
Occorre serenità, come sottolinea il nostro Presidente Miano, partendo da un ampio discorso "culturale" che investa l'intera società.
Di più! Oggi occorre veramente "ri-fare" la politica. Per questo, oltre alla serenità, occorre la serietà di persone che abbiamo come unico ispirazione il bene comune di tutti.
ImpossIbile? Non è detto!
Organizziamo la speranza! ;-)
Serenità
di Franco Miano
Serenità. È la parola usata alcuni giorni or sono dal presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, nel chiedere di superare un “clima di tensione diffusa e di contrapposizione permanente che fa solo male alla società”. Perché il Paese non può sopportare ancora di dibattersi in un “malessere tanto tenace quanto misterioso”, come lo ha definito il presidente della Cei, che lo tiene inchiodato a contrapposizioni tanto radicali quanto infruttuose.
Serenità, dunque. Oggi, se possibile, di serenità sembra essercene ancora più bisogno, dopo l’increscioso incidente istituzionale che ha contrapposto il presidente del Consiglio al Capo dello Stato in seguito alla bocciatura del cosiddetto “Lodo Alfano”.
Ancora una volta, in un passaggio delicato per la vita delle nostre istituzioni, la normale e legittima dialettica politica è sconfinata nell’uso di toni e parole inappropriate, nell’eccesso di polemica, nella delegittimazione reciproca.
Oggi c’è una crisi della politica che non può non preoccuparci, e il modo sbagliato di vivere il dialogo tra maggioranza e opposizione non fa che alimentare tale crisi, corrodendo poco alla volta la legittimazione delle istituzioni agli occhi dei cittadini e allontanando ancor di più questi ultimi dalla vita democratica, che si nutre di partecipazione e responsabilità, di rispetto delle regole, di senso dello Stato, di cura per le istituzioni.
Occorre veramente uno sforzo comune di tutte le realtà che concorrono alla vita politica del nostro Paese per trovare strade nuove, attraverso cui costruire una politica capace di essere attenta all’uomo, ferma nel principio della giustizia e della promozione del bene comune.
Il Paese sta ancora attraversando una crisi economica che rende sempre più povere molte famiglie: per far fronte a questa situazione l’Italia ha bisogno di buona politica, di rispetto reciproco, di collaborazione, pur nella diversità degli approcci e delle valutazioni.
L’Azione Cattolica Italiana, proprio nei giorni in cui parte per un lungo itinerario di iniziative pubbliche che percorreranno tutto il nostro territorio per preparare la Settimana Sociale dei cattolici italiani che si terrà nell’ottobre 2010, non può oggi che richiamare in maniera convinta la necessità di una politica che, veramente, dimostri di essere la «più alta forma di carità», come disse Paolo VI.
sabato 10 ottobre 2009
Run for life - III° edizione
vi segnalo questa iniziativa di Africa Mission.
Dal 11 al 26 ottobre inviando un sms al
1 EURO? E' il costo di un caffè ma può aiutare e far felici in tanti.
Io lo manderò.
Sotto trovate il video pubblicitario.
Linkate questo post e fatelo girare ai vostri amici.
E' una buona causa.
mercoledì 30 settembre 2009
Bersani, perchè!?
Domenica ad Airola si è tenuta l'assemblea di circolo per l'elezione di sei delegati alla convenzione provinciale. Aldilà di problematiche organizzative e questioni di politica locale che esistono, oggi da semplice iscritto vi propongo il succo dell'intervento a braccio che ho fatto in quella sede a sostegno della mozione Bersani e ci aggiungo anche qualche altra considerazione più articolata.
Occorre una piccola premessa. A cosa serve fondamentalmente oggi un partito? Penso, a costituire principalmente una sorta di filtro tra l'elettorato, i cittadini, e quelle che sono le funzioni amministrative e di governo della polis. Il partito come formazione intermedia del corpo sociale è una sorta di camera di compensazione in cui vengono mediate le varie istanze ed ha come suo scopo fondamentale la realizzazione associata del bene comune. Il rapporto partito-società diventa dunque fondamentale: anche perchè il partito non è contrapponibile alla società civile in quanto ne è parte facendosene interprete in sede politica. Qui sta anche il nodo del rapporto tra etica e partito. Infatti oggi il partito, trovando il suo fondamento nella costituzione, non è chiamato alla costruzione di un'etica condivisa e semmai, più semplicemente, vi concorre. Risulta pertanto improprio chiedere al partito di creare un'etica "condivisa". L'etica condivisa, e mi riferisco ora ai temi più sconttatanti, la si costruisce in un discorso che è pre-politico, nella società e nella cultura diffusa del paese. In questa visione il partito diventa momento di un dibattito culturale più ampio.
Su questi temi compito del partito sarà quello di promuovere momenti di confronto e dibattito con la salda consapevolezza che le leggi non servono a riaffermare valori ma principalmente a risolvere problemi; con un atteggiamento pragmatico che rifugge opposti estremismi pur nel profondo rispetto di opposte ed irriducibili visioni su specifici punti.
Per fare ed essere tutto questo, un partito deve essere strutturato e organizzato con momenti di dialettica e di dibattito interno diffusi.
Questa premessa risulta indispensabile per comprendere appieno le coordinate di una scelta che oggi ci chiama a sostenere l'una o l'altra mozione.
Oggi quindi siamo chiamati a scegliere il segretario del partito, cioè il garante di questo ampio ed articolato processo di partecipazione.
Scelgo la mozione presentata da Bersani proprio perchè oggi mi sembra dare maggiori garanzie sulla organizzazione interna del nostro nuovo partito.
Infatti deve prendersi atto che fino ad oggi la linea politica perseguita da Veltroni e continuata da Franceschini è stata pochissimo attenta all'organizzazione interna e soprattutto agli iscritti. Il mito delle primarie per la scelta degli organi di partito, il partito liquido degli elettori, la vocazione maggioritaria come decisionismo leaderistico, l'eccessiva attenzione all'effetto mediatico, la ricerca di un unanimismo di facciata, il tentativo di costruire un partito personale in cui l'organo di direzione politica sia diretta promanazione del leader sono altrettanti difetti di una linea politica che fino ad oggi ha trascurato una seria organizzazione del partito.
Un dato locale è lampante: a due anni dalle primarie del 14 pottobre 2007 nella sola provincia di Benevento amministrata dal PD oggi risultano costituiti solo 14 circoli su una settantina.
Queste motivazioni oggi mi fanno schierare per la mozione Bersani.
Detto questo, tuttavia non possono non mettersi in luce due nodi politici della mozione Bersani che vanno sciolti con chiarezza.
1) Nel testo della mozione il termine sinistra è volutamente citato una sola volta, definendo il PD come "partito della uguaglianza ispirato al cattolicesimo democratico ed alla sinistra democratica e liberale"; inoltre si invita a guardare a sinistra in tema di alleanza per costruire un nuovo centrosinistra definendo il PD come partito dei riformisti. Attenzione alle parole! Infatti nei vari incontri dal vivo Bersani definisce il PD anche come "partito di sinistra". Ecco, questo è un punto importante! Se si definisce "essere di sinistra" in una acccezione debole come "essere dalla parte degli ultimi" e credere, come sosteneva Bobbio nel 1994, che "l'uomo è un poco più uguale che libero", allora l'affermazione non fa una grinza. Tuttavia se essere di sinistra costituisce un preciso richiamo identitario ad una tradizione politica (comunista? socialista? socialdemocratica?), non ci siamo. D'altra parte oggi ai cittadini la geografia politica interessa veramente poco e forse queste disquisizioni offrono solo appigli ad interessate e strumentali prese di distanza.
2) In merito ai temi eticamente sensibili, sempre negli incontri dal vivo, più volte Bersani parla della necessità di porre un freno ai voti di coscienza dicendo che "non si può fare di ogni voto un voto di coscienza" anche perchè esiste la disciplina di partito. Ancora una volta Bersani coglie nel giusto! Tuttavia su questi temi, oggi al centro della polemica politica in maniera parossistica e sopravvalutata, è richiesto certamento un di più di precisione: occorre scendere nel dettaglio. Non basta richiamarsi alla laicità, alla tradizione del cattolicesimo democratico e alla legittima autonomia della politica. Occorre anche chiarire dove è ammissibile il voto di coscienza e dove no, nella consapevolazza che per il politico di ispirazione cristiana l'obbedienza al magistero è un alto valore. Occorre superare gli steccati! Occorrerà quindi tener conto, ad esempio, che su temi come il testamento biologico ad un politico di ispirazione cattolica non si può chiedere di rinunciare al principio per cui la somministrazione di acqua e cibo per vie artificiali sono in linea di principio mezzo proporzionato di conservazione della vita.
Su questi ultimi punti mi aspetto che si apra un dibattito franco e sincero nel partito.
mercoledì 2 settembre 2009
I valori? Mettiamoli da parte.
Osservando le vicende di questi giorni (caso Boffo, critiche alla legge sulla sicurezza, dibattito su testamento biologico e RU486 ecc...), mi chiedo seriamente quale sia la ricaduta pastorale, il contributo alla crescita di coscienza dei cittadini e della comunità di certe battaglie legislative sui temi bioetici e della famiglia in nome dei valori per le quali, alternativamente e di volta in volta, "certa parte e altra parte della" Chiesa-istituzione sembra disposta a sacrificare veramente tutto, anche la propria indipendenza di giudizio, anche la virtù della prudenza e persino, in certi casi, lo stile evangelico.
Riprendendo il celebre libretto di Carll Schmitt (La tirannia dei valori), pare che "certa parte e altra parte della" Chiesa oggi si trovi ad essere "tiranneggiata dai valori".
Basta con questa visione mercantile dell'etica in cui tutto è misurabile e "valorizzabile"!
Mi spiego.
Il valore appunto non è, ma vale. In quanto tali, in realtà, i valori sono semplici attributi del bene, non il bene in se: attributi per di più sempre relativi, cioè relativi a chi esprime il giudizio stesso di valore. In quanto tali, MAI potranno essere terreno di condivisione e di dialogo.
Tuttalpiù i valori saranno terreno di scambio, se non di compromesso.
Per questo e per inciso, lascia sempre un poco interdetti il politico che dichiara di voler creare col suo partito un "sistema di valori condivisi": attribuisce al proprio partito un compito non suo per la costruzione di una sistema inutile ed irrealizzabile.
Con ciò naturalmente non si nega la possibilità del dialogo e della definizione di un orizzonte etico condiviso.
Ciò sarà sempre possibile se si accetta come orizzonte possibile quello della mediazione delle istanze, aldilà delle astrattezze e di sistemi irrealizzabili.
Si nega invece la possibilità di dialogare se "si ragiona per valori astratti".
D'altra parte chi ci sta di fronte ben potrebbe, in astratto e sempre argomentando con la ragione a partire da precise posizioni scelte a priori, porre come non negoziabile un valore diverso dal nostro. Si arriva così ad uno scontro di valori astratti dalla realtà che può sfociare da un lato nel clericalismo e dall'altro nel laicismo. Per questo, "ragionare per valori" diventa deleterio se si vuole creare le condizioni per un'etica condivisa.
“Il valore superiore, scriveva Schmitt, ha il diritto e il dovere di sottomettere a sé il valore inferiore, e il valore in quanto tale annienta giustamente il non-valore in quanto tale. È tutto chiaro e semplice, fondato sulla specificità del valutare. Appunto in ciò consiste la ‘tirannia dei valori’, di cui a poco a poco acquisiamo consapevolezza”
Porre un valore come assoluto è in questa ottica la massima negazione della trascenza di Dio, nostro unico- vero- assoluto bene.
Heidegger scriveva nella Lettera sull' umanismo (1947): «Se si caratterizza qualcosa come valore, ciò che così viene valutato viene privato della sua dignità. Proclamare per soprappiù Dio come "il valore più alto" significa degradare l' essenza di Dio (...) Il pensare per valori, qui come altrove, è la più grande bestemmia che si possa pensare contro l' essere»
Cosa è più importante: l'uomo in carne ed ossa o il valore che esso esprime?
Carl Schmitt, scriveva con rara efficacia: «Ci sono uomini e oggetti, persone e cose: le cose hanno un valore, le persone hanno una dignità»
Forse è un paragone ardito, ma mi chiederei cosa è più importante: l'altro di fronte a me o le astrazione che crediamo di fare dandogli "valore".
La verità è che una Chiesa fedele a se stessa deve essere disposta a "sacrificatre tutto" solo per i poveri e gli ultimi, quelli in carne ed ossa, non per i valori che forse è meglio mettere da parte.
lunedì 3 agosto 2009
Termovalorizzatore: due lezioni
Così la vicenda del progetto per la realizzazione di un inceneritore di biomasse a San Salvatore Telesino volge all'epilogo: l'ABM, società partecipata dalla provincia di Bergamo che voleva costruire l'inceneritore, agirà contro gli Enti locali (Comune, Provincia Benevento, regione Campania) per il risarcimento del danno subito per circa 4 milioni di euro. Aldilà della fondatezza di una simile richiesta, occorre adesso tirare un poco le fila del discorso per trarne, se possibile, due lezioni: una per la politica l'altra per la "gente" sannita.
A)Non c'è dubbio che l'esito sia stato positivo per il Sannio: le troppe ambiguità rendevano il progetto effettivamente insostenibile per il nostro territorio, come chiarito nelle sedi opportune e competenti (ARPAC, ASL, Regione ecc....). D'altronde un recentissimo studio di Legamnbiente sui 604 comuni italiani dotati di impianti simili, ha chiarito che "proprio la dimensione dell’impianto risulta fondamentale per evitare l’importazione di materia prima affinchè funzioni al meglio da un punto di vista del bilancio energetico e ambientale." Lo stesso PEA (Piano Energetico Ambientale) della provincia di Benevento, dopo una accurata analisi del territorio, aveva previsto un impianto alimentato a biomassa di circa 8 Mw da ubicarsi tra San Bartolomeo in Galdo e San Marco dei Cavoti. Si deve perciò riconoscere la lungimiranza della giunta Nardone che, tra le poche in Italia, aveva voluto dotarsi di uno strumento di pianificazione amministrativa come il PEA. Tuttavia occorre chiedersi perchè in seguito la "politica provinciale" aveva scelto con poca coerenza di ubicare un impianto a biomassa di circa 11 Mw a San Salvatore Telesino, disattendendo nei fatti le indicazioni frutto di un così accurato studio del nostro territorio: una scelta incoerente che lasciava a dir poco perplessi. Queste perplessità costrinsero la scorsa amministrazione provinciale, in una infuocatissima seduta consiliare, a tornare sui suoi passi. Oggi quella linea di sviluppo energetico provinciale lungimirante risulta abbandonata nel limbo delle belle intenzioni, lasciando il PEA come lettera morta.
Di qui la lezione per la politica: una politica lungimirante deve essere anche coerente con se stessa perchè la vera innovazione, in questo caso tecnologica, passa anche per nuovi stili e prassi di far politica.
B) L'opposizione alla costruzione dell'impianto ha visto il fiorire di vari comitati civici sostenuti dall'impegno attivo e motivato di tantissimi privati cittadini. L'azione efficace e convinta dei comitati spontanei ha avuto un ruolo non marginale nella soluzione della vicenda e, tuttavia, non possono trascurarsi due questioni che hanno segnato questa opposizione: una di merito e l'altra di metodo. La prima consiste nel ricorrente argomento usato dai comitati per cui non esisterebbe in assoluto un incenerimento fatto bene: una tesi che si scontra col normale senso comune e che esige esplicitazioni chiare al fine di non diventare slogan che genera inutili fobie. La seconda attiene alla contro-manifestazione del 17 luglio 2009 che, organizzata in sovrapposizione al convegno della Vocem-ABM, aveva l'intento dichiarato di impedire alla società costruttrice dell'impianto di poter portare a conoscenza di un pubblico più vasto i propri argomenti, per di più proprio nell'unica occasione che essa aveva scelto. In effetti, ed è questa una parte della seconda lezione da trarre da questa vicenda, i rischi dei movimenti spontanei sono proprio questi: l'estremizzazione irrazionale delle proprie posizioni e una certa tendenza ad imporre i propri argomenti. Se poi si pensa che i vari comitati nati in provincia contro questa o quell'altra iniziativa (es: discarica Tre Ponti di Montesarchio, Sant'Arcangelo Trimonte, Casalsuni, Eolico ad Airola) non hanno vissuto fino ad oggi un reciproco sostegno e coordinamento, si deve concludere che da questa "vittoria dei comitati civici" non emerge una visione alternativa per uno sviluppo eco-sostenibile del Sannio. Questa visione complessiva e alternativa di sviluppo del territorio, ancora una volta, può essere data solo dalla Politica a cui i cittadini-elettori hanno la responsabilità di chiedere una visione organica dello sviluppo del nostro territorio perseguita con coerenza e lungimiranza.
Di qui la lezione per la "gente del Sannio": non basta organizzarsi per dire no, sia pur argomentati e ben informati, ma occorre un passo ulteriore, cioè un impegno serio e motivato (almeno quanto quello profuso contro questo o quello scempio ambientale) nella/per/con la Politica e nei partiti per produrre una reale azione di cambiamento delle linee di sviluppo del territorio. Altrimenti il rischio è quello di impegnarsi per un interesse semplicemente localistico e non per il bene comune di tutti, restando perennemente sulle barricate senza costruire credibili alternative.
lunedì 13 luglio 2009
Contro le amicizie del "se capita"
Da uno scambio di vedute con un amico ho fatto una riflessione sull'amicizia...ve la offro opportunamente depurata da riferimenti personali.
La reciproca stima tra amici non li esime dai doveri di convivenza e, perchè no, di cortesia.
La concezione della "amicizie del se capita ci incontriamo" è disumanizzante:
le amicizie si scelgono, vanno coltivate, ci vuole cura e attenzione, ci vuole frequentazione e anche quache piccolo sacrificio. Occorre trasformale,rinnovarle di continuo, approfondirle. Sono fatte di esperienze condivise ed anche di esperienze non condivise. Se tutto questo non c'è, inaridiscono e muoiono.
Non bisogna mai darle per scontate.
L'amico vero non lascia mai nulla al "se capita" anche se gli costa un piccolo sacrificio. L'amico vero "sceglie" di coltivare l'amicizia. Le amicizie in effetti hanno parabole altalenanti fatte di innamoramenti ed improvvisi allontanamenti.
Tuttavia c'è una regola d'oro nelle amicizie: quando più sono libere e svilcolate dalla frequentzione assidua, tanto più richiamano ad una responsabilità di impegno e sacrificio reciproco, se vogliono rimanere tali: amicizie vere, sincere e durature.
mercoledì 8 luglio 2009
Cattolici adulti e la legge 40/2004
Oggi segnalo questo pessimo articolo di Andrea Tornielli.
alla prossima
COMMENTO:
"Diciamo la verità: oggi non fa paura papa Ratzinger ma i ratzingeriani!
Quelli che utilizzano e strumentalizzano il suo magistero e la sua indiscutibile autorevolezza dottrinale.
....... quelli che accusano chiunque abbia nella Chiesa un pensiero non allineato di applicare una ermeneutica scorretta della discontinuità che vorrebbe andare oltre i testi del concilio. Oggi c'è una parte della Chiesa che usa queste sottili violenze verbali per accusare gli avversari intra-ecclesia di non essere in comunione con la Chiesa: è una forma molto forte di violenza sulle coscienze!" (http://diegoruggiero.blogspot.com/2009/03/la-lettera-del-papa.html)
Scusate se questa volta faccio una auto-citazione di un mio vecchio post, ma, leggendo il commento di Andrea Tornielli, il vaticanista più in voga del momento, non sono riuscito a trattenermi.
Fare l'esegesi delle parole del Papa per attaccare gli avversari intra-ecclesia, è semplicemente scandaloso! Accusare un figlio di Dio e fratello nel battesimo di non essere in comunione con la Chiesa perchè ha seguito in pubblico la propria coscienza, è una delle violenze più assurde che si possa esercitare sulla coscienza di un credente che si senta pietra viva di quell'edificio spirituale che è la Chiesa di Dio. L'anatema pare oggi uno degli sport preferiti da parte di alcuni!
Nel merito poi la scelta di Prodi di andare a votare nel 2005 era oggettivamente una delle possibili per un cattolico adulto nella fede (nell'accezione paolina predicata dal Papa)!
Infatti fermo restando il rispetto per i principi dottrinali, nel 2005 era opinabile esprimere il proprio no recandosi a meno alle urne, pur dovendo tener in debito conto la posizione dei vescovi per l'astensione.
Gli effetti di quella scelta oggi sono:
1) L'astensione dal voto è sempre moralmente giustificata, anche se solo frutto di pregiudizi superficiali sulla politica;
2) Sulla legge 40 non c'è un dibattito serio e gli animi sono ancora più esacerbati, sia da parte cattolica che da parte laica.
3) Oggi il dibattito sulla procreazione medicalmente assistita travalica i confine delle discussioni competenti e razionali per sconfinare nel fondamentalismo;
3) La Corte Costituzionale oggi è costretta ad intervenire sulla L 40/04, salvo essere a fasi alterne denigrata (ordinanza 396/2006) o esaltata (vedi sentenza 151/2009); in tal modo si strumentalizza l'ultimo organo di vera garanzia rimasto in Italia.
Su tale ultimo punto mi vorrei soffermare. Recentemente è stata pubblicata la motivazione della sentenza 151/2009 che ha eliminato il limite di tre embrioni previsto dalla 40. L'arresto della Suprema Corte ha chiarito che:
"La previsione della creazione di un numero di embrioni non superiore a tre, in assenza di ogni considerazione delle condizioni soggettive della donna che di volta in volta si sottopone alla procedura di procreazione medicalmente assistita, si pone, in definitiva, in contrasto con l'art. 3 Cost., riguardato sotto il duplice profilo del principio di ragionevolezza e di quello di uguaglianza, in quanto il legislatore riserva il medesimo trattamento a situazioni dissimili; nonchè con l'art. 32 Cost., per il pregiudizio alla salute della donna ¨C ed eventualmente, come si ¨¨ visto, del feto ¨C ad esso connesso."
Beh .... una pronuncia del genere, tenuto conto della giurisprudenza costante della Corte, era perfettamente prevedibile già nel 2004 da parte degli operatori di diritto.
L'intervento della Corte è solo uno dei primi colpi a questa legge che per alcuni versi è effettivamente irragionevole. Non c'è dubbio che sicuramente la prossima pronuncia toccherà l'irrevocabilità del consenso della donna. D'altra parte l'aporia della 40/2004, messa ben in evidenza dalla Corte, è proprio quella di essere eccessivamente sbilanciata su un principio di tutela assoluta dell'embrione, pur contemplando la possibilità della fecondazione artificiale che rimane sempre rischiosa; ciò, senza tener conto minimamente del nostro diritto vivente e senza operare equi bilanciamenti degli interessi in una fissità di principi e valori precipua più al campo etico che non a quello del diritto. La lezione che se ne trae quella di sempre: la battaglia per la tutela assoluta dei valori va fatta primariamente formando le coscienze di credenti e non credenti....il diritto e leggi vengono molto ma molto dopo e necessitano di mediazioni competenti. Altrimenti, si arriva agli eccessi di Tornielli e di tanti altri che confondono la liberta di scelta in materie oggettivamente opinabili con il mancato rispetto del magistero morale della Chiesa.
Ecco, basterebbe un minimo di competenza non ideologizzata per riportare il dibattito sulla 40/2004 nei confini di un dibattito razionale come ha fatto la Corte.
Il Papa bacchetta i cattolici alla Prodi
Strumenti utili
Il clamoroso annuncio dell’identificazione dei resti dell’Apostolo delle genti nel sarcofago sotto l’altare della basilica di San Paolo fuori le Mura ha fatto passare in secondo piano, domenica sera, un altro importante passaggio dell’omelia di Benedetto XVI. Parole nelle quali si può leggere un messaggio diretto in particolare a quei politici cattolici che per rivendicare l’autonomia delle loro scelte in materie eticamente sensibili, anche quando sono in gioco i cosiddetti valori «non negoziabili», si appellano alla loro «fede adulta». Un’espressione simile, come si ricorderà, fu utilizzata nel 2005 da Romano Prodi, il quale, per motivare la sua decisione di votare al referendum sulla fecondazione artificiale in dissenso con l’invito all’astensione lanciato dai vescovi italiani, disse di farlo da «cattolico adulto».
Il Papa ha ricordato come Paolo, nella lettera agli Efesini, abbia spiegato che «non possiamo più rimanere fanciulli in balia delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina». L’apostolo «desidera che i cristiani abbiano una fede responsabile, una fede adulta». Ma, ha aggiunto Benedetto XVI, «la parola “fede adulta” negli ultimi decenni è diventata uno slogan diffuso. Lo s’intende spesso nel senso dell’atteggiamento di chi non dà più ascolto alla Chiesa e ai suoi pastori, ma sceglie autonomamente ciò che vuol credere e non credere – una fede fai da te, quindi. E lo si presenta – ha detto ancora Ratzinger – come “coraggio” di esprimersi contro il magistero della Chiesa». In realtà, ha spiegato il Papa, «non ci vuole per questo del coraggio, perché si può sempre essere sicuri del pubblico applauso. Coraggio ci vuole piuttosto per aderire alla fede della Chiesa, anche se questa contraddice lo schema del mondo contemporaneo. È questo non-conformismo della fede che Paolo chiama una fede adulta. Qualifica invece come infantile il correre dietro ai venti e alle correnti del tempo».
Questa la conclusione del Pontefice: «Così fa parte della fede adulta, ad esempio, impegnarsi per l’inviolabilità della vita umana fin dal primo momento, opponendosi con ciò radicalmente al principio della violenza, proprio anche nella difesa delle creature umane più inermi. Fa parte della fede adulta riconoscere il matrimonio tra un uomo e una donna per tutta la vita come ordinamento del Creatore, ristabilito nuovamente da Cristo. La fede adulta non si lascia trasportare qua e là da qualsiasi corrente. Essa s’oppone ai venti della moda». I riferimenti alla difesa della vita (contro le legislazioni abortiste) e del matrimonio tra uomo e donna (contro l’equiparazione delle nozze gay) suonano come un richiamo preciso per quei politici cattolici del Pd i quali, proprio su queste materie, si sono dichiarati possibilisti se non attivi sostenitori di progetti di legge, come nel caso dei «Dico».
Tutti hanno notato e fatto notare il sostanziale «silenzio» del Vaticano in queste settimane di polemiche che hanno coinvolto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per le sue frequentazioni. Ha parlato, con equilibrio, il quotidiano cattolico Avvenire; ha parlato, con molto più clamore, Famiglia Cristiana; sono intervenuti alcuni vescovi chiedendo al premier di chiarire la sua posizione. Ma le vicende legate prima al caso Noemi e poi all’inchiesta barese non hanno avuto alcuno spazio sui media direttamente collegati con la Santa Sede. E quando il Papa ha parlato, analizzando la teologia di San Paolo, ha voluto, invece, criticare proprio l’autonomia invocata in nome della «fede adulta» da parte di alcuni politici cattolici del centrosinistra in materia di «valori non negoziabili». Quei valori la cui difesa, secondo la Chiesa, appare sempre più il fattore decisivo in base al quale valutare l’operato di un politico, al di là dei suoi comportamenti privati, per quanto imbarazzanti. Questo il messaggio che si ricava dai silenzi vaticani e dalle parole, inequivocabili, del Pontefice.
Testo del discorso del Papa
Nel quarto capitolo della lettera agli Efesini l’apostolo Paolo ci dice che con Cristo dobbiamo raggiungere l’età adulta, un’umanità matura. Non possiamo più rimanere “fanciulli in balia delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina…” (4, 14). Paolo desidera che i cristiani abbiano una fede “responsabile”, una “fede adulta”.
La parola “fede adulta” negli ultimi decenni è diventata uno slogan diffuso. Lo s’intende spesso nel senso dell’atteggiamento di chi non dà più ascolto alla Chiesa e ai suoi pastori, ma sceglie autonomamente ciò che vuol credere e non credere – una fede “fai da te”, quindi. E lo si presenta come “coraggio” di esprimersi contro il magistero della Chiesa. In realtà, tuttavia, non ci vuole per questo del coraggio, perché si può sempre essere sicuri del pubblico applauso. Coraggio ci vuole piuttosto per aderire alla fede della Chiesa, anche se questa contraddice lo “schema” del mondo contemporaneo.
È questo non-conformismo della fede che Paolo chiama una “fede adulta”. Qualifica invece come infantile il correre dietro ai venti e alle correnti del tempo.
Così fa parte della fede adulta, ad esempio, impegnarsi per l’inviolabilità della vita umana fin dal primo momento, opponendosi con ciò radicalmente al principio della violenza, proprio anche nella difesa delle creature umane più inermi. Fa parte della fede adulta riconoscere il matrimonio tra un uomo e una donna per tutta la vita come ordinamento del Creatore, ristabilito nuovamente da Cristo.
La fede adulta non si lascia trasportare qua e là da qualsiasi corrente. Essa s’oppone ai venti della moda. Sa che questi venti non sono il soffio dello Spirito Santo; sa che lo Spirito di Dio s’esprime e si manifesta nella comunione con Gesù Cristo.
Tuttavia, anche qui Paolo non si ferma alla negazione, ma ci conduce al grande “sì”. Descrive la fede matura, veramente adulta in maniera positiva con l’espressione: “agire secondo verità nella carità” (cfr. Efesini 4, 15). Il nuovo modo di pensare, donatoci dalla fede, si volge prima di tutto verso la verità. Il potere del male è la menzogna. Il potere della fede, il potere di Dio è la verità. La verità sul mondo e su noi stessi si rende visibile quando guardiamo a Dio. E Dio si rende visibile a noi nel volto di Gesù Cristo.
Guardando a Cristo riconosciamo un’ulteriore cosa: verità e carità sono inseparabili. In Dio, ambedue sono inscindibilmente una cosa sola: è proprio questa l’essenza di Dio. Per questo, per i cristiani verità e carità vanno insieme. La carità è la prova della verità. Sempre di nuovo dovremo essere misurati secondo questo criterio, che la verità diventi carità e la carità ci renda veritieri
sabato 20 giugno 2009
REFERENDUM: due no e un si
Bene! Domani si vota per i referendum!
Non mi sento di condannare chi non si recherà al seggio: anche il non voto è un modo di esprime la propria volontà politica, anche se, l'esercizio del voto resta un dovere civico imposto ai cittadini dalla Costituzione.
Personalmente ho deciso nel lontano 1994, quando votai per la prima volta alle politiche, che mai avrei disatteso a questo dovere che la costituzione mi assegna:per me ogni timbro apposto sulla tesera elettorale in occasione delle elezioni è un attestato del bene che provo per il mio Paese.
Spero tuttavia che tutti coloro che non si recheranno alle urne abbiano coscienza dell'alta posta in gioco e non deicidano con superficialità!
Il voto non deve mai essere superficiale.
Comunque vado al sodo!
Questa tornata elettorale tocca la legge elettorale attuale, il famigerato "Porcellum" ovvero la "legge porcata" ideata da Calderoli.
Attualmente la legge è congegnata su tre regole principali:
1) la lista o la coalizione di liste che prende più voti (per la Camera a livello nazionale - per il Senato a livello regionale) prende il 55% dei parlamentari;
2) è possibile candidarsi in più circoscrizioni, salvo poi scegliere dove farsi eleggere.
3) il voto si esprime su liste bloccate e senza preferenze per cui l'elezione viene detrminata dal posto che si ha nella lista;
Grazie a queste regole oggi il parlamento italiano è un parlamento di nominati e non di eletti.
In sostanza ci troviamo oggi di fronte a quell'apoteosi della partitocrazia senza partiti, del "partito presonale" che Mauro Calise tratteggiava nell'omonimo saggio del 2000.
Proprio come indicava il consigliere politico di Bassolino, oggi i partiti sono diventati comitati elettorali di promozione del leader (si pensi al modello Berlusconi o alla scopiazzatura fallita di Veltroni). Per questo nei partiti oggi si fa carriera grazie al grado di fedeltà al leader e, se poi si è anche intelligenti, è meglio!
Non esistono più quelle leaderschip collettive che caratterizzavano i partiti 15/20 anni fa e oltre.
Oggi i partiti sono diventati dei gusci vuoti in cui conta più la detenzione di poteri nelle amministrazioni locali e centrali dello Stato e degli Enti Locali che non la cultura e l'analisi politica: è quella che Calise chiama "statalizzazione del partito".
Paradossalmente per anni questa realtà è stata nascosta sotto la retorica del maggioritario: la panacea, meta della lunga transizione verso "l'isola che non c'è" del bipartitismo perfetto italian style. E' sotto gli occhi di tutti che tutte le analisi di questi ultimi 20 anni hanno in maniera ossessiva e acritica indicato la causa della lunga transizione italiana nel fatto che Montecitorio non è diventato Westmister. Così si è sorvolato sulla profonda trasformazione personalistica che i partiti (tutti...anche AN....anche FI...anche rifondazine...anche l'UDC....anche i ds...anche la margherita) stavano subendo.
I referendum e il loro comitato promotore sono figli proprio di questa logica perversa e ci indicano un falso idolo (il bipartitismo perfetto) che oggi occorre abbattere e non esaltare, anche perchè la instabilità politica non è direttamente proporzionale alla frammentazione pertitica
Se questa è la premessa, ora occorre esaminare i referendum per coglierne possibili implicanze.
I primi due referendum si propongono di cambiare la prima delle regole descritte attribuendo il premio di maggioranza solo alla lista più votata e non alla coalizione. In sostanza si cerca di portare Westmister a Roma. Proviamo ad immaginare gli scenari futuri: sicuramente (pdl e pd), per essere competitivi, promuoveranno listoni raccogliere quanti pù voti possibile. In definitiva l'elettore sarebbe anche espropriato della possibilità di scegliere tra i partiti e determnare liberamente i rapporti di forza nelle coalizioni che sarebbero frutto non della competizione elettorale ma delle trattative segrete e dei sondaggi. Ci sarebbe una gara per i posti sicuri ed in sostanza un deficit di rappresentatività delle forze che non si sono misurate con gli elettori. Si pensi per fare un esempio alla fina che sta facendo AN nel PDL.
Bene per i primi due propongo di votare NO.
Il terzo referendum invece elimina la seconda regola descritta del poecellum che è uno dei tratti più odiosi dell'attuale legge: il fatto che poche porsone possano determinare gli eletti condidandosi in più circoscrizioni. Con tale sistema oggi i parlamentari vengono letteralmente nominati dai pluricapilista scelti dal partito.
Per questo referendum propongo di votare SI
Purtroppo per la terza regola, quella che sta uccidendo definitivamente i partiti e la democrazia italiana, occorre sperare in cambiamenti e triangolazioni politiche che permettano di reintrodurre il voto di preferenza. Mi dispiace che il PD non sposi questa battaglia che porta avanti, e ne va dato atto, solo l'UDC.
sabato 6 giugno 2009
COME VOTERO' ALLE EUROPEE
io andrò a votare alle europee e voterò PD per alcuni motivi:
1) mi ha convinto la campagna di Franceschini (sul quale al momento dell'elezione a segretario ero molto scettico se non contrariato, ritenendolo soladale della segreteria fallimentare di Veltroni) sempre mirata sulle cose concrete e sulle scelte di valori contrapposte adil modello culturale, trasmesso alle giovani generazini anche dal berlusconismo, che vede nel successo personale, nell'uomo che si fa da solo il solo metro del successo e della realizzazione personale;
2) sono stanco di tanti che pensano che opporsi a Berlusconi, anche sul piano dei valori, sia semplice anti-berlusconismo privo di idee contenuti ed alternative;
3) astenersi oggi significa non sostenere in un partito in cui credo, il PD;
4) in Europa, dove si fa il 70% delle leggi italiane (Berlusconi dixit) c'è bisogno di persone preparate;
5) oggi l'europeismo che ha caratterizzato per tanti anni la politica italiana trova i suoi eredi più convinti proprio nel PD;
VOTERO' PD
e darò le mie preferenze a:
COSIMO DURANTE, assessore alle politiche sociali della provincia di Lecce, esponente della componente dei cristiano sociali nel PD per la circoscrizione SUD. L'ho conosciuto a Napoli ad un incontro elettorale. E' una persona preparata e appassionata a quello che fa. Attenta ai valori della solidarietà. Ha fatto tantissime cose e progetti nel suo incarico amministrativo. Crede in quello che fa.
GIANNI PITTELLA, ha esperienza da più di una legislatura è copogruppo al parlamento europeo per i DS. E' preparato, sempre presente ai lavori del parlamento. E' giovane. Ha un blog che seguo spesso. E un calabrese. Sa cosa è l'Europa.
Se avete deciso di andare a votare,
se ci avete pensato bene e avete deciso di votare PD,
vi propongo queste due preferenze.
venerdì 29 maggio 2009
Le ovvietà di Beppe
Propongo qui l'articolo più intelligente e chiaro che ho trovato sulla rete per il caso Noemi/Berlusconi. Aldilà della politica urlata sono queste le quattro ovvietà che più lasciano perplessi in una vicenda quanto mai contorta.
PS: secondo me la domanda di Franceschini (fareste educare i vostri figli da quest'uomo?) era ed è più che legittima, intelligente ed....ovvia. Ognuno si dia la risposta che vuole.
Una cara amica mi posta questo commento con relativa immagine: TROPPO DIVERTENTE!!!
"di buon mattino ho letto l'art. di severgnini e anche a me è parso il + centrato che mia sia capitato di leggere..quanto all'ovvietà di franceschini quella rimane a mio parere domanda non legittima, oltre che una caduta di stile che mi costringe ad allinearmi alla vignetta di marassi del mattino di ieri che ti allego!
cari saluti"
PS2:Aspetto questa volta il commento di Nicola
Noemi, quattro cose ovvie
Beppe Severgnini,
Un pesce rosso convinto d'essere un cardinale, gli economisti che ammettono di non averci capito niente, la politica fuori dalla nomine Rai, José Mourinho che lavora gratis. Sono molte le notizie surreali che avrebbero potuto colorare questa torrida primavera, ma è toccato a una ragazzina e ai suoi bizzarri rapporti col presidente del Consiglio.
Bizzari: ecco la parola. Potete essere di destra o di sinistra, atei e cattolici, giovani o meno giovani, ma sarete d'accordo: se uno sceneggiatore avesse scritto un film con quella trama, gli avrebbero detto "Ragazzo, hai bevuto?". Invece è accaduto. Noemi, le feste, il papi, i genitori, le smentite, i fidanzati che compaiono e scompaiono. I marziani guardano giù dicendo: "E quelli strani saremmo noi?".
Quattro punti ovvii, per ridurre i litigi e provare a ragionare. Il primo: la frequentazione tra un settantenne e una diciassettenne - al di là del ruolo di lui - è insolita. La famiglia Letizia non sembra stupita, decine di milioni d'italiani sì. Una spiegazione plausibile ancora non l'hanno avuta. Se tanti lavorano di fantasia, a Palazzo Chigi non possono stupirsi.
Ovvietà numero due. Alcune affermazioni del protagonista sono state smentite. "L'ho sempre vista coi genitori": poi Noemi - ma cosa s'è fatta? era così carina! - salta fuori alla festa del Milan, sbuca al galà della moda, compare in Sardegna. Per cose del genere, nelle altre democrazie, i potenti saltano come tappi di spumante. Noi siamo più elastici - succubi, rassegnati, distratti, disinformati: scegliete voi l'aggettivo - ma un leader politico, perfino qui, dev'essere credibile.
Ovvietà numero tre. Le abitudini e le frequentazioni di Silvio B. riguardano solo Veronica L. (che peraltro s'è già espressa con vigore sul tema)? Be', fino a un certo punto. Il Presidente del Consiglio guida una coalizione di governo che organizza il Family Day, mica il Toga Party o il concorso Miss Maglietta Bagnata. Michele Brambilla - vicedirettore del "Giornale", bravo collega e uomo perbene - spiega che, per il mondo cattolico, contano le azioni politiche, non i comportamenti coerenti. Io dico: mah!
Ovvietà numero quattro. L'opposizione, in tutte le democrazie, cerca i punti deboli dell'avversario, soprattutto alla vigilia delle elezioni. Dov'è lo scandalo, qual è la novità? Se Piersilvio s'indigna, non ha idea di cosa avrebbe passato suo padre in America, in Germania o in Gran Bretagna (dov'è inconcepibile che i capi di governo possiedano televisioni). Non solo in questi giorni: negli ultimi quindici anni.
Bene: quattro cose ovvie, in attesa di sviluppi. Intanto s'è insediato quietamente il governo Letta. Qualcuno che coordini ci vuole. C'è da lavorare, e il Capo è altrove.
Dal Corriere della Sera del 28 maggio 2009
lunedì 25 maggio 2009
TRIBUTO A GUCCINI: La Locomotiva
Oggi riprendo una mia mai sopita passione: Guccini. Per gli amanti eccovi la vera storia della "locomotiva" TRATTA DAL SITO WWW.AVVELENATA.IT
La vera storia del macchinista ferroviere
Alla fine di ogni concerto Francesco Guccini ripropone la sua ballata più popolare: "la locomotiva", dopo oltre vent'anni, continua a commuovere gli animi di giovani e meno giovani. Ma pochi sanno che questa canzone si richiama a un fatto realmente accaduto il secolo scorso: protagonista il fuochista anarchico Pietro Rigosi, che si impadronì di una locomotiva e la mando a schiantarsi contro una vettura in sosta nella stazione di Bologna. Miracolosamente si salvò, ma non svelò mai il mistero di quella folle corsa.
(tratto da "Amico treno" dell'aprile 1993)
Quando i concerti si avviano alla fine, e le richieste si fanno più insistenti, dopo i successi di tante stagioni, è ormai rituale per Francesco Guccini chiudere con la sua ballata più popolare: la locomotiva. Dopo oltre vent'anni, con tutto quello che è avvenuto nel frattempo, questa canzone dal sapore libertario, continua a smuovere qualcosa negli animi di giovani e meno giovani, in quella parte che vuole, malgrado tutto, continuare a credere. E quell'immagine, sia pure un po' sinistra, della locomotiva "come una cosa viva lanciata a bomba contro l'ingiustizia" mantiene il suo fascino col passare delle generazioni. E questa una ballata che si richiama a un fatto realmente accaduto il secolo scorso (esattamente il 20 luglio 1893) e, per quanto riguarda i fatti, vi si attiene fedelmente. Si tratta di un episodio singolare, rimasto se non unico abbastanza raro negli annali ferroviari. La curiosità di saperne di più ci ha spinto a qualche ricerca, sulla stampa dell'epoca e negli archivi delle Ferrovie.
"Il disastro di ieri alla ferrovia - l'aberrazione di un macchinista", titola il quotidiano bolognese “Il Resto del Carlino” del 21 luglio 1893. Nell'articolo si legge:
"Poco prima delle 5 pomeridiane di ieri, l'Ufficio Telegrafico della stazione (di Bologna, ndr) riceveva dalla stazione di Poggio Renatico un dispaccio urgentissimo (ore 4,45) annunziante che la locomotiva del treno merci 1343 era in fuga da Poggio verso Bologna. Lo stesso dispaccio era stato comunicato a tutte le stazioni della linea, perché venissero prese le disposizioni opportune per mettere la locomotiva fuggente in binari sgombri dandole libero il passo in modo da evitare urti, scontri o disgrazie. [...] Capo stazione, ingegneri e personale del movimento furono sossopra e chi diede ordini, chi si lanciò lungo la linea verso il bivio incontro alla locomotiva che stava per giungere. Non si sapeva ancora se la macchina in fuga era scortata da qualcuno del personale; e solo i telegrammi successivi delle stazioni di San Pietro in Casale e Castelmaggiore, che annunziavano il fulmineo passaggio della locomotiva, potevano constatare che su di essi stava un macchinista e un fuochista. Ma la corsa continuava e la preoccupazione alla ferrovia cresceva [...]“
All'epoca già confluivano alla stazione di Bologna quattro importanti linee ferroviarie e i binari di stazione erano soltanto cinque. In quell'ora i binari erano ingombri per treni in arrivo e in partenza Non c'erano sottopassaggi. La inevitabile concisione dei dispacci telegrafici impedì di comprendere chiaramente la situazione. Per evitare guai maggiori la locomotiva venne instradata sul binario cosiddetto "2 numeri", un binario tronco sulla destra, più o meno dove oggi c'è il fabbricato delle Poste. Allora c'erano le tettoie della gestione merci.
”Alle 5,10 [la locomotiva] entrava dal bivio e passava davanti allo scalo, fischiando disperatamente, con una velocità superiore ai 50 km. Sulla macchina c'era un uomo che, invece di dare il freno, cercare di fermare, metteva carbone.... Era un uomo che correva, che voleva correre alla morte! Il personale lungo la linea agitando le braccia, gridando, gli faceva cenno di fermare, di dare il freno; taluno gli urlò di gettarsi a terra, ma egli rimaneva imperterrito nella locomotiva. Un esperto macchinista, il Mazzoni, che era lungo la linea e lo vedeva correre incontro a morte sicura, gli gridò: "buttati a terra!"; ma il giovanotto - che giovane era lo sciagurato - dalla banchina a lato della piazza tubolare della caldaia tenendosi alla maniglia di ottone, si portò sul davanti della locomotiva sotto il fanale di fronte, attaccato sempre alla maniglia e colla schiena verso la stazione dov'era il pericolo.”
La locomotiva (della quale il giornale ci dà anche il numero di matricola: era la 3541) andò quindi a sbattere contro la vettura di prima classe ed i sei carri merci che si trovavano in sosta sul binario tronco alla velocità di 50 chilometri orari.
sabato 23 maggio 2009
La storia siamo PROPRIO noi
bighellonando sulla rete trovo questo interessante articolo apparso sul sito nazionale dell'Azione Cattolica.
Da leggere e meditare attentamente.....
La storia siamo noi
«Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri.
Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti.
Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina, ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro.
Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro.
I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali».
La relazione così prosegue: «Propongo che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano purché le famiglie rimangano unite e non contestano il salario. Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell’Italia. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più.
La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione».
Il testo è tratto da una relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti, Ottobre 1912.
Fonte: Rainews24
mercoledì 13 maggio 2009
LETTERA APERTA AI CONSIGLIERI DEL GRUPPO "CATTOLICI DEMOCRATICI" DI AIROLA
Leggo con vero piacere della costituzione ad Airola di un gruppo consiliare dei "Cattolici Democratici": una sigla veramente impegnativa!
Già, perchè il filone del cattolicesimo democratico è uno di quelli politicamente e storicamente più blasonati.
Richiamarsi a questa precisa cultura politica vuol dire oggi ispirarsi a personaggi del calibro di Dossetti, La Pira, Lazzati, Bachelet: personaggi coerenti che, formatisi nell'ambito del cattolicesimo organizzato, hanno letteralmente creato l'Italia repubblicana; testimoni veri nella costruzione della civiltà dell'amore sognata da Paolo VI.
Pertanto essere cattolici e democratici significa ispirarsi a tutto un mondo culturale che, a detta dei ben informati in ambito ecclesiale, oggi sarebbe superato. E' una scelta coraggiosa!
Tuttavia essere cattolici e democratici in politica richiede, anche oggi e più di ieri, coerenti stili di vita evangelici.
Richiede di possedere un abecedario spirituale (si proprio così...spirituale!) in cui i concetti di bene comune, persona, solidarietà, sussidiarietà siano costitutivi dell'agire politico.
Soprattutto dirsi oggi cattolico democratico significa mettere al centro il concetto di persona nella sua interezza, senza infingimenti e mezze misure.
Significa, qui ed oggi, respingere con forza le pratiche clientelari degenerate di chi ha teorizzato e praticato come moralmente accettabile la sistematica colonizzazione delle istituzioni.
Significa segnare una cesura con i tanti figli della Chiesa campana che in politica hanno svilito con pratiche incoerenti i grandi ideali a cui dicono spudoratamente di richiamarsi tutt'ora.
Significa battersi per una Politica alta e altra che ponga al centro la questione sociale ed, insieme e inscindibilmente, il valore sacro di ogni vita umana.
Se tutto questo sta a cuore ai nostri amici ne sono contento, altrimenti sarò costretto a concludere sconsolato che anche per loro "l’essere cristiani è solo una bella e luccicante etichetta!" (Mons. De Rosa)
mercoledì 6 maggio 2009
AUGURI AI CANDIDATI
pubblico qui gli auguri ai candidati per le elezioni del 6-7 giugno 2009fatti dal mio vescovo mons. Michele De Rosa.
A me soo piaciuti...a voi commenti o riflessioni.
alla prossima
CANDIDATI…AUGURI
La Chiesa è stata fondata da Gesù Cristo non per essere una setta, un gruppo di persone che stanno bene insieme, impermeabile ai problemi che agitano gli uomini ma per essere una comunità - questo è il significato di Chiesa - a servizio dell’umanità.
Il grande teologo protestante Dietrich Bonhoeffer, morto nel campo di concentramento di Flossenburg, in Germania, perché combatteva attivamente Hitler, ha scritto che se vogliamo dare una definizione esatta di Gesù potremmo dire che Egli è stato l’uomo, l’uomo-Dio, per gli altri. La sua vita cioè è stata contrassegnata dal servizio reso al progetto di amore del Padre che per lui prevedeva la morte, e quindi la risurrezione, e per noi la vita, cioè la comunione con Dio.
Il cristiano conseguentemente non può non essere l’uomo per gli altri, colui che si apre ai bisogni dei fratelli, che nel fratello vede Gesù, che ama tutti, non solo quelli che corrispondono al suo amore con la gratitudine ma anche, come ha fatto Gesù stesso, i propri nemici.
I cristiani non vivono isolatamente ma sono chiamati a tendere alla santità insieme, nella Chiesa, dove, ascoltando la Parola di Dio, celebrano i sacramenti e si nutrono dell’Eucarestia, del corpo e sangue del Signore, per essere forti nella fede e non farsi abbagliare dai miraggi effimeri di questo mondo.
L’impegno del cristiano nel mondo, in questi duemila anni di storia del cristianesimo, si è espresso seguendo percorsi diversi.
Uno di questi è stato senza dubbio la partecipazione alla vita politica. I cristiani - leggiamo già nel secondo secolo nella Lettera a Diogneto - “partecipano alla vita pubblica come cittadini”.
Non a caso la Chiesa annovera tra i suoi santi uomini e donne che hanno servito Dio mediante il loro impegno generoso nelle attività politiche e di governo. S. Tommaso Moro (1478-1535), proclamato patrono dei governanti e dei politici nel 2000, seppe testimoniare fino al martirio la dignità inalienabile della coscienza. Pensiamo anche a politici italiani come Alcide De Gasperi e Giorgio La Pira.
Essa è consapevole che la via della democrazia se da una parte esprime al meglio la partecipazione diretta dei cittadini alle scelte politiche, dall’altra si realizza solo nella misura in cui ha alla sua base la retta concezione della persona (Cf CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici in politica, 3).
Il Concilio Vaticano II insegna infatti che “la tutela dei diritti della persona umana è condizione perché i cittadini, sia individualmente presi, sia associati, possano partecipare attivamente alla vita e al governo della cosa pubblica” (Gaudium et Spes, 73).
Questo significa lavorare per il bene comune, “l’insieme cioè di quelle condizioni necessarie perché gli uomini, le famiglie, le associazioni e i Paesi possano ottenere, pienamente e facilmente, il proprio sviluppo”.
Le istituzioni esistono, devono esistere per promuovere, coordinare, realizzare tutte quelle iniziative che concorrono al bene comune.
In quasi undici anni di episcopato a Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata de’ Goti non ho visto sorgere una piscina, parlo di piscina pubblica, un campo di calcio degno di questo nome, un centro per anziani, un palazzetto dello sport (solo a Cerreto Sannita in questi anni è sorto un palazzetto dello sport nuovo), un centro sociale per i giovani.
La diocesi con l’otto per mille - senza aiuti di privati, comuni, provincia, regione - in questi ultimi dieci anni ha costruito 15 case canoniche ( oltre quelle ristrutturate). A Presta di Sant’Agata de’ Goti ha ristrutturato la chiesa dalle fondamenta e costruito una casa canonica attigua con un salone di 150 mq. Ha costruito anche tre centri pastorali (Forchia, Luzzano di Moiano e Cerreto Sannita). In questi giorni consegnerà alla comunità di San Salvatore Telesino una casa canonica nuova fortemente voluta dal sindaco Pacelli e realizzata con la collaborazione attiva del sindaco Creta. E le costruzioni (Amorosi, San Lorenzo Maggiore, San Nicola ad Orcula in Dugenta, etc.), continuano ancora. Avremmo voluto fare di più ma non abbiamo trovato sempre sponde disponibili.
Un altro passo dobbiamo fare ancora: costruire oratori. C’è una legge sugli oratori che deve essere finanziata annualmente dalla regione. Ma sappiamo tutti che la regione Campania per certe spese è molto parsimoniosa!.
Programmare e realizzare il bene comune richiede stabilità amministrativa. Purtroppo nelle nostra Provincia attualmente ci sono molti comuni retti dal commissario prefettizio. Il tasso di rissosità, senza voler generalizzare, è troppo alto e troppo spesso le maggioranze sono in partenza non omogenee per cui alla prima difficoltà le amministrazioni cadono. Altro che bene comune. Troppo spesso sono calcoli di bottega a determinare la fine prematura di molti consigli comunali.
E non può essere altrimenti se troppo frequentemente le liste non sono compilate direttamente per governare ma si formano i blocchi costituiti da tutti i colori dell’arcobaleno politico italiano, dall’estrema destra all’estrema sinistra, pur di mandare a casa il sindaco in carica. Con la conseguenza che dopo pochi mesi dalla vittoria l’ amministrazione così costituita si sgretola, perde petali fino spesso al alzare bandiera bianca o, nelle migliori delle ipotesi, a vivacchiare. Il colmo poi si raggiunge quando un partito si divide e alcuni sono presenti nella prima lista e gli altri nella seconda. E così il partito potrà sempre dire di aver vinto!
Nella politica italiana poi si assiste al fenomeno del trasformismo di giolittiana memoria. Anzi parlerei di pendolarismo. Parlamentari che passano da uno schieramento all’altro con una disinvoltura degna di miglior causa. Addirittura partiti interi passano da destra a sinistra e poi da sinistra a destra per adesso! Non credo che questi pendolari della politica italiana oscillino per amore dei fratelli, per fare meglio il bene degli altri. Credo piuttosto che lo facciano per “amore” del partito, dei parenti e conoscenti pronti anche a tagliare le gambe ai giovani più promettenti per paura di essere scalzati quando diventeranno maturi per la pensione.
Un’osservazione vorrei fare riguardante coloro che si fregiano del nome di cattolico e poi rivendicano il diritto di votare in parlamento secondo le proprie convinzioni che non sempre collimano con la dottrina della Chiesa a cui pure dicono di appartenere
Scrive Tertulliano: Christiani fiunt, non nascuntur (cristiani non si nasce, si diventa). Si diventa adeguando la propria condotta e le proprie scelte al magistero della Chiesa a cui dicono di appartenere. Altrimenti l’essere cristiani è solo una bella e luccicante etichetta!.
Ogni battezzato – vescovo, sacerdoti, fedeli laici – è missionario, apostolo e testimone dell’amore del Signore nell’ambiente in cui vive. In particolare, “per loro vocazione è proprio dei laici cercare il Regno di Dio trattando le cose temporali orientandole secondo Dio. A loro quindi spetta di illuminare e ordinare tutte le cose temporali, alle quali sono strettamente legati, in modo che sempre siano fatte secondo Dio, e crescano e siano di lode al Creatore e Redentore (Lumen Gentium, 31).
In questa ottica scopro tanta ipocrisia in molti che si dichiarano cattolici e poi per amore della poltrona votano contro le verità non negoziabili della Chiesa cattolica - la vita, la famiglia etc.) in cui militano. Gli stessi teodem sono una razza in estinzione omologati in tutto e per tutto al partito nel quale sono stati eletti.
Mi è sembrato ipocrita l’atteggiamento dell’on. Franceschini quando, vice segretario del PD, rimproverava i parlamentari che protestavano contro il Papa per aver sostenuto non essere accanimento terapeutico l’idratazione e l’alimentazione artificiale e poi concludeva: “Il Papa ha diritto di parola come tutti altri, lasciamolo parlare, tanto poi noi votiamo da laici” cioè, aggiungo io, contro l’insegnamento del Pontefice!.
La politica è il modo privilegiato di praticare l’amore cristiano, quella politica però che ricerca il bene comune, che gestisce il potere in modo giusto ed equo privilegiando coloro che hanno più bisogno: quelli che non arrivano alla fine del mese con il proprio stipendio senza voler pensare a chi vive con il minimo della pensione.
Dipende anche da noi se il futuro sarà la civiltà dell’amore, come amava chiamarla Paolo VI, oppure la civiltà – che più strettamente si dovrebbe chiamare l’“inciviltà” – dell’individualismo, dell’utilitarismo, degli interessi contrapposti, del nazionalismi esasperatiti, degli egoismi eretti a sistema.
Perciò è necessario e urgente alzare forte la voce. Occorre rompere il silenzio impacciato di troppi che oggi stanno zitti per acquiescenza, per diplomazia o per interesse .
Stiamo celebrando in diocesi il Sinodo dei Giovani. A loro sempre dico di scegliere anche la politica come campo di testimonianza cristiana. A quelli che mi dicono di non volersi sporcare le mani, entrando in politica, risponde prontamente: “E che ve ne fate delle mani pulite se le tenete sempre in tasca?”.
La campagna elettorale è naturalmente il tempo delle divisioni, dove ogni partito vuol mettere in evidenza la sua specificità. Ma tutto questo deve avvenire con la proposta delle proprie scelte e non demonizzare l’avversario, spesso entrando proditoriamente nella sua vita privata anche con lettere anonime. Questa è vigliaccheria e non certo confronto politico!.
A tutti coloro che lavorano in politica, soprattutto agli eletti di questa tornata elettorale di giugno, i miei migliori auguri perché assumano il loro impegno con entusiasmo e soprattutto con la consapevolezza di aver ricevuto un mandato, vorrei dire la missione, di lavorare per il bene di tutti mettendo sempre al centro la persona umana con i suoi diritti e i suoi doveri inalienabili.
+ Michele De Rosa
vescovo di
Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata de’ Goti
sabato 21 marzo 2009
Il Pd di Franceschini
trovo oggi questo articolo di Samuele Ciambriello.
E' da tempo che pensavo queste cose ma non trovavo tempo per articolarle.
L'amico Samuele lo ha fatto e mi ci ritrovo in pieno e per questo pubblico queste parole quasi che fossero le mie.
Questo Franceschini concreto, semplice e diretto inizia ad entusiasmarmi...come dicevo qualche giorno fa ad alcuni amici: "il vero leader del PD sta nescendo sotto i nostri occhi".
IL PD : LINEA POLITICA E DISCONTINUITA’
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Oggi alle 17.53
Finalmente il PD è diventato un partito concentrato sui problemi delle persone e sulle proposte per affrontarli piuttosto che sulle questioni che riguardano il proprio gruppo dirigente. Da un trauma politico è così emersa una sorpresa positiva. La svolta, inutile negarlo, era inevitabile, Veltroni ha fatto bene a dimettersi anche se il modo scelto lascia qualche perplessità ma, oggi, si può affermare che la scelta di Walter è stata fondamentale. La svolta c’è stata, è stata rapida e, da questi primi fatti, può definirsi senza dubbio positiva. Il partito non poteva permettersi una reggenza autolesionista fino alla prossima tornata elettorale di giugno e, diciamolo con forza, la nomina di Franceschini, vista dai più come una fase di transizione, si sta dimostrando molto più concreta e fattiva delle più ottimistiche previsioni. I problemi, sia chiaro, restano, sono tanti e non tutti di semplice soluzione, ma fin dal discorso di candidatura Franceschini ha chiarito che non sarebbe stato un “impiegato di partito”. L’inizio è positivo: l’annullamento del governo ombra, risultato molto ombra e poco governo, l’inserimento nella “stanza dei bottoni” del partito di personalità con forte radicamento locale, sono segnali incoraggianti. Ora, però, occorre qualcosa in più; occorre riappropriarsi dei territori, abbandonare il centralismo romano che cerca di risolvere, quasi sempre erroneamente, i problemi locali del partito. Il PD dovrà essere più radicato e più partecipativo, una sorta di partito associazione radicato nelle comunità e in grado di motivare e di organizzare l’impegno di un numero adeguato di persone. Il partito deve essere a tutti i livelli una palestra credibile di democrazia degli iscritti, degli elettori, dei cittadini e non la conta dei tesserati per notabili di riferimento come accaduto in troppe cittadine campane. I problemi, infatti, del PD a livello nazionale trovano, come al solito, una amplificazione massima quando si analizza la nostra Regione. A questo proposito occorre dire basta ai commissariamenti. Non è possibile che un partito giunga ad importanti scadenze elettorali in una Regione importante come la Campania con un commissario piemontese eletto nel Veneto,nominato da Roma. Il processo continuo di interlocuzione del partito con la società reale, con le sue superficialità e ricchezze culturali, con le aspettative e gli interessi che esprime è complicato da realizzarsi già in condizioni normali, figuriamoci quanto possa essere complesso con un Commissario. Un partito politico vive, cresce, si afferma se il corpo associativo e i gruppi dirigenti condividono le ragioni di fondo per le quali stanno insieme ed agiscono. E’ comprensibile che questo sia problematico nell’avvio di una fase costituente, ora, però, è necessario uscire dall’incertezza. Solo un PD consapevole di ciò potrà fare scelte chiare, comunicarle al Paese, dare efficacia alla sua azione.
Sulla capacità di comunicare del PD occorre, infine, una riflessione importante. Da un lato vi è certamente un imbonitore in odore di populismo neoautoritario che forte del suo strapotere mediatico e dell’uso spregiudicato che ne fa, aumenta consensi. Ridurre, però, tutto a questo sarebbe rischioso. Il PD è un partito che parla ancora con troppe voci diverse e, spesso, in contrasto tra loro e la cosa si traduce in una debolezza del messaggio se non in un boomerang negativo. La questione sociale è una bomba ad orologeria, il PD deve fare fronte comune per la difesa delle famiglie, dei lavoratori e dei pensionati. Il governo di destra sta allargando la forbice tra i ricchi e i poveri e sta mentendo su tanti aspetti; i nodi verranno al pettine, ma un partito serio deve essere chiaro fin d’ora, presentando la propria ricetta e evidenziando gli aspetti negativi dell’azione del governo. Agli occhi dei cittadini la crisi del PD è legata, anzitutto, ad una perdita di credibilità: lo spettacolo quotidiano di una parte decisiva del gruppo dirigente che non va in tv e sui giornali per tenere alta e visibile la bandiera dell’opposizione e della prospettiva politica del partito ma ci va, solo, per distinguersi se non addirittura in aperto conflitto con altri dirigenti dello stesso partito è un gioco al massacro che non ci si può più permettere. Lo spettacolo poi dei parlamentari “nominati” che per visibilità fanno interventi stravaganti ma non ascoltano iscritti e simpatizzanti! E poi la questione delle alleanze, la politica delle alleanze, per superare l’autosufficienza da sconfitta. Anche se la dimensione piu’ deficitaria della nostra politica di questi anni però non riguarda solo le forze politiche. Riguarda la nostra capacità di tessere alleanze con i soggetti organizzati del civile, con l’associazionismo di varia matrice, con il sindacato. In questo Franceschini ha enormi meriti di inversione di rotta rispetto alla gestione Veltroni; almeno a Roma qualcosa è cambiato, adesso occorre che questo processo di rilancio sia reale anche sui territori e la Campania è forse quello maggiormente critico, ma proprio per questo la sfida è ancora più avvincente. A cominciare dalle elezioni provinciali e dalle europee, senza protervia e tatticismi che già conosciamo ma anche senza candidature calate dall’alto! Il problema di gran lunga piu’ importante è una discontinuità positiva nella coesione dei gruppi dirigenti. Ripensare e cambiare vuol dire soprattutto condividere. Condividere non una mediazione al ribasso, ma un percorso e un profilo politico in grado davvero di ridare slancio e prospettiva al PD. Un compito arduo che esige un patto di tregua e di coesione, una discussione vera per condividere, non per dividere. E’ tempo di una corale assunzione di responsabilità.
articolo di Samuele Ciambriello
sabato 14 marzo 2009
La lettera del Papa
E' uno dei passaggi che maggiormente mi ha lasciato pensare della lettere di Benedetto XVI di recente pubblicazione circa le scomuniche ai lefebvriani.
qui trovate il testo integrale http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/letters/2009/documents/hf_ben-xvi_let_20090310_remissione-scomunica_it.html
Come commentare questa lettera, ammesso che sia concesso ad un semplice fedele?!
Vedo innanzitutto un papa che sente la necesssità intellettuale di confrontarsi e di spiegarsi col popolo di Dio. Quindi ci vedo innanzitutto un papa che prega, ci/si interroga e si/ci da delle risposte su una questione molto discussa, soprattuto dentro la Chiesa. E' uno dei tratti più belli di questo papa!
Detto questo, vedo un papa che ribadisce: "ad alcuni di coloro che si segnalano come grandi difensori del Concilio deve essere pure richiamato alla memoria che il Vaticano II porta in sé l’intera storia dottrinale della Chiesa. Chi vuole essere obbediente al Concilio, deve accettare la fede professata nel corso dei secoli e non può tagliare le radici di cui l’albero vive.";
un papa che ricorda che dopo la revoca delle scomuniche "Alcuni gruppi, invece, accusavano apertamente il Papa di voler tornare indietro, a prima del Concilio: si scatenava così una valanga di proteste, la cui amarezza rivelava ferite risalenti al di là del momento."
Io penso che questa sia la grande questione di questo pontificato che lo segnerà storicamente: l'interpretazione ed il posto del concilio Vaticano II nella storia bi-millenaria della Chiesa.
Il papa ha già chiarito la giusta interpretazione da dare del concilio nel famoso discorso alla curia romana del 22 dicembre 2005: una lezione magistrale di storia della Chiesa in cui il papa contrapponeva la emeneutica della discontinuità con la ermeneutuca della riforma che è stata incarnata dai papi conciliari (Giovanni XXII e Paolo VI) spiegando come "È chiaro che in tutti questi settori (rapporto Chiesa/scienze, Chiesa/laicità, Chiesa/tolleranza religiosa), che nel loro insieme formano un unico problema, poteva emergere una qualche forma di discontinuità e che, in un certo senso, si era manifestata di fatto una discontinuità, nella quale tuttavia, fatte le diverse distinzioni tra le concrete situazioni storiche e le loro esigenze, risultava non abbandonata la continuità nei principi – fatto questo che facilmente sfugge alla prima percezione".
Tuttavia mi vorrei soffermare sulle applicazioni che di quel discorso continuamente si fanno negli ambienti ecclesiali che contano.
Diciamo la verità: oggi non fa paura papa Ratzinger ma i ratzingeriani!
Quelli che utilizzano e strumentalizzano il suo magistero e la sua indiscutibile autorevolezza dottrinale.
Quelli che negano che il concilio abbia rappresentato una discontinuità nella Chiesa,
quelli che si appellano solo alla tradizione,
quelli che ritengono di riesumare i vecchi messali che poi sarebbero meglio della sciatta liturgia di oggi,
quelli che vorrebbero che in quegli anni non fossse successo nulla di nuovo,
quelli che accusano chiunque abbia nella Chiesa un pensiero non allineato di applicare una ermeneutica scorretta della discontinuità che vorrebbe andare oltre i testi del concilio.
Oggi c'è una parte della Chiesa che usa queste sottili violenze verbali per accusare gli avversari intra-ecclesia di non essere in comunione con la Chiesa: è una forma molto forte di violenza sulle coscienze!
La damnatio memoriae che alcuni studiosi, giornalisti ed ecclesiastici fanno dell'opera storica sul Concilio di Alberigo è il tipico esempio di questa violenza!
Il papa mostra di darsene ad intendere dove chiarisce che "si scatenava così una valanga di proteste, la cui amarezza rivelava ferite risalenti al di là del momento."
Ecco! C'è una parte dei cattolici, figli della Chiesa, che è amareggiata perchè ostracizzata dalla Chiesa... e non per colpa di questo papa!
C'è una parte della Chiesa ferita che, come recentemente e dolorosamente rilevava Hans Kung, non si aspetta nulla da questo papa.
Forse è questa l'unica critica che mi sento di fare a questo papa che, ubbedendo alla legge dell'amore e della misericordia, ha revocato giustamente la scomunica ai lefebvriani: aver ricordato a coloro che hanno protestato per questa decisione che la libertà va utilizzata nel modo giusto senza approfondire (e lo poteva fare, come ha fatto con i lefebvriani) le ragioni di una "amarezza che rivela ferite risalenti aldilà del momento".
Sono parole, rivolte a parte della Chiesa, molto (troppo!) dure, anche se meditate!
giovedì 5 marzo 2009
Nei deserti
"La santa inquietudine di Cristo deve animare il pastore: per lui non è indifferente che tante persone vivano nel deserto.
E vi sono tante forme di deserto.
Vi è il deserto della povertà,
il deserto della fame e della sete,
vi è il deserto dell’abbandono,
della solitudine,
dell’amore distrutto.
Vi è il deserto dell’oscurità di Dio,
dello svuotamento delle anime senza più coscienza della dignità e del cammino dell’uomo.
I deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi.
non sono più al servizio dell’edificazione del giardino di Dio, nel quale tutti possano vivere, ma
sono asserviti alle potenze dello sfruttamento e della distruzione.
La Chiesa nel suo insieme, ed i Pastori in essa, come Cristo devono mettersi in cammino, per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita, verso l’amicizia con il Figlio di Dio, verso Colui che ci dona la vita, la vita in pienezza."
Sapete di chi sono queste parole? Di papa Benedetto XVI! Si tratta del discorso di inizio del suo pontificato.
Cosa faccio? Cosa facciamo per metterci in questo cammino?
Mi/Vi lascio con questi interrogativi.
sabato 31 gennaio 2009
Un vero leader
Non credo!
venerdì 23 gennaio 2009
GRAZIE A TUTTI
Cari amici, per oggi lo spazio del blog è dedicato tutto a mia moglie Ornella che a nome di tutta la famiglia Ruggiero vi ringrazia....in più vi come da più parte richiestomi pubblico nuove foto di Marta.
d.
Carissimi,
Vi ringrazio per tutti i messaggi di auguri che ci avete inviato ……Marta è un dono che il Signore ci ha voluto fare e noi condividiamo con tutti voi la gioia intima di questo grande evento che ha cambiato le nostre vite …..infatti le mie giornate sono scandite da poppate pannolini e ninnanna….ma sono felicissima di vivere questa nuova avventura insieme a Diego.
La gravidanza, l’intrepida attesa, il parto e ora la presenza di Marta mi confermano ancora di più la mia vocazione a ESSERE DEL SIGNORE e a vivere in pienezza la vita che giorno dopo giorno mi viene donata. Il pensiero che esprimo in queste poche righe non è frutto nato sull’onda delle emozioni ma esperienza intima di preghiera di affidamento a chi tutto può.
In tutti i momenti belli ma anche molto difficili e dolorosi non ho avvertito mai l’ABBANDONO ne del Signore ne della vostra amicizia ne vicinanza e intensa preghiera .
Ho voluto scrivere lasciando questo mio messaggio non solo come ringraziamento ma come testimonianza di chi ha visto l’immensa bellezza di madre natura nel battito del cuore di Marta ascoltato piangendo di gioia con trepidazione per nove mesi.
La vita nascosta che ha preso forma nel mio grembo, i sui primi impercettibili movimenti , i primi calci e poi l’attesa dell’incontro, la meravigliosa concomitanza di eventi che hanno preparato il travaglio e il parto, la vicinanza di nonno Salvatore(Marta è nata nel giorno del trapasso di nonno Salvatore avvenuta il 09 01 2002): in questi momenti ho sperimentato la compagnia del Signore. Nel dolore del travaglio, ho toccato con mano l’immensa bellezza di madre natura e del dono di una vita. Che bello sentire il suo primo pianto!
Io ho visto con i miei occhi tanta GRAZIA e non posso contenerla e per questo la condivido con voi tutti .lodando Dio per tutto.
I miracoli il Signore non si stanca di farli e io ne ho le prove.
Grazie per tutto
Ornella